Continuai a viaggiare con lo sguardo in ogni punto che mi era concesso.
Adesso era il mio, lo sguardo perso e vuoto e non più quello di Grace.Continuavo ad ascoltarla in silenzio, anche perchè non sapevo cosa dire e a volte il silenzio è l'arma migliore di tutte.
Lei era tranquilla, forse troppo. Parlava con apatia e senza sentimento, come se stesse recitando ad uno spettacolo la prima volta nella sua vita, con gli occhi di tutti puntati addosso.
Decisi che forse era meglio ascoltarla e che mi sarei confrontato con i miei pensieri in un secondo momento.
Posai lo sguardo su di lei, ma non ebbi il coraggio di continuare a guardarla. Mi soffermai invece sul muro bianco e forse, capii che per adesso era meglio se ascoltavo e basta.
Non mi ero nemmeno reso conto che si era bloccata per qualche istante e ne approfittai per riprendere il filo da lì.
"Faceva caldo, quel 21 giugno, forse troppo caldo. Ero a casa mia, come sempre. Non uscivo mai con qualcuno, nonostante fosse estate. Gli altri mi reputavano troppo strana per chiedermi di uscire, ma forse era meglio così. Mi lamentavo di non avere amici, quando in realtà me ne stavo bene anche per conto mio.
Mia madre non era a casa, come sempre. E per quanto riguarda a mio padre, oh beh, lui non c'è mai stato per me.
Mi ricordo che mancava poco al mio tredicesimo compleanno e mia mamma mi aveva detto che potevo chiamare alcuni amici per dare una piccola festa, ma lei non era ancora a conoscenza di quello che stava succedendo. Mi ricordo anche che, quando sono tornata a casa ero più disperata del solito perché, per non deludere mia madre e farle credere che stavo bene, avevo invitato al mio compleanno alcune persone che non erano mie amiche, ma erano le uniche che non mi avevano mai preso in giro. In realtà quasi non le conoscevo nemmeno. Quando tornai a casa ero triste perché nessuna aveva detto che sarebbe venuto alla mia festa. Un po' me lo aspettavo, se devo essere sincera, ma comunque continuavo a sperarci, ma non per me, per mia madre. Per farle credere che ero un'adolescente normale"Per qualche secondo Grace si bloccò, come per non immergersi troppo in quei ricordi che la avevano fatta star male.
Riuscii a posare lo sguardo su di lei per un po', quel poco che bastava per accorgersi di me.
"Quel pomeriggio lo trascorsi con l'angoscia che divorava tutto quello che restava di me. Ero troppo presa dall'idea di far soffrire mia madre che nemmeno diedi peso alla mia tristezza. Però quel giorno imparai che la sofferenza fa più male se sai che attaccherà una persona che ami piuttosto di quando è addosso a te"
Persi il coraggio di guardarla in quel preciso istante.
Avrei tanto voluto dirle di stare tranquilla, ma non riuscivo a farlo."Sarebbe dovuta tornare a casa dal lavoro alle sei di sera, ma una mezz'oretta prima mi chiamò dicendo che sarebbe tornata più tardi e questo spostò la mia angoscia di qualche ora, ma il tempo la fece crescere a dismisura.
Erano le sei e un quarto, circa, quando sentii la porta d'ingresso aprirsi tranquillamente. Controllai dalla finestra di camera mia se c'era l'auto di mia mamma, ma trovai solo quella di mio padre. Non ci diedi peso, in fondo noi nemmeno ci calcolavamo"Ad ogni sua parola, la mia paura continuava a crescere. Era più o meno la stessa sensazione di quando guardi un horror. Tutto succede lentamente, ma la lentezza con cui accade ti fa andate fuori di testa.
"Continuai a leggere il libro sdraiata sul mio letto. La porta era aperta e sentivo i passi di mio padre allontanarsi dalla cucina dopo aver preso qualcosa dal frigo.
Dopo qualche minuto sentii qualcuno appoggiato alla porta di camera mia. Alzai lo sguardo e trovai mio padre. All'inizio mi stupii che mi avesse dedicato qualche istante del suo 'preziosissimo tempo'. Mi aspettavo che se ne sarebbe andato, invece restava lì, a fissarmi senza alcun senso.
'Ti serve qualcosa?' Gli chiesi vedendo che non se ne andava. In tutta risposta ottenni un 'alzati'. All'inizio non capivo e, dopo che me lo ebbe ripetuto, mi alzai dal letto, appoggiando il libro sulla scrivania. Quando mi misi in piedi fui capace di percepire la puzza di alcol che quell'uomo si portava addosso. Dopo alcuni secondi di silenzio passati a fissarmi, mi chiese dove me ne andavo vestita così, anche se non indossavo nulla di particolarmente vistoso soprattutto perchè non possedevo niente di quel genere. Non gli risposi e lui si avvicinò, dandomi la conferma che era ubriaco. Vedendo che non rispondevo e che mi ero accorta del suo pietoso stato, mi prese per il braccio e mi diede un sonoro schiaffo sulla guancia, come aveva già fatto più volte. La sua presenza mi dava la nausea, così me ne tornai sul mio letto, senza dire niente a nessuno. Ma lui non smetteva di insultare me e mia madre, sempre più pesantemente, fino a che le cose non degenerarono, portandolo a fare quello che, molto probabilmente, è la causa di come sono ora"Parecchi minuti di silenzio regnarono tra noi. Avrei dovuto dire qualcosa, ma ormai tutto quello che cercavo di dire, mi moreva in gola.
Riuscivo solo a sentire il suo respiro calmo, sovrapposto al mio, non altrettanto controllato."Mi dispiace averti fatto sentire a disagio Justin, capisco benissimo la tua posizione in questo momento. E mi dispiace per questo" mi disse per poi appoggiami una mano sulla spalla. Finalmente trovai il coraggio di guardarla. Dio, era così bella.
Circondai le sue spalle con il mio braccio e la avvicinai a me.
"Qualcuno sa di quello che è successo?" Le chiesi cercando di sembrare il più tranquillo possibile, anche se non riuscivo ad ingannare nemmeno me stesso.
"No, sei il solo a saperlo" rispose giocherellando con le sue dita con le unghie dipinte di un blu notte.
"Perché non lo hai detto a qualcuno?"
"Perché nessuno me lo aveva mai chiesto" rispose con fare ovvio, anche se non lo era per niente.
"Qualcuno avrebbe potuto aiutarti Grace" le dissi passando una mano nei suoi capelli.
Alzò le spalle e sospirò "No, nessuno avrebbe potuto farlo, perchè nessuno potrà mai farmi dimenticare quello che ho trascorso in quelle ore e nessuno potrà mai ridarmi quello che ho perso, perché quel giorno ho perso per la prima volta la vera Grace, sentendomi una persona estranea a me stessa"
Quelle parole mi fecero gelare il sangue e un brivido mi percorse la schiena.
"Poi lui che ha fatto?" Continuai.
"Niente. Non ha fatto niente. Ha continuato ad ignorarmi come sempre. A volte si fermava a guardarmi, ma poi continuava a camminare. Continuò così, fino a che non se ne andò di casa. Da quel giorno non l'ho più rivisto, ma sicuramente è meglio così"
Parlava come se si fosse preparata quel discorso da anni nella sua mente, senza mai dirlo a nessuno però.
"Non mi fa più tanto effetto però" continuò "ho smesso di piangerci su tempo fa. Adesso mi fa solo arrabbiare, perché infondo, quel suo momento di pazzia, mi ha cambiato la vita e il modo di vedere il mondo che mi circonda"
Appoggiò la testa sulla mia spalla e chiuse gli occhi.
"Mi ricordo che quando ero piccola e facevo qualcosa di sbagliato, mi raccontava che, se non mi comportavo di nuovo bene, sarebbe venuto un mostro a prendermi. Poi però, ho capito che tutti i mostri sono umani. E l'essere degli uomini li rende tali"
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Angel Guardian; jdb
Fanfiction"Che ci fa una ragazza bella come te in un posto brutto come questo?"