Capitolo ventotto

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Quando mi svegliai fui assalita da una tremenda paura.
E se era stato solo un sogno? Un bellissimo sogno quando lo vivi, ma un terribile incubo quando realizzi che non era reale.
Magari, mi sarei svegliata nel mio solito letto, da sola. A piangere, a urlare, a chiedere perché non me ne vada mai bene una.
Magari, mi sarei alzata e sarei andata dalla psicologa a chiederle di analizzare i miei sogni per capire che cazzo mi passa per la testa, visto che non riesco a capirlo nemmeno io.
Magari, era stato solo un fottuto sogno.
Dovevo solo fare una cosa per scoprirlo. Alzarmi.

Lentamente, mi alzai con il busto.
No. Era successo davvero.
Sorrisi e tirai un sospiro di sollievo.
Mi era capitato troppe volte di sognare d'essere felice. Volevo esserlo veramente, voltare pagina e riscrivere un nuovo capitolo, più bello del precedente.

Guardai Justin. Aveva le labbra leggermente aperte ed era spettinatissimo.
Incredibile come una persone risulatasse affasciante appena sveglio. Non era sicuramente il mio forte visto che non lo ero nemmeno durante tutto il resto della giornata.

Mi alzai senza avere la più pallida idea di che ora fosse. Mi misi una felpa nera di Justin non avendo voglia di cercare i miei vestiti sparsi per la stanza nella più completa oscurità e un semplice pantaloncino.
Con le sembianze di uno zombie, arrivai fino al bagno, dove mi diedi una sistemata.

Mi accorsi solo allora che pioveva abbondantemente. Fuori dalla finestra, era tutto un lago.
Ho sempre amato la pioggia. Al contrario delle altre persone, se devo scegliere tra una giornata di sole e caldo e una giornata grigia, fredda e piovosa, scelgo la seconda.
Amavo quando pioveva. Amavo la sensazione di essere protetta, al caldo, quando fuori tutto si scatena. Mi piaceva soprattutto non piangere da sola e la pioggia piangeva sempre con me.

Andai in cucina.

Sei e mezza del mattino.

Ero una persona piuttosto mattutina. Anche volendo, non sarei mai riuscita a dormire fino a tardi. Qualcosa me lo aveva sempre impedito.

Stavo gelando. Faceva così freddo.
Mi feci un caffè. Ho sempre odiato il caffè di prima mattina e il caffè in generale, ma quella era la classica giornata in cui volevo cambiare. Non cambiare alimentazione, ma cambiare vita. Decisi di paritre dalla colazione. Perchè non bere una tazza di caffè per cambiare?

Mi sedetti sulla sedia con la tazza fumante in mano. Cercai di portare il calore della tazza alle mie mani, ma senza successo.

Fuori continuava a piovere. Faceva ancora piuttosto buio.

Ripensai a tutto quello che era successo la scorsa notte.
Era successo per davvero? Si.
Justin fu il primo -e anche il solo- a farmi capire che significa essere amate veramente.

Bevvi il primo sorso di caffè e per poco non lo sputai. Avevo la conferma che per iniziare una nuova vita non era necessario cambiare colazione.

Sarei dovuta tornare all'ospedale quel giorno, lo sapevo benissimo. Però, non volevo tornarci da paziente, ma da persona normale.
Mi decisi a cambiare vita.
Era successo tutto così in fretta che nemmeno me ne ero resa conto di quanto ero cambiata, e per la prima volta, in meglio. Una volta potevo solo immaginarmele queste cose.

Mi alzai con l'intenzione di buttare via il caffè rimasto nella tazza nel lavandino per non vomitare, quando sentii dei passi. Mi voltai e vidi l'unica persona che al mondo volevo trovare.

"Da quando in qua bevi caffè la mattina?" Mi chiese avvicinandosi a me e dandomi un bacio a stampo sulle labbra.

"Da oggi. Per la prima e per l'ultima volta" risposi appoggiando la tazza. Justin la prese e la finì in un solo sorso.
Mi appoggiai con la schiena sul muro e lui mise le mani ai lati della mia testa.
Ero a pochi centimetri dai suoi pozzi nocciola. Sentivo il suo respiro su di me.

Mi spinsi verso di lui visto che esitava, non so perché.
Aprì la bocca per lasciare che la mia lingua viaggi al centro di essa.
Le mie gambe avvolsero il suo bacino e misi una mano nei suoi capelli, tirandoli un po'.
Ormai non i miei piedi non toccavano più per terra e la mia schiena continuava ad essere pressata contro il muro quasi da farmi male.

"Bella la felpa" disse Justin dopo avermela tolta e mi scappò una risatina tra le sue labbra.
Passò dalla mia bocca al mio collo. Si concentrò su un punto preciso e non se ne andò fino a che non mi lasciò un segno ben visibile.
Gemetti nelle sue labbra.

Mi rimise a terra e si sfilò la maglietta e i pantaloni.
Toccai di nuovo la sua croce sul petto e iniziai ad amare veramente tanto quel tatuaggio.

Mi morsi talmente forte il labbro inferiore che per poco non lo feci sanguinare.
Appoggiò le mani sulla mia schiena, cercando il gancetto del reggiseno e per facilitagli le cose alzai le braccia.
Mi tolse anche gli slip e la situazione finì come l'altra sera.

JUSTIN'S POV

Mi accorsi solo in quel momento di quanto fosse bellissima. In realtà questo già lo sapevo, ma in quel momento me ne resi davvero conto.
Appoggiò la fronte sulla mia spalla e quando sentì che entravo dentro di lei scattò in piedi come una molla.

Il suo profumo invase le mie narici. Il suo respiro era profondo, pieno di significato di di vita.

Tenne le braccia attorno al mio collo e notai le cicatrici numerose che aveva. Ma in quel momento lei lo sapeva che non avevano un significato.
Stavano scomparendo, lentamente, ma stavano scomaprendo. Mi promisi di farle dimenticare il suo passato.
Era cambiata così tanto da quando la avevo conosciuta ed ero davvero fiero del suo cambiamento.
Sapevo che dentro di lei aveva sempre sognato di cambiare e di poter essere quella che era veramente.

Chiuse gli occhi e le baciai dolcemente la fronte.

"Perché lo fai? Perché devi farti del male quando sei così bella Grace?" Le domandai con quella poca voce che riuscivo a far risaltare tra mille respiri.
Continuai a far scontrare il mio bacino con il suo.

Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma non ci riuscì.

Sentivo che le sue gambe non riuscivano più a sostenerla e prima che cadesse la afferrai per le braccia.

"Non mi taglierò più te lo prometto. Io cambierò. E voglio farlo da adesso. Lo faccio per me e lo faccio per te, perchè ti meriti ad avere una persona normale al tuo fianco" disse con un tono di voce piuttosto alto.

Lo sapevo che voleva cambiare, ma doveva farlo per se stessa, non per me. Io la amavo così come era.

Era morta troppe volte e ormai iniziava a temere di essere felice.

La baciai in modo piuttosto violento e impedii ad entrambi di urlare troppo forte.
Raggiungemmo l'orgasmo nello stesso momento.

La fissai tranquillizzando il mio respiro.
Aveva degli occhi bellissimi. Li avevo visti per così tante volte che ormai potevo dipingerli perfettamente ad occhi chiusi.

Passai una mano nei suoi capelli.
La fissavo e lei faceva lo stesso. Chissà a cosa stava pensando.
Io pensavo soltanto che era bellissima. E nemmeno se ne accorgeva. Ma andava bene così. Era così bella nella sua semplicità.

Angel Guardian; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora