Capitolo venti

4.5K 240 9
                                    

Non pensavo esitesse posto più noisoso della clinica psichiatrica. Mi sbagliavo.
I due giorni passati in ospedale li trascorsi a guardare la televisione e a sperare nella visita di qualcuno che mi faccia tornare il sorriso.
Le uniche persone che vennero a trovarmi erano Sara e Justin. Venne a trovarmi pure Ebony, l'infermiera. Era abbatanza simpatica. Giocammo a carte e persi tutte tre le volte. Sono una frana nel giocare a carte.

Quando i medici mi dissero che potevo tornarmene ero molto felice. Non avrei mai pensato di essere felice di tornare in clinica.

Justin venne a prendermi e ci tornammo insieme. Quando entrai nell'edificio, improvvisamente, tutti erano genilissimi con me, pazienti e infermieri. Ovviamente lo facevano solamente perché sapevano che mi era successo, il ché li rendeva ancora più falsi.
Immaginai l'espandersi della voce sul mio conto.

'Hai sentito di Grace Anderson?'
'No, che le è successo?'
'Ha provato ad uccidersi. Ora è in ospedale'
'Oh cazzo, ma lei è sempre stata un tipo particolare, ha sempre avuto problemi e non ha mai saputo affrontare le situazioni'

"Stai bene Grace?"

Mi voltai vereo Susan. Pure lei era diventata gentile con me, ma sapevo che questa falsa sarebbe andanda avanti ben poco.

"Si, sto bene"

Stavo andando ad un incontro con la dottoressa Brown. Era un 'incontro urgente' come lo aveva definito Susan.
Quando entrai nel suo studio, la dottoressa Brown venne personalmente ad abbracciarmi ancora poco prima di varcare la porta. Sicuramente aveva saputo di mia madre, altrimenti nessuno mi avrebbe trattata così, che branco di falsi.

"Accomodati pure" disse a dottoressa mentere Susan abbandonava la stanza.
Mi accomodai sul mio solito posto.
La dottoressa si era tinta i capelli di rosso, le stavano meglio del suo solito colore.

"Allora Grace, come ti senti?"

Sospirai pesantemente. Mi scese una lacrima quando disse questa frase. Faceva male dover rispondere sempre a questa domanda quando non si sta affatto bene.
Visto che non rispondevo,la dottoressa Brown cambiò subito argomento, tralasciando quello di mia madre, forse per non peggiorare la situazione.

"Grace, che cosa hai provato ritornare in clinica dopo un paio di giorni?"

Non mi sembrava una domanda molto sensata, ma per educazione non sembrava adatto stare in silenzio.
"Tutti sono gentili con me, ma so che fingono"

"Perché dovrebbero fingere? Magari vogliono solo comportarsi così nei tuoi confronti"

"Nessuno si è mai comportato così con me, non vedo perché dovrebbero farlo adesso"

Stette in silenzio. Beccata.

"Ora voglio farti una domanda"
Mi guardò dritta negli occhi prima di parlare "Che cosa hai fatto per essere finita in ospedale?"

Lo sapeva benissimo, ma probabilmente voleva che lo ripetessi io.

"Ho cercato di suicidarmi"

Suicidio. Non è per niente facile dirlo ad alta voce. Semplicemente dirla e non più pensarla, mi ci sono voluti anni. Si capisce subito che è una brutta parola.
'Porre fine alla propria vita di proposito'

"Partiamo dal principio" fece un lungo respiro. I suoi capelli lisci le ricadevano sulle spalle "Dimmi in quale momento, per la peima volta, hai pensato di ucciderti"

"Beh" non sapevo da dove iniziare "Sicuramente questa non è una cosa che vieni da un momento all'altro. Ha bisogno di tempo. Non lo so quando ho iniziato a pensare di farla finita, perché come ho già detto questo non è un fulmine a ciel sereno"

Vidi a donna annuire attentamente.

"All'inizio, pensavo al suicidio, ma non seriamente. Era solo un'ipotesi. Con il passare del tempo è diventata più molto di più di una semplice ipotesi. Questo pensiero mi tornava in mente più spesso, sempre più spesso fino a diventare l'unico dei miei pensieri"

"E questo perciò è accaduto quando ti sei ammalata di depressione" concluse la dottoressa agitando la penna in mano.

"Una persona non si ammala di depressione. La depressione non è una malattia" precisai io

Corrugò a fronte "Spiegati meglio"

"Non è che uno inizia ad essere depresso. Se uno è depresso è perchè vuole esserlo. La depressione non è una malattia è solamente una scusa per attirare l'attenzione. È una scusa è basta. La depressione è voler fare la prima donna. Sempre sulla bocca di tutti. Io volevo attenzioni, ma chi non le vuole. Però a differenza degli altri, io volevo attenzioni, e lo ho ricevute solo in un periodo e poi basta. E ora sto pagando le conseguenze del mio 'voler attenzioni'".

_____________

"Come è andata?"

Con le mani in tasca camminai sopra una figlia secca, distruggendola.
Mi appoggiai alla spalla di Justin e tenni stretto il suo braccio.

"La solita merda" risposi ridendo "A te com'è andata a giornata?"

"La solita merda" rispose Sara ridendo a sua volta

Ci fermammo sul muretto. Iniziavano i primi caldi. Basta felpe, via con le maniche corte, tagli sulle braccia ben in vista.

"Una volta ho letto da qualche parte che quando si sta male, la cosa migliore da fare è urlare, urlare forte con tutto il fiato e hai in gola" Sara mi guardò e mi fissò con quei suoi occhi color nutella

"Facciamolo" le dissi "facciamolo ora, qui"

Mi alzai e la presi per mano. La portai al centri del cortile.

"Sei sicura?" Mi chiese sospirando

Anuii convinta.
Tanti peggio di così non poteva andare.
Iniziammo a urlare. Urlare con tutto il fiato che avevamo in gola. Urlammo fino a rompere i timpani agli altri, fino a rompere le finestre, fino a rimanere senza respiro.
Due infermiere corsero da noi, ma quando videro che non succedeva nulla se ne andarono scocciate.
Vidi Justin ridere e scuotendo il capo lentamente.
Voglio urlare fino a non sentire niente e nessuno, fino a distruggere perfino la mia voce. Voglio urlare fino a non riconoscere più in che mondo sono, perché è questo che voglio.

Angel Guardian; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora