Capitolo venticinque

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JUSTIN'S POV:

"Dai ti prego. Non ce la faccio più. Saremo almeno da tre ore in questa fottutissima auto e sto dando di matto. Mi vuoi dire almeno quanto manca?"

Tenere a bada Grace in macchina era stato più arduo del previsto.

"Te lo ripeto. Siamo in macchina solo da un'ora e mezza. Non è poi così tanto" rabattei alzando il finestrino vedendo che lei lo aveva abbassato fino a farlo scomparire del tutto.

"Il tempo non passa mai quando ci si annoia"

La guardai vedendo che faceva lo stesso e lei mi sorrise ampiamente. Non riuscii a non fare lo stesso.
Il suo braccio destro penzolava giù dalla macchina sbatacchiato dal vento. La vidi fissare il mondo esterno con parecchia intensità. Chissà a cosa stava pensando.
Le sue dita picchiettavano con un ritmo frenetico contro la sua gamba, inoltre respirava molto rumorosamente.

"Non serve essere così nervosi" le feci notare accelerando.
Il vento che arrivava con una forte inensità nella macchina e faceva scompigliare in un modo assurdo i capelli. Sembrava che non avessero più un luogo dove stare, ognuno prendeva una strada diversa. Molti le arrivavano in faccia, ma non sembrava le dessero fastidio. Sono sicuro che se mi fossi trovato in quella situazione, bei capelli oppure no, me li sarei tagliati dopo due minuti.

"Siamo quasi arrivati" la incoraggiai vedendola molto più silenziosa del solito. Sentivo che c'era qualcosa che la turbava e alla fine della giornata lo avrei sicuramente scoperto.

Con la coda dell'occhio la vidi portare il viso fuori dal finestrino. Chiuse gli occhi e si concentrò solo e soltando sul vento che le accarezzava il viso. Con i capelli all'indietro e tutti arruffati, quei lineamenti da dea e con quelle carnose labbra rosee e assolutamente perfette, leggermente aperte, mi veniva voglia di accostare e fare l'amore con lei fino a farle urlare il mio nome e sentirla mia per la prima volta.

Scacciai quell'immagine dalla mia mente e mi concentrai sulla guida.
Passai una mano sui miei capelli e sospirai.

Mi imbattei in una stradina secondaria, pregando che fosse la strada giusta dati i miei ricordi vaghi di quel luogo.
Ebbi la conferma di essere nel posto giusto e parcheggiai la macchina a lato della strada, sotto un albero piuttosto grande.

"Arrivati a destinazione" dissi soddisfatto sbattendo e mani sulle mie cosce.
Scendemmo dalla macchina

"Oddio. Ma quello è il mare" la sentì dire per poi catapultarsi sopra di me quasi facendomi cadere.
Sorrisi soddisfatto.

GRACE'S POV:

Poteva sembrare una cosa banale, ma io amavo alla follia il mare. Mi piaceva per una ragione in particolare. Non ci andavo da anni. Avevo dieci anni l'ultima volta che lo avevo visto e da sette anni continuavo a immaginarmelo. Lo amavo per questo, non me lo ricordavo precisamente ma sapevo che era bellissimo. Allora amavo l'idea di amare qualcosa di cui ricordavo poco, ma che ricordavo di amare.
Quando avevo dieci anni, i miei genitori mi portarono al mare. In quel periodo i guai si facevano sentire pesantemente e quello fu il segnale che i miei genitori si odiavano a vicenda. Nonostante le loro grida, mi divertii comunque per conto mio. Mi ricordavo di aver raccolto conciglie colorate per molto tempo. Quella fu l'unica normald vacanza in famiglia.

"Ne è valsa la pena stare in macchina per tutte quelle ore" dissi arrotolando un ciuffo dei meravigliosi capelli chiari di Justin sull'indice.

"Te lo ripeto. Un'ora e mezza"

"Ma quanto siamo precisi oggi" risposi con voce piuttosto acuta dandogli un paio di colpetto sulla testa.

Notai che l'albero sopra le nostre teste era altissimo. Non riuscivo a capire quanti anni avesse dato che non riuscivo nemmeno a vederne la cima.
Le sue foglie verdi ondeggiavano al vento come se stessero praticando una danza rituale. Nascondevano il cielo leggermente ricoperto di nuvole bianche come se volessero custodire un prezioso segreto. Un bellissimo segreto che probabilmente nessuno riuscirà mai a comprendere.

"Muoviti a metterti il costume"

Venni distolta dai miei pensieri dopo la frase di Justin.

"Io non ho il costume" dissi distogliendo completamente gli occhi dall'albero più bello che avessi mai visto.

"E credi che il mio piano a cinque fasi non l'abbia previsto?"

Prese dal bagagliaio una borsa da dove tirò fuori un costume nero e bianco.

"Da quando in quà hai un piano a cinque fasi?" Gli chiesi piuttosto sorpresa.

Me lo lanciò e lo presi al volo.

"Da quando ho pensato di avere un piano a cinque fasi"

Emisi una risatina leggera.

Dopo essermi cambiata mi venne una forte paura.
Cicatrici.
Controllai le braccia. Molte si vedevano poco, altre proprio no data l'età, mentre alcune erano evidenti.
Passai il pollice sopra la cicatrice più grande, sull'avambraccio sinistro.
In quel momento mi tornò in mente quanto facessero schifo e soprattuto quanto io facevo schifo.

Mi morsi il labbro infermiore e analizzai il mio corpo.
Indossavo Grace e basta.
E non pensavo bastasse.

Incredibile quanto i miei pensieri cambino rapidamente. A volte mi sorprendo da sola. Basta anche solo un minimo dettaglio, anche insignificante, per farmi tornare in mente tutto. La clinica, mia madre, i tagli, la depressione, la paura di perdere le poche persone che mi rimangono, ma soprattutto me stessa.
Con il tempo ho capito, dopo tante riflessioni, che non eistono i problemi. La depressione non esiste. Autolesionarsi non ha senso. Tutte queste cose non hanno un senso se l'unico problema sei tu. E, come tutti sanno, non si può scappare da se stessi. Certe persone imparano a convivere con questa inquietante malinconia, però, altre si riducono a odiare così tanto se stessi da non potercela più fare, da non volersi vedere più e a scappare una volta per tutte dalla tua mente.

Credo che il suicidio sia una soluzione perenne ad un problema temporaneo. Poi niente più probelemi, niente più preoccupazioni e niente più ansie. Ma veramente ne vale la pena?
Forse si, forse no.

A volte penso che non sia normle odiare con tanta intensità se stessi.
Chi odia se stesso muore ogni giorno, chi ama se stesso muore una volta sola.

"Va tutto bene?"

Mi voltai di scatto e annuii sorridendo falsamente.

Va tutto bene Grace. Fagli credere di star bene, ci cascano sempre tutti.

"Si Justin sto bene, tranquillo" risposi sorridendo.

Nessuno sapeva mai cosa si celasse dietro quel sorriso.

Feci per andarmene, però Justin mi prese per il polso. Lo guardai in faccia e notai i suoi occhi nocciola fissi su di me. Mi abbracciò e appoggiai la testa sul suo petto, sentendo il suo cuore battere. Lo guardai.

"Lo so che non va tutto bene e so che ti preoccupa. Ma non ti preoccupare, per me sei bellssima, con cicatrici senza cicatrici. Ricordalo okay?"

In quel momento mi sentii in pace con me stessa, per la prima volta. Grazie a qualcuno.

Forse io conto.
Almeno un po'.

Angel Guardian; jdbDove le storie prendono vita. Scoprilo ora