Capitolo quattordici

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Decisi che la cosa migliore da fare con Justin era evitarlo.
Sarebbe stato meglio sicuramente per lui, ma non per me. Però la sua felicità veniva prima della mia, anche perché io non la meritavo.
Ormai era circa un mese che ci conoscevamo e mi ero molto affezionata a lui. Gli volevo bene o forse lo amavo.
Avevo una pessima esperienza in amore.

Facevo la prima del liceo e mi ero presa una cotta talmente forte quasi da non pensare più alle prese in giro. Decisi di dichiararmi a lui, Kevin.
La scelta peggiore di sempre. Non mi solo rifiutò, ma anche iniziò a prendersi gioco di me davanti a tutti, per poi arrivare alle mani.
Dopo questo episodio decisi di non innamorarmi mai più di nessuno. Eppure, quella volta, accadde.

Era molto tardi quando Justin piombò in camera mia.
Si mise seduto sul letto accanto a me e iniziò a parlarmi.

Fai la stronza, fai la stronza. Non lo meriti.

Gli agitai il libro che avevo in mano davanti la faccia.

Con una stretta al cuore, sembrando impassibile, sputai fuori la Grace stronza. Odiavo farla comparire, ma era necessario per farmi odiare.

"Potresti stare zitto? Sto cercando di leggere"

Justin mi guardò. Era spiazzato, questo si.
"Oh, scusa"

Continuai a leggere facendo finta di essere sola, anche se era molto difficile.

"Che ti è successo? Perché hai quella benda sul braccio?"

Avevo la manica della felpa leggermente alzata, si intravedeva la benda.

"Fatti i cazzi tuoi una volta tanto"

Scusa Justin. Perdonami ti prego.

JUSTIN'S POV

Ma che le prendeva?
Le avevo fatto qualcosa?
Perché faceva così?
Ormai ci conoscevamo da un po'. Avevo capito come era fatta, era così dolce e impacciata. Mi faceva tenerezza.

Le avevo visto la banda sul polso. Si era tagliata di nuovo.

Non capivo quale fosse la ragione che la spingeva a farsi del male. Era così simpatica, dolce, timida e bella. Perché sì, era bella non potevo negarlo.
Con quel suo corpo esile, fragile all'apparenza e tempestoso veramente.
I capelli dorati le stavano bene in ogni modo, legati e sciolti. Ogni volta i suoi enormi occhi verdi mi mandavano a puttane il cervello.
Cosa? L'ho detto veramente? Sì. I suoi occhi verdi mi mandavano a puttane il cervello.
La amavo? Non lo so.
Avevo conosciuto tante ragazze, ma nessuna era come lei.
Diceva di essere tanto imperfetta, ma non capiva di essere perfetta nelle sue imperfezioni.

"Ti sei tagliata di nuovo Grace, non nascondere l'evidenza" le dissi sospirando.

Si alzò di colpo lasciando il libro sul letto.

"Ti prego Justin. Lasciami in pace. Come te lo devo dire? Ti prego. Lasciami sola" disse trattenendo le lacrime.

Uscì dalla camera.

Stava succedendo qualcosa. Non avrebbe mai detto queste cose senza un motivo.

Decisi di andare da lei e cercarla.
Dove poteva essere? Era notte, non faceva molto freddo e si vedevano le stelle. Era sicuramente sulla terrazza dell'ultimo piano.

Salii le scale e arrivai all'ultimo piano con il fiatone: se uno mi avesse visto mi chiederebbe come sia andata la maratona.

Aprii la porta, il cartello con la scritta 'vietato entrare' di certo non mi fermò.

Eccola là. Appoggiata alla ringhiera che guardava il cielo e Los Anges. Si era sciolta i capelli, che andavano di qua e di là. Indossava la mia felpa grigia e non me ne ero neanche accorto prima.

Mi guardò per un paio di secondi e poi si voltò.
Andai da lei. Piangeva. La abbracciai.
Rimanemmo in silenzio per una decina di minuti, poi la sua delicata vocina entrò nelle mie orecchie.

"Mi dispiace Justin, scusami"

Era così dolce.

"E di che?"

Si asciugò una lacrima.

"Di tutto"

Le sorrisi.
Lei mi guardò, io la guardai. Mi accorsi solo in quel momento che i suoi occhi erano più verdi di come li vedevo di solito.
Era una cosa strana. Nei suoi occhi potevi leggere la sua storia. Non so come spiegarlo, ma anche senza conoscerla, potevi capire che quegli occhi color smeraldo avevano sofferto fin troppo.

"Non devi chiedermi scusa. In fondo mica hai ammazzato qualcuno" dissi io.

"Però ho ammazzato me stessa"

Non risposi, ma quelle parole mi fecero riflettere.
Restammo in silenzio. Era molto tardi ormai, però non mi importava. In quel momento non mi importava più niente. Me ne fregavo se, andando via, quanche infermiera mi avrebbe sgridato. Me ne fregavo se in quel momento avevo freddo. Me ne fregavo di tutto.

Distrussi il silenzio.
"Bella la felpa. Dove l'hai presa?"

Rise.
In quel momento capii che la sua risata era il mio mondo, la sola cosa che mi stava a cuore.

Devo ammetterlo, quella terrazza era veramente bella. Non i stupii che a Grace piacesse tanto.

"Devo andare Justin. È tardi" disse lei.

Guardai l'orologio. In effetti era quasi mezzanotte.

"Okay, a domani"

Avrei tanto voluto che quel momento durasse per sempre. Avrei voluto starmene ancora lì con lei, a guardarci intorno e stare insieme.

"Grazie Justin" disse abbracciandomi.

Ecco la Grace che conoscevo.

Prima di andarsene mi diede un bacio sulla guancia.
Le sue delicate e morbile labbra, a contatto con la mia pelle, mi avevano fatto capire che provavo per lei.

Le sue morbile labbra su di me.
Fuochi d'artificio.

Angel Guardian; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora