Canto XXI

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CANTO XXI

-Come!- diss'elli, e parte andavam forte:

-se voi siete ombre che Dio su non degni,

chi v'ha condotto per la sua scala tanto scorte?

(Purgatorio XXI 19-21)

Sapevo che la sete natural, che mai non sazia, se non con l'acqua onde la giovane samaritana domandò la grazia, travagliava i miei ospiti, e mi pungeva la fretta di trovare una soluzione, perché altrimenti sarebbe arrivata la giusta vendetta.

Ed ecco, sì come scrive Luca, che Cristo apparve a' due ch'erano in via, già sorto fuor da la sepolcrale buca, apparvi nella stanza di Virgilio, che teneva consiglio con la sorella. Né si accorsero di me, sì parlai pria, dicendo: - O frati miei, Dio vi dia pace.

Loro si volsero subiti, e Virgilio resemi il cenno che a ciò si confà. Poi cominciò: - Dobbiamo fare in modo che tu non venga bandito. Abbiamo una missione.

E la savia Clarissa: - Credo che dovremmo dire la verità.

-No, sei pazza – escluse Virgilio. – Non ci crederebbero mai e penserebbero che stiamo cercando di farli fessi.

-E' sempre meglio che raccontare un'altra storia e rischiare di essere scoperti di nuovo – disse Clarissa.

-Penseranno che siamo pazzi.

-Tutti e tre? Dante, tu che dici?

-Io sono sempre per la verità, per quanto male possa fare – dichiarai – e dato che si tratta di me, faremo come dice Clarissa.

Il mattino dopo, andammo tutti in cucina con l'idea di aspettare Daniele, ma trovammo lui ad aspettare noi. Aveva rinvenuto – notai con un misto di terrore e compiacimento – la mia Commedia nel cassetto sotto il televisore in cui la custodivo, e la stava leggendo. Quando entrammo, alzò gli occhi, alzò i fogli, e chiese: - Come mai stai riscrivendo la Divina Commedia?

Inspirai a fondo. Virgilio, che continuava a non essere d'accordo sul fatto di dire la verità, si volse a me con viso che, tacendo, disse "Taci"; ma non può tutto la virtù che vuole; ché riso e pianto son tanto seguaci a la passion di che ciascun si spicca, che men seguono voler ne' più veraci. Io pur sorrisi come l'uom che ammicca; per che Daniele si tacque, e mi riguardò negli occhi, ove il sembiante più si ficca; e: - Che hai da sorridere? – disse.

Or son io d'una parte e d'altra preso: l'una mi fa tacer, l'altra scongiura ch'io dica; ond'io sospiro, e sono inteso da Clarissa, e – Non aver paura – mi dice – di parlare, ma fallo e digli quello che ti chiede.

Ond'io: - Forse che tu ti meravigli, Daniele, del rider ch'io feci; ma più d'ammirazion vo' che ti pigli...

-Lui è Dante – tagliò corto Clarissa, impaziente.

-Lo so che è Dante. Ma Dante chi?

-Io sono quel Dante di cui tu stai leggendo i versi – risposi. – Se credesti altra cagion al mio rider, lasciala per non vera.

Daniele ci fissò uno per uno. Da incredula, la sua faccia passò a irata, poi a sbalordita quando si accorse che non stavamo scherzando. Guardò i fogli, guardò me. Sbiancò di colpo e si alzò barcollando. Venne verso di me.

-Oh mio Dio, ora sviene – disse Virgilio allarmato.

Ma già Daniele s'inchinava ad abbracciarmi le ginocchia.

-Non c'è bisogno! – protestai, anche se non mi dispiaceva che qualcuno si inginocchiasse davanti a me per i miei meriti letterari.

Ed ei sorgendo: - Ora puoi comprendere il mio amore te, se dimentico così la mia dignità!

Comedìa NovaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora