Was she hot?!

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«Se Payne riesce a riprendersi rapidamente, lo mettiamo al confine della linea perché è quello migliore nel lancio lungo, e quindi potrebbe colpire benissimo i giocatori ai lati del campo.» Il coach appuntò su un foglio il nome del ragazzo, mentre Harry sentiva le palpebre abbassarsi di secondo in secondo. Non riusciva a prestargli attenzione, quella notte aveva dormito poco e niente e non ne riusciva a capire il motivo. Non vedeva l'ora di abbandonare lo stanzino del coach, quel coglione di Tomlinson non era riuscito a svegliarsi in tempo e l'aveva lasciato da solo, alle prese con quel vecchio rompi palle. «Dopodichè Mcpherson lo mettiamo sulla linea di centro e- Styles, ti ordino di prestarmi attenzione!»
Harry sollevò la testa dal braccio piegato sulla scrivania, sbadigliando. «Coach, stiamo ripetendo lo stesso schema da due ore, credo di essermelo persino imparato a memoria.»
«A maggior ragione» iniziò l'uomo alzandosi in piedi e raccapezzando tutti i fogli sparsi sulla scrivania «esigo che non si sbagli niente, ci siamo capiti? Se non vinciamo questa finale di campionato, giuro che vi depenno da qualsiasi altra competizione, intesi?» terminò raccogliendo i fogli e appoggiandoli su una plica alla destra di Harry.
Il ragazzo si sollevò e afferrò la cinghia del suo zaino, posandola su un'unica spalla. «Tutto chiaro.» Avvicinò la mano alla bocca e soffocò uno sbadiglio, con il ciuffo di capelli che gli cadeva davanti agli occhi verde smeraldo annebbiati dalla stanchezza.
«Confido in te, ci vediamo domani per gli allenamenti!» disse il coach Montpellier quando Harry abbandonò la stanza, i capelli scomposti e la divisa spiegazzata per lo stare troppo tempo seduto.
Si avviò lungo il corridoio imbattendosi in qualche compagno di squadra che si avvicinava alle aule delle lezioni extrascolastiche quando invece lui avrebbe preferito buttarsi sul suo letto a peso morto. Gli costava molto persino muovere il piede, avrebbe tanto voluto che il pavimento lo attirasse a sè, lasciandolo dormire sul posto, ma la sua attenzione venne messe sull'attenti quando una chioma blu gli tagliò la strada. Erano passati quattro giorni da quando si erano imbattuti in quelle cheerleader, ma quella ragazza dai capelli blu di certo non sarebbe passata inosservata.
Si appiattì contro la parete dell'angolo e si sporse per verificare la traiettoria della ragazza che si lasciò l'edificio scolastico alle spalle, sparendo nella strada di fronte. Harry sorrise e si aggiustò la cinghia dello zaino, poi tirò fuori dalla tasca della giacca il suo cellulare.
Non crederai mai a quello che ho appena visto.
Dopo aver inviato il messaggio, la risposta non tardò ad arrivargli.
Ovvio, se non l'ho visto anche io.
Peggio per te per aver saltato l'allenamento oggi.
'Fanculo Styles.
Ho visto la tipa dai capelli blu ;-)
Invece di ricevere un messaggio, mentre superava l'ingresso della scuola, uscendo all'aria aperta del primo pomeriggio, gli arrivò direttamente una chiamata.
«Com'è possibile che tu l'abbia vista?»
«L'ho vista e giuro che quei capelli non li vedo a molte ragazze. Per cui sono sicuro al cento per cento fosse quella cheerleader.»
«Cazzo, era bona?!
Harry strinse gli occhi per i raggi del sole che gli arrivavano direttamente in faccia, il vento che gli scompigliava maggiormente i capelli mentre si avvicinava alla macchina nera di suo padre parcheggiata sul marciapiede adiacente l'ingresso della loro scuola. Aprì la portiera posteriore e gettò lo zaino dentro, poi aprì il lato del guidatore, «Non l'ho vista in faccia, e sinceramente non me ne sarei fregato poi molto. L'ho seguita con lo sguardo per vedere se c'era con lei anche quell'altra tipa, quella bruna, te la ricordi?»
Louis sbuffò dall'altra parte della cornetta, mentre Harry metteva in moto e usciva sulla strada. «Non l'ho vista in faccia» gli fece il verso, ed Harry alzò gli occhi al cielo.
«Non capisco perché era alla nostra scuola, però..»
«E' una cheerleader, forse si sta esercitando?» disse il ragazzo sarcasticamente, mentre il riccio inchiodava ad un semaforo.
«Quello che è. Devo necessariamente scoprire come si chiama quella ragazza, era una bomba.»
«Giuro che da domani non farò più assenze, sarebbe stata la mia occasione per rimorchiare oggi
«Per me un'altra giornata persa a sentire il coach blaterare sulle medesime cose di ogni singolo giorno. Che rottura di palle essere capitano, Tommo» affermò Harry parcheggiando lungo il marciapiede della sua abitazione.Vide la macchina della madre, per cui non prese le chiavi di casa dal borsone. Lasciò la vettura mantenendo il telefono tra l'orecchio e la spalla, «Sono arrivato a casa, ci sentiamo più tardi.»
«Giuro che passerò tutta la sera su Facebook per rintracciarla» Louis gli chiuse il telefono in faccia, con Anne che apriva la porta d'ingresso e accoglieva il figlio prendendogli il borsone.
«Novità sulla squadra avversaria?!» chiese la donna lasciando lo zaino di Harry nel corridoio e tornando in cucina, riprendendo il ferro da stiro in mano.
Harry lanciò il telefono sul divano e si lasciò cadere a peso morto accanto, facendolo sobbalzare e quasi finire per terra. «Ancora no, l'ultima selezione si terrà sabato prossimo, e finché la squadra non supera la semifinale non si sa nulla.»
«Ma chi si sfiderà?»
«Guarda, sinceramente non l'ho capito bene. Me ne preoccuperò quando arriverà il momento, adesso stiamo ancora stabilendo le posizioni e dobbiamo studiare tutte le mosse migliori.»
Anne annuì, e a casa cadde il silenzio, mentre dal piano di sopra Gemma sbraitava contro il loro gattino bianco e nero.
Harry si sollevò e andò verso il bagno «Faccio una doccia» disse solamente, 'così dopo me ne vado a dormire fino a domani mattina' avrebbe aggiunto volentieri, ma tenne la bocca chiusa.

L'indomani mattina Louis passò a prenderlo con la macchina che gli avevano comprato i genitori lo scorso anno, arrivando a scuola con dieci minuti di ritardo.
«E' il colmo» disse Harry uscendo dalla vettura e sbattendosi la portiera alle spalle, «prendiamo la macchina per accelerare i tempi, e puntualmente facciamo ritardo comunque.»
«La prossima volta» disse Louis sorreggendo lo zaino su un'unica spalla mentre faceva ruotare le chiavi della sua macchina intorno all'indice, «prendiamo la tua.»
«Non ho la macchina, devo tener presente gli impegni dei miei» appuntò il riccio spingendo l'imponente portone della scuola, immettendosi in quell'ambiente silenzioso e a tratti inquietante.
«Quindi, a maggior ragione, mi devi solo ringraziare!» terminò Louis chiudendo la porta, attento a non farla sbattere per le correnti d'aria che imperversavano all'interno dell'edificio.
Harry chiuse gli occhi sospirando pesantemente mentre entrambi si avviavano verso l'aula di inglese che avevano in comune il mercoledì mattina.
Imboccarono il corridoio sulla destra con le loro scarpe da tennis che cigolavano sul pavimento lucido della scuola, e si avvicinarono alla porta della loro classe, quando dal corridoio perpendicolare sentirono dei passi concitati che si allontanavano dalla palestra. Harry girò la testa e alzò gli occhi al cielo, sorridendo compiaciuto, mentre Louis si sporgeva per vedere meglio.
La ragazza dai capelli scuri aveva il telefono in mano e digitava freneticamente qualcosa, non accorgendosi dei due ragazzi che si erano bloccati alla fine del corridoio, non interessati più di tanto a prendere parte alla lezione. La ragazza scappava e non sollevò lo sguardo dal cellulare nemmeno quando si scontrò con Harry, spostandosi con violenza sul muro alle sue spalle. «Scusa» farfugliò rapidamente, e il ragazzo le si mise di fronte.
«Siamo destinati ad incontrarci in questo modo?»
La ragazza sorrise e mise il telefono nella tasca posteriore del pantaloncino di jeans, lanciando uno sguardo rapido anche su Louis. «Credo che il fato voglia farci scontrare continuamente, come se fossimo in un circolo vizioso.»
Gli girò intorno e uscì sul corridoio, allontanandosi verso l'atrio.
«Almeno dimmi come ti chiami!» urlò Harry, con Louis che se la rideva alle sue spalle, la mano premuta sulla bocca per contenersi.
La ragazza si girò solo una volta e lo salutò smuovendo delicatamente le dita della mano, prima di aprire il portone e uscire nell'aria fresca di aprile.
«Credo proprio, amico mio, che non sarà molto semplice afferrarle!» disse Louis avvicinandosi alla porta, ma quest'ultima venne spalancata dal professor Hill che li guardava infervorato dal suo metro e cinquanta di altezza. Aveva gli occhiali calati sul naso e la testa sollevata per guardare i due alunni attraverso le lenti sporche. «Styles, Tomlinson» sottolineò fulminandoli con lo sguardo, mentre da dentro la classe uscivano risolini e alcuni commenti idioti da parte di alcuni loro compagni di squadra. «In presidenza. Non vi piace urlare in mezzo al corridoio, invece di entrare e fare lezione?» disse sarcasticamente, dopodichè rientrò in classe sbattendosi la porta dietro.
Harry fece un grosso respiro, passandosi una mano tra i capelli. «Tanto che dobbiamo andare in presidenza, avrei voluto uscirne almeno con un nome in mano.»
«Harold, comunque credo che queste due cheerleader le vedremo più spesso di quanto pensiamo» disse Louis avviandosi per primo verso il corridoio della presidenza.

The match || l.t.  h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora