Capitolo ventuno

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Sono la classica persona che, quando le chiedi se preferisce la notte o il giorno, senza esitare un momento, ti risponderà notte.
Ho sempre amato la notte, fin da bambina. Mi ricordo quando mi mettevo a guardare fuori dalla finestra, in punta di piedi data la mia bassa statura, il cielo stellato. In quel momento non sentivo niente. Non sentivo mia madre che veniva picchiata da mio padre, le prese in giro, niente. C'eravamo solo io e il buio.
Ho sempre sostenuto che la notte fosse troppo bella per essere sprecata. Infatti io la passo quasi sempre a guardare le stelle. Le stelle sono qualcosa di fantastico. Piccoli puntini luminosi che lottano per essere visti su un grande spazio nero.
La notte ha un'altra cose che amo. Il buio. Nel buio tu non vedi niente. Non vedi ciò che ti circonda. Non vedi se è brutto o bello. Non puoi giudicarlo, amarlo o averne paura. Inoltre, nel buio tu non vedi te stesso. È Difficile odiarsi al buio, perché non ti vedi. Non vedi i tuoi chili in più o qualunque altra cosa to doa fastidio.

Passo gran parte della notte a guardare le stelle. Le ho sempre trovate magnifiche. Però, in tutti questi anni trascorsi a guardare il cielo notturno, non ho mai trovato una stella cadente. Vorrei vedere una stella cadente non tanto per esprimere il desiderio, ma semplicemente per avere la prova che si può essere bellissimi anche mentre si cade.

"Eccoti, ti stavo cercando"

Mi voltai di scatto e per poco non feci cadere il libro che tenevo in mano. Ero seduta sulla ringhiera della terrazza con la schiena appoggiata al muro rosso, verniciato poco tempo fa.

Justin si mise vicino a me, baciandomi sulla guancia. Sentii il suo profumo sulla mia pelle.

"Ti piace tanto stare qua?" Mi domandò vedensomi imbambolata a guardare il cielo

Anuii e chiusi gli occhi sentendo la sua mano accarezzarmi il viso.

"Non ti viene mai voglia di uscire?"

Si staccò da me lasciando la mia mano penzolare giù a ringhiera.

"Beh, si ma non posso"

Mi ricordo che quando avevamo quattordici anni, io e Sara avevamo dato il nostro nome ad una stella. Era la stella più luminosa che stava in cielo. E non era una di quelle che una sera la vedi e l'altra non c'è più. No, era sempre lì. Stava nel cielo da sempre e sarebbe rimasta lì per sempre.

Si passò una mano tra i capelli "Puoi eccome, basta che per una settimana non ti tagli Grace. Puoi farcela e poi usciamo insieme. Non ne hai voglia per caso?"

Mi misi seduta in modo di stare faccia a faccia con lui. La mia schiena non poggiava più sul muro, non poggiava da nessuna parte.
Da lontano proveniva il suono di un'ambulanza.

"Puoi farlo Grace" lo guardai negli occhi. I miei capelli ricadevano sulle mie spalle. Guardai in basso e vidi che so stava avvicindo a me. Mi mise una ciocca di capelli dorati dietro l'orecchio e prese il mio mento con l'indice, per poi tirarlo sù e posare i suou occhi sui miei.

"Che ne dici?" Appoggiò le sue mani sulla ringhiera in modo che io non possa muovermi.

Non sapevo cosa rispondergli. Non sarei sicuramente riuscita a non tagliarmi per una settimana, ero troppo debole.

Andiamo Grace, per una volta metti da parte te stessa e pensa agli altri.

"Okay, posso farcela" risposi sfoggiando un sorriso gigante.
Justin di limitò a guardarmi e a sorridere.

Mi accarezzò il viso per poi prenderlo tra le sue mani e unirlo al suo.
Poggiò le sue labbra sulle mie. Inizialmente questo fu un semplice bacio a stampo ma poco dopo iniziò a trasformarsi in qualcosa di più.

Justin circondò la mia vita con le sue braccia piene di tatuaggi.
Ho sempre amato i ragazzi con molto tatuaggi e sinceramente a lui stavano molto bene.

Porca puttana andiamo, a lui sta bene tutto.

Misi le mani dietro il suo collo, tirandogli leggermente i capelli senza fargli male. Mi prese in braccio e con le mie gambe gli circondai il bacino.

"Allora" gli dissi prendendo un respiro. Mi baciò il collo lasciandomi un livido. "Dove mi porti la prossimo settimana?"

Passai la mia mano sui suoi capelli. Il colore dei nostri capelli era molto simile, forse i suoi erano più scuri.

"Non vero perché dovrei dirtelo"

Sorrisi leggermente. Mi strinse i fianchi piuttosto forte. Attraverso la felpa, mi toccò un taglio vecchio di qualche mese che mi ero fatta sul fianco. Mi fece un po' male ma iniziò a baciarmi il collo non sentii più nulla.
Ci staccammo solo per prendere fiato.

"Bimba io vado" disse mettendomi per terra.

"Okay" gli sussurrai sulla spalla avendo ancora appoggiata la fronte su quest'ultima.

"Grazie Justin"
Si fermò di scatto prima di entrare nell'edificio. Mi strizzò l'occhio.
Tornai ad appoggiarmi sulla ringhiera con i gomiti. Spostai i capelli dal mio viso, facendoli cadere sulla schiena. Guardai il mio collo ormai marchiato. Era la prima volta. Finalmente anche io appartenevo a qualcuno.
Presi una nuova decisione. Non mi sarei tagliata più, o almeno lo avrei fatto più leggermente. Potevo facela. Dovevo farcela. Per Justin.

Povera illusa. Pensi davvero di non riuscire a stara senza quella lama? Ma guardati. Non ce la farai mai.

Scossi ripetutamente la testa per scacciare via quei brutti pensieri. Mi misi seduta sulla ringhiera a guardare il cielo.
Non avrei mai pensato che esistessero ancora ragazzi come Justin, che ti amano veramente e che per loro non sei solo una puttana. Ed era altrettanto incredibile che uno di quei pochi ragazzi rimasti così, sia venuto da me. Ma perché? Che cosa gli piaceva di me talmente tanto da essere così nei miei confronti? In fondo io non avevo niente di speciale. Anzi, avevo tutte le caratteristiche negative del mondo. Eppure lui era qui con me.

Continuando a guardare il cielo, tutto d'un tratto, nel mio campo visivo comparve per pochissimi secondi, una piccola scia luminosa.
Una stella cadente.
Spalancai di poco la bocca. Sentivo gli occhi luccicarmi. Non era mai successo in diciassette anni della mia vita e perché era successo quella notte? Perché non una notte dopo o due notti prima? Perché quella notte?
Chiusi gli occhi lasciandomi accarezzare dal leggero vento.
In lontananza le case, le luci, le macchine, le strade, i parchi, gli uffici, le ambulanze, le vite. Avevo sempre sentito le vite degli altri lontane, però quella fu la prima volta che le sentii vicine, molto vicine. Forse anche la mia vita faceva parte di questo grande puzzle?

Angel Guardian; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora