Il giorno dopo, quando Harry e Louis lasciarono la scuola alle cinque e mezzo, tirarono entrambi un sospiro di sollievo, finalmente liberi di aver consumato quella terribile punizione di segregazione nei cessi femminili di tutta la scuola. Louis stiracchiò le braccia alzandole verso il cielo azzurro e in prossimità del tramonto. «Mi sento libeeeeeero» ammise, strascicando le lettere come un bambino che ha appena raggiunto il suo obiettivo. Harry prese una grossa boccata d'aria e si girò verso l'amico.
«Peccato che non fumo, altrimenti la puzza mi avrebbe volentieri spazzato di dosso questo odore pungente di disinfettante, detersivo o quello che è. Credo che il mio olfatto sia stato seriamente compromesso.»
Louis gli passò un braccio sulle spalle mentre si avviavano lungo il marciapiede dov'era parcheggiata la sua macchina. «Io invece sono sicuro al cento per cento di aver lavato più bagni in questi cinque giorni che mia madre a casa.»
Harry aggrottò le sopracciglia. «Ehm, hai solo un bagno a casa, ovvio.»
Louis scosse una mano per aria, poi tirò fuori dalla giacca le chiavi della macchina. «Inutile discutere su questa cosa. Sali adesso.»
Harry lo guardò ironico. «Non accetto ordini da te, Tomlinson.»
Louis lo guardò rassegnato e aprì la sua portiera. «Allora ti lascio a terra, semplice.» E prima che mettesse in moto Harry si affrettò ad occupare il sedile del passeggero.
«E per oggi abbiamo finito ragazze» esordì l'allenatrice di Rachel ed Ivy, e le ragazze si avvicinarono alla panchina recuperando un asciugamano con cui tamponarsi le braccia, le gambe e il collo.
Ivy se lo passò sulla nuca, mentre Elizabeth si avvicinava al suo corpo minuto ma muscoloso. «Dobbiamo prestare più attenzione ai movimenti!»
Rachel alzò gli occhi al cielo e le appoggiò una mano sulla spalla sudata, facendo una rapida smorfia. «Quelli sono perfetti» annunciò, lanciando uno sguardo a tutte le altre ragazze sparse per la palestra e che stavano iniziando a raccapezzare le proprie cose.
Elizabeth, una delle più agili della loro squadra, lanciò le braccia al cielo. «Ivy, Rachel, non voglio che subiamo un'altra sconfitta come quella dello scorso anno, dobbiamo necessariamente conoscere i movimenti degli avversari, solo così potremmo stracciarli» urlò l'altra mentre l'allenatrice le lanciava uno sguardo di avvertimento.
Ivy si scosse i capelli blu con una mano, riavvivando i ricci che si era fatta quel giorno, nonostante i suoi capelli corti le arrivassero giusto al mento. La loro divisa rosa e blu risaltava sui loro incarnati pallidi, ed in particolar modo erano in contrasto con i suoi capelli. «Tranquilla Liz, ce ne stiamo occupando.»
Rachel guardò Ivy di sottecchi e poi scoppiò a ridere. «Mi piace la tua sicurezza in materia.»
Ivy sollevò le spalle incurante, celando un piccolo sorriso. «Mi so giocare gli assi nelle maniche.» Rachel le diede un buffetto sul braccio e lasciarono Elizabeth alle prese con l'allenatrice che le aveva chiesto di sistemare la palestra. Passarono rapidamente per lo spogliatoio e recuperarono la loro giacca che era talmente larga da arrivare sulle ginocchia. Quando uscirono dalla palestra, vennero investite dal vento tiepido e primaverile che quel giorno tirava e si alzarono i cappucci sulle teste, gli zaini che oscillavano sulle loro schiene. «Comunque» disse Rachel rompendo il silenzio che si era creato, «Harry e Louis non sono male.»
Ivy sollevò le spalle nuovamente, mentre si prendeva un chewingum che prese a masticare rumorosamente. «Nah» ammise senza mostrare alcun sentimento palpabile.
«E anche carini» continuò Rachel, osservando l'amica di sottecchi.
Ivy si girò, spalancando gli occhi. «Cosa vorresti insinuare?»
Rachel tirò in fuori il labbro inferiore, «Oh no, niente» disse sorridendo, continuando comunque a pensare a due iridi verdi che la sera prima l'avevano fatta sentire come se esistessero solo loro due al mondo, prima che Louis e la sua amica interrompessero quella magia che si era creata. Rachel prese il burro cacao dalla tasca della sua giacca e se lo passò sulle labbra sottili, quando Ivy socchiuse gli occhi leggermente, puntandoli su una macchina ferma al semaforo poco più avanti.
«Scusa, ma quella macchina...» iniziò, ma ebbe conferma dei suoi sospetti quando il finestrino del lato del guidatore si abbassò e Louis fece uscire la sua testa, sorridendo beffardo.
«Ma guarda un po' chi c'è» affermò il ragazzo aggiustandosi il ciuffo sugli occhi. «Due cheerleader di ritorno a casa.»
«E guarda un po' chi c'è» disse Ivy a sua volta, piegando le braccia sotto al seno, «due ragazzi appena usciti dai cessi della scuola.»
Harry sul sedile del passeggero scoppiò a ridere, battendo di tanto in tanto le mani tra loro, mentre il semaforo stava per passare sul verde.
Rachel sorrise di rimando a vedere il ragazzo divertito in quel modo e si morse il labbro inferiore, conficcandovi i denti bianchi.
«Touché» ammise Louis, poi fu costretto a procedere, salutandole con un cenno della mano e partendo a gran velocità. Rachel ed Ivy imboccarono la via e si divisero.
«Ci vediamo domani pomeriggio, okay?» disse la bruna mentre tirava fuori il suo telefono dalla tasca.
Ivy continuò a masticare la gomma indifferente e le alzò il pollice in risposta, dopodichè girò per la via perpendicolare a quella dell'amica, infilando le cuffie e mettendo play sul suo Ipod.
Camminava rapida per la via, impaziente di tornare a casa e lavarsi, lo zaino sulla schiena che oscillava ad ogni passo e il cappuccio sollevato sui capelli umidi di sudore. Incurante, prese la chewingum tra due dita e la buttò a terra, girando per imboccare la via della sua abitazione. Quando però staccò gli occhi dalla strada, notò una macchina parcheggiata esattamente davanti il cancello della sua imponente casa.
Louis era appoggiato sul fianco e quando notò la presenza della ragazza buttò lo sguardo su un orologio immaginario al polso. «No, no, no, signorina. E' in ritardo.»
Ivy buttò all'indietro il cappuccio, sollevando un sopracciglio e togliendosi solo una cuffietta. «Perché sei qui? Per accettarti che arrivassi sana e salva?» gli sorrise compiaciuta. «Bene, ora che sai che sono viva puoi andare» lo liquidò, spostandosi lo zaino su una spalla per prendere le chiavi del portone accanto al cancello. Louis si avventò su di lei e le bloccò il braccio, afferrandola piano per il polso. «Che vuoi?» sputò lei, continuando a guardarlo un po' infastidita.
«Mi chiedevo se ti andasse un gelato. Non è un appuntamento o altro, solo un gelato qui vicino.» E le mostrò la migliore faccia da cucciolo che gli riuscisse.
«Mi hai preso sul serio quando ieri sera ti ho accennato la ''prossima volta''» appuntò lei, chiudendo la mano con la chiave in un pugno.
Louis sollevò le spalle. «Concedimelo.»
Ivy sollevò la cuffietta e se la rimise nell'orecchio, mentre seguiva Louis con un cenno del capo. Il ragazzo si mordicchiò il labbro soddisfatto, dopodichè si andò a sedere al posto di guida, attendendo che anche la ragazza entrasse nella vettura. Ivy si chiuse la portiera alle spalle. «Una cosa veloce però, perché mi devo lavare e non sono nelle condizioni migliori affinché la gente mi guardi'» ammise, e si perse a guardare fuori dal finestrino, mentre Louis la portava nella gelateria più lontana per starle quanto più accanto possibile, mentre accendeva la radio e canticchiava le parole delle canzoni che passavano. Ivy si accorse della sua voce melodiosa e con un gesto affrettato spense l'Ipod, nonostante facesse ancora finta di ascoltare la sua musica racchiusa all'interno di quel piccolo oggetto. Ondeggiava ad un ritmo inesistente, beandosi solo della voce leggera di Louis che continuava a cantare convinto che lei non lo stesse ascoltando.
Giunti in prossimità della gelateria, il ragazzo spense la radio e parcheggiò in fondo alla strada. Ivy lasciò lo zaino sui sedili posteriori e gli andò dietro, seguendolo come una bambina con il suo papà. Louis si girò e le fece un sorriso, «E dài, vienimi accanto» disse e piegò un braccio sperando che lei lo stringesse, ma ovviamente Ivy non gli diede quella soddisfazione.
Non c'era molta gente a quell'ora, erano circa le sei, per cui presero il gelato e ognuno pagò per sè, solo perché Ivy l'aveva minacciato pesantemente. Si andarono a sedere in un tavolino basso in una piccola area adiacente, e Louis si gustava il suo gelato alla nocciola, mentre Ivy con la lingua leccava il suo cioccolato senza alcuna malizia. D'altronde nemmeno Louis lo faceva, e gli andava benissimo così. Ivy era diversa dalle altre ragazze che aveva conosciuto in quegli anni, ed era estremamente felice che non fosse uguale alle altre perché era stanco delle solite ochette lecca piedi. Ivy gli teneva testa e non si lasciava per niente intimorire, e poi Louis ci andava davvero piano con lei per la costante paura che venisse placcato a terra da una sua mossa rapida e segreta.
«Per quanto tempo hai fatto karate?» le chiese a quel punto, continuando a mangiarsi il gelato serenamente. Ivy guardò il suo cioccolato colare sulla cialda del cono.
«Quando avevo cinque anni avevo a che fare con numerosi bambini abbastanza violenti, e volli sentirmi potente come loro. I miei genitori erano contrari perché volevano che praticassi qualche sport più delicato e femminile, come danza, ginnastica ritmica o qualcosa che avesse a che fare con la musica.» Si bloccò per dare una rapida leccata al gelato, mentre Louis continuava ad osservare i suoi occhi scuri che rimanevano incollati sul cioccolato senza mai sollevarsi su di lui. Se quella fosse stata la condizione attraverso cui avrebbe imparato a conoscerla, allora l'avrebbe accettata con piacere. «Ma io ero ferma nelle mie intenzioni, e quindi ho praticato karate fino a due anni fa, quando ho ricevuto la cintura nera.»
«Adesso però» iniziò Louis, mordendo il bordo del cono in cialda, «stai accontentando i tuoi genitori, facendo la cheerleader, e quindi facendo uno sport collegato alla musica, oltre che ad un'intensa attività sportiva...un po' come la danza, ma molto più acrobatica» terminò e Ivy sollevò leggermente lo sguardo, incontrando il blu dei suoi occhi simile ai propri capelli che le accarezzavano il mento dolcemente. Sollevò le spalle per aggiustarsi la giacca che copriva interamente la sua divisa.
«Già» ammise, sorridendogli serenamente, poi si gettò con altra foga sul gelato e si sporcò la punta del naso. «Merda» disse cercando di rimediare un fazzoletto dal tavolino accanto.
Louis scoppiò a ridere e si sporse verso di lei, avvicinandosi. «Sei così carina con il naso sporco di cioccolato» ammise, stringendo le labbra. Ivy prese un fazzolettino e si fermò un attimo ad osservare Louis che continuava ad avvicinarsi al suo volto e spalancò gli occhi mentre il ragazzo inclinava leggermente la testa, mostrando chiaramente le sue intenzioni.
Louis stava socchiudendo gli occhi quando Ivy si pulì rapidamente il naso. «Fermati, se non vuoi un altro schiaffo.» E così Louis alzò gli occhi al cielo e ritornò a sedersi al suo posto, frustrato.
«Sai bene come mettermi i piedi in testa.»
Ivy scosse le spalle, «L'ho imparato con il tempo» disse e leccò nuovamente il suo gelato. Louis terminò il suo in due minuti, leccandosi le labbra soddisfatto, incrociando le braccia e appoggiandole sul basso tavolino, fermo ad osservarla.
«Mi metti in imbarazzo se continui a guardarmi mentre mangio - o meglio, lecco - il mio gelato.» E gli fece uno sguardo malizioso.
Louis scoppiò a ridere. «Cerco solo di capire se sei in grado di mostrare emozioni, ogni tanto.»
Ivy allontanò i resti del suo gelato dalle labbra carnose. «E' questo quello che pensi di me? Che sono insensibile?
«Non mi hai dato ragione di pensarla diversamente» ammise Louis abbassando lo sguardo, per la prima volta imbarazzato per essersi esposto così tanto.
Ivy puntò il suo sguardo sul gelato, e lo terminò in un minuto, pulendosi le labbra con lo stesso tovagliolo utilizzato prima. Dopodichè si alzò, controllando che la giacca non fosse sporca. «Andiamo via.» E si avviò verso l'uscita mentre Louis, in silenzio e le mani nella tasca del pantalone, la seguiva.
Una volta giunti in macchina, il tragitto verso casa di Ivy si rivelò alquanto imbarazzante perché non sapevano entrambi cosa dire, ma non ebbero motivo di pensare a qualcosa perché Louis girò e si immise nella via della sua imponente abitazione. Senza scendere dall'auto, Ivy si girò e recuperò lo zaino dal sedile posteriore, posandoselo sul sedile scoperto tra le sue gambe. Louis aveva lo sguardo dritto sulla strada, una mano intorno al volante e l'altra sul comando, immobile e scuro in viso. Ivy gli lanciò un'occhiata rapida, poi d'istinto - senza pensarci troppo su altrimenti se ne sarebbe potuta pentire - appoggiò la mano su quella del ragazzo stretta intorno al comando, accarezzandola delicatamente. «Grazie per la breve uscita, comunque.»
Louis scosse le spalle, non permettendosi di scostarle la mano delicata.
«Figurati» disse solamente, lanciando un rapido sguardo sulle loro mani unite. Ivy gli diede uno schiaffetto sul dorso, sorridendo con un angolo delle labbra. Sollevò un dito e gli sfiorò la guancia, come se fosse stato solo uno sbuffo di vento sfuggito alla corrente. Ci fu un attimo di silenzio, dopodichè abbandonò la macchina e si diresse verso il portone chiuso. Quando entrò in casa senza voltarsi, Louis si prese le mani tra loro, accarezzandosi il dorso toccato prima da Ivy e lanciando uno sguardo verso la casa che si stava via via illuminando. Si schiaffeggiò la fronte, uscendo dalla trance in cui la ragazza l'aveva fatto cadere senza che se ne fosse reso conto. «Ma cosa mi stai facendo!» E mise immediatamente in moto, volendo tornare a casa quanto prima.
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The match || l.t. h.s
Fanfic"«Devi smetterla, ok? Non puoi dire così.» «Cazzo, Harry, ti rendi conto che siamo in prigione?»" Harry e Louis, i due capitani della squadra di Dodgeball della loro scuola. Imbattibili, vincono ogni gara che venga loro proposta. Eppure, con la fina...