Capitolo sette

7K 379 46
                                    

La notte, stranamente, dormii quasi decentemente, anche se mi svegliai alle 6:00 senza riuscire più ad addormentarmi.
Attorno a me, silenzio.
Per una volta, nessuno urlava, nessuno piangeva, nessuno incolpava Dio della sua inflicità.
C'era solo silenzio.
Chiusi gli occhi, assaporando quel momento.
Mi alzai e guardai fuori dalla piccola finestra che avevo in camera. La avevo sempre odiata. Ero al secondo piano, ma non era alto. Da quella finestra vedevo soltanto il muro di una casa. Quel fottuto muro giallognolo che mi aveva accompagnata ogni giorno.

Per vedere qualocosa della bella Los Angeles,dovevo andare sulla terrazza dell'ultimo piano dell'ospedale. In realtà era proibito andare su quella terrazza. Il personale aveva paura che qualcuno si potesse buttare giù.
Se devo essere sincera, dopo tutte le volte che ci ero andata, l'idea di fare un salto nel vuoto da quella terrazza non mi era mai passata per la testa, davvero. Era troppo bello quel posto. Secondo me, era il posto migliore dell'ospedale.

Continuavo ad ascoltare il silenzio.

Più tardi, Susan mi chiamò per andare a fare colazione.
Rimasi lì, a fissare il vuoto per una decina di minuti ,quando mi si avvicinò una ragazza. Avevo già sentito parlare di lei. Era venuta nella clinica circa una settimana fa.

"Ciao" disse sorridendo smagliatamente.

Finsi un sorriso e la salutai.
"Sei quella nuova giusto?"

Lei annuì continuando a sorridere.
Era in una clinica psichiatria, che aveva da ridere?

"Come ti chiami?" Le chiesi cercando di mascherare il mio nervosismo.

"Lia. Tu?"

Non era bella. Non ero nessuno per giudicare, ma sicuramente non era una bella ragazza. La sua faccia non mi convinceva, era troppo tonda e i capelli scuri  facevano diventatre il suo viso ancora più sgradevole.
Per l'età doveva essere come me più o meno.

"Grace"

Lia mia strinse la mano.

"Perché sei qui?" Le chiesi anche se si poteva dedurre il motivo.

"Anoressia" disse alzando le spalle, come se fosse una cosa da poco.
"Tu?"

Sospirai. "Diciamo che mi faccio del male"
Odiavo dire a qualcuno del mio problema. Mi imbarazzava.
Cercai subito di parlare d'altro, ma lei liquidò velocemente le mie domande e infine mi chiese se avessi altri probemi, perché lei ne aveva altri, non so quali dago che non glielo chiesi.

"Diciamo che mi hanno sospettata di anoressia poco tempo fa, ma non sono anoressica. Mangio solo poco"

Fino a quel momento era simpatica. Pensavo di aver trovato magari un'amica, ma mi sbagliavo.

Lia mi guardò pensierosa e infine disse pungente "Grace, non sei anoressica. Anoressica sono io, non tu. Tu sei persino un po' grassa. Hai anche qualche chilo in più. E forse una dieta non ti farebbe male, che dici?"

Rimasi pietrificata dalle sue parole. Erano così spontanee, ma le prime parole sincere che ricevetti, dopotutto.
Poi se ne andò via, chiamata da un'infermiera.
Guardai Lia andare via. Aveva un corpo perfetto. Le sue cosce non si toccavano. Erano perfette. Il suo addome era piatto.
Guardai me.
Schifata, corsi in camera.
Chiusi la porta a chiave e mi spogliai.
Allo specchio, studiai attentamente il mio corpo.
Per la prima volta nella mia vita mi sentii veramente grassa.
Presi la bilancia e mi pesai.
49,2kg per un metro e sessantacinque.
Ritornai allo specchio.
Guardai le mie gambe. Erano grasse.
Guardai la mia pancia. Era grassa.
Mi misi di profilo. Disastro.
Ripensai ai cereali che avevo mangiato e improvvisamente mi schifai di me stessa.
Non ci vidi più. Ero furiosa. Avevo ceduto difronte al cibo.
Dovevo diventare magra. Se fossi stata magra sarei diventata bella.
Corsi in bagno. Legai i miei capelli dorati in una coda. Presi lo spazzolino rosso che usavo per lavarmi i denti. Mi inginocchia difronte al water. Senza pensarci due volte, ficcai lo spazzolino nella mia gola, fino a sentire un liquido acido fuoriuscire dalla mia bocca.
Vomitai tutto.

Anche se l'idea mi disgustava, ero disposta a farlo per essere bella.
Decisi che sarei ricorsa al vomito solo se avessi sgarrato con il cibo.
In tutto questo la voce non aveva espresso la sua opinione, ma sentivo che lei voleva questo.
Nessuno doveva sapere niente riguardo ciò che stava succedendo.

Mi cambiai giusto in tempo, quando sentii qualcuno bussare alla porta. Andai a aprire.

Mi ritrovai davanti Justin. Indossava dei jeans che arrivavano poco più sotto delle ginocchia e una maglietta grigia con delle scritte incomprensibili. Infine, aveva delle scarpe nere. In quella frazione di secondo si era già sistemato i suoi capelli centinaia di volte. Quel ragazzo aveva un serio problema con i capelli.

"Ciao Grace" disse entrando nella mia camera.
Mi limitai a sorridergli.

"Come va?" Mi chiese con il suo tono vivace,pieno di energia.

Male. Va molto male. Mi sto sgretolando. Voglio solo farla finita una volta per tutte. Sto provando tutti i modi possibili per andarmene da qui, ma niente. Non sono buona neanche a quello. Prego ogni notte di morire la mattina dopo.
"Bene" risposi con un nodo in gola.

Continuai a seguire ogni suo movimento.
Guardò per un paio di secondi il libro appoggiato suo mio letto.
Lo afferrò.

"Ti piace leggere vedo" disse girando il libro più volte.

"Sì, leggo molto" dissi con voce debole sedendomi sul mio letto "tu?" Continuai cercando di rompere il ghiaccio.

"No, quasi mai"
Lo sapevo.

"Che tipi di libri leggi?" Continuò questa volta sedendosi vicino a me, lasciando perdere il libro.

"Romanzi. Non sopporto il genere fantasy. Non ce la farei mai a leggere nemmeno una pagina" ammisi facendo spuntare un sorriso sul suo viso.

"Ti va di raccontarmi qualcosa? Intendo sulla tua storia" sputò tutto d'un fiato.
Non esitava di certo il ragazzo.
Odiavo parlare della mia storia agli altri, ma in questo caso mi sentivo come obbligata a farlo. Forse mi avrebbe fatto bene sfogarmi con qualcuno... no?

Angel Guardian; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora