CANTO XV
Or cen porta l'un de' duri margini;
e'l fummo del ruscel di sopra aduggia,
sì che dal foco salva l'acqua e li argini.
(Inferno XV 1-3)
Or ci riporta la moto a casa. Già eravamo dalla stazione rimossi tanto, ch'io non avrei visto dov'era, se mi fossi rivolto indietro, quando incontrammo una schiera che veniva lungo l'argine, facendo un baccano incredibile e sventolando cartelli e gonfaloni dai colori accesi con scritte come NO ALL'OMOFOBIA, FUORI DAL BUIO e VOGLIAMO GLI STESSI DIRITTI. I vessilliferi portavano vestiti sgargianti dai colori vivaci, sciarpe colorate, cappelli di tutte le forme e dimensioni, occhiali colorati. Ci passarono davanti adocchiandoci e fummo riconosciuti da uno di cotale famiglia, che prese Virgilio per un polso e gridò: - Quale piacere!
E io, quando distese il suo braccio verso me per stringermi la mano, ficcai gli occhi per il suo aspetto e lo riconobbi mentre Virgilio chiedeva in tono sorpreso: - E' qui, signor Uberti?
-Ma qui dove? – chiesi, vedendo un ragazzo con indosso un paio di occhiali rosa trascinarne avanti uno che reggeva uno dei cartelli
-Ma come! Non ha mai visto un gay pride? – chiese Uberti.
Gli rivolsi uno sguardo vacuo.
-Una marcia in cui manifestano gli omosessuali – disse Virgilio.
-Ah, i sodomiti! – mi scappò detto, e poi dovetti affrettarmi a porgere le mie scuse all'indignato Uberti.
-Ma quindi lei... - iniziò Virgilio.
-Oh, sì, non lo sapevi? Figliolo, non ti dispiaccia se rallento un po' con voi e lascio andare il corteo.
Io dissi a lui: -Quanto posso, ve ne prego, e se volete che con voi sostiamo, lo faremo, se piace a costui con cui vo.
-Signor...
-Potete chiamarmi Dante.
-Dante. Non posso fermarmi troppo perché, nonostante i miei colleghi facciano un chiasso considerevole, poi faticherei a ritrovarli. Perciò andate avanti; io vi verrò dietro, e poi mi ricongiungerò con la masnada che proclama la propria fierezza.
Io non osavo parlare troppo per paura di offenderlo di nuovo; ma tenevo il capo chino come uom che vergognoso vada.
El cominciò:- Cosa ci fate qui?
-Sono andato a vedere gli orari dei treni per il test di economia – disse Virgilio.
Ed egli a lui: - Se tu segui la tua stella, non puoi non arrivare a un glorioso porto, se ti conosco bene. Per quello che vale, io ti sosterrò -. Mi rivolse un sorriso incerto. – E lei, con un bel nome come Dante, lo aiuterà ugualmente, vero? Spero che però aiutare il prossimo non le porti la sfortuna che ha portato al suo illustro omonimo.
L'illustre omonimo ero sempre io, ma ritenni più saggio non dirlo. Invece chiesi in fretta: - Quale sfortuna?
-Che per tutto ringraziamento al suo ben fare, Firenze gli si fece nemica, e poi...
-Sì, è meglio che il fico non maturi tra i sorbi – disse Virgilio alzando la voce per interrompere precipitosamente Uberti. – Diceva, signor Uberti?
-Dei fiorentini? Che al tempo di Dante gli altri italiani li chiamavano ciechi, avari, invidiosi e superbi. Lei è fiorentino?
-Di nascita, non di costumi – risposi seccamente.
-Sembrava dall'accento. Oh, be', a parte le sue opinioni sui sodomiti, mi sembra immune da questi difetti.
Virgilio emise un colpo di tosso che suonò curiosamente come "superbia". Lo ignorai.
-Ma cos'è successo a Dante Alighieri? – insistei.
-Niente! – quasi urlò Virgilio.
-Eh, ha ragione – disse Uberti scambiando la mia per una domanda retorica – una disgrazia, che ingratitudine. La sua fortuna però gli serbò tanto onore che poi Firenze ebbe fame di lui, per così dire, ma stava fresca. Lei s'intende di letteratura, Dante?
-Un po' – sussurrai nervoso. Poi aggiunsi: - Il mio maestro era un sod...Uno come voi. Nella mente m'è fitta, e ora m'accora, la cara e buona immagine paterna di lui quando m'insegnava come l'uom s'eterna: e quanto io l'abbia in grado, mentr'io vivo, conviene che nella mia lingua si scerna. Ciò che narrate del mio corso...Del corso della vita di Dante...Scrivo. E lo serbo a chiosare con altro testo a donna che saprà, se a lei arrivo.
-Ah! – esclamò Uberti. – Lei sta scrivendo della vita di Dante, quindi!
-In un certo senso.
-E questa donna è una sua amica dantista?
-Sì...si può definire così...Ma tanto vogl'io che vi sia manifesto, purché la mia coscienza non mi rimproveri, che alla Fortuna, qual che sia, son presto. Non è nuova agli orecchi miei tale – ehm – insinuazione su Dante...
-Non è un'insinuazione – disse Uberti – lo sanno tutti. Signore mio, se vuole scrivere di Dante e non sa nemmeno questo...
Eh, già, se qualcuno si fosse degnato di dirmelo... - Lei ha ragione. Su di me e su Virgilio. Giri Fortuna la sua ruota come le piace, io sono pronto a tutto.
Virgilio allora voltò la testa verso destra, e mi guardò, poi disse: - Bene ascolta chi la nota.
Né per tanto parlando di meno ce ne andiamo con ser Uberti, e domando chi sono i suoi compagni più noti e più sommi.
Ed egli a me: - Sapere di qualcuno è bene; degli altri sarà lodevole tacere, che non basterebbe il tempo. Insomma sappi che furono tutti uomini grandi e di gran fama...
-D'un peccato medesimo al mondo lerci – mormorai.
Virgilio mi scoccò un'occhiata disgustata, ma Uberti non mi sentì e continuò: - Vediamo...In questa turba ci sono Elton John, Tiziano Ferro, e se volessi potresti vedere uno dei giudici di X-Factor. Direi di più, ma non posso, perché il corteo si allontana. Solo, Dante, le consiglio di leggere il Tesoro di Brunetto Latini, nel quale vive ancora, e che era, udite udite, un sodomita -. Poi si rivolse.
-Tesoretto – dissi.
Uberti si girò. – Cosa?
-Il libro s'intitola Tesoretto. Ed è uno dei più belli che io abbia letto.
Uberti parve felice come se l'avesse scritto lui. Sorrise e si allontanò, e parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna, e parve di costoro quegli che vince, e non colui che perde.
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Comedìa Nova
General Fiction25 marzo 2015. Un uomo si sveglia all'interno del parco di Mantova, ed è completamente spaesato. Giustamente. Viene da Firenze, ha trentacinque anni, e si chiama Dante Alighieri.