The match

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Vi scrivo prima del capitolo per avvisarvi di una cosa.
Questo è il capitolo della tanta agoniata partita, però sappiate che io non conosco il Dodgeball. Mi sono informata facendo delle ricerche, però alcune cose le ho cambiate per renderle conformi alla mia storia.
La distribuzione dei tre games di cui una partita si compone è vera, così come l'eliminazione totale dei giocatori per la vittoria.
Il resto è opera mia :)
Ci vediamo in fondo!

Quando la mattina seguente la sveglia suonò alle sette e mezzo, Harry era già sveglio.
Si rotolava nel letto in cerca di refrigerio, l'ossigeno della stanza esaurito a casa dei suoi respiri rapidi e profondi che non lo avevano fatto dormire poi molto. La casa prima che la sveglia avesse suonato, era stata in religioso silenzio, per questo - ormai rassegnato - si era messo con le mani intrecciate sugli addominali e lo sguardo rivolto verso il soffitto, la luce del sole che filtrava lentamente attraverso i buchi delle persiane abbassate.
Aveva lo stomaco sbarrato, non riusciva nemmeno a concepire l'idea di poter fare colazione, così quando la madre bussò alla porta della sua stanza, Harry grugnì infastidito. Spense con un gesto la sveglia, colpendola e facendola persino cadere per terra, le batterie che si riversarono fuori sul pavimento lucido della camera. Si tirò a sedere, appoggiando i piedi per terra e le braccia stese indietro.
Incominciò a fare nuovamente respiri profondi per calmarsi, ma ormai la finale distava solo due ore e mezza.
Appoggiò i gomiti sulle cosce e si prese la testa tra le mani, gli occhi chiusi, con le palpebre che vibravano leggermente.
"Harry, tesoro" Sua madre aveva abbassato la maniglia ed era entrata nella stanza, soffermandosi sotto l'arcata della porta. Quando vide Harry in quella posizione, gli si avvicinò e gli si sedette accanto sul materasso morbido del figlio, appoggiandogli affettuosamente una mano in mezzo alle spalle possenti. "Sono orgogliosa di te."
Harry strinse le labbra con i denti, gli occhi finalmenti aperti fissi sui suoi piedi nudi al freddo contatto del pavimento. Gemma e Des passarono nel corridoio, superando la sua stanza e avviandosi al piano di sotto per fare colazione.
Il ragazzo annuì, continuando ad aprire i suoi polmoni con la speranza di cogliere quanta più aria possibile e calmare i battiti del cuore. "Ti va qualcosa?" gli chiese Anne, iniziando a muovere la mano sulla schiena per confortarlo.
"Non ho voglia di niente, sto malissimo"
"Non puoi andare a stomaco vuoto!"
Harry staccò la testa dalle mani e guardò la madre con gli occhi verdi simili ai suoi. "Allora prenderò solo una tazza di caffè" disse storcendo il naso all'odore del bacon che Gemma stava preparando dalla cucina.
Anne sospirò rumorosamente, poi si alzò in piedi. "Ti conviene scendere, comunque"
Harry si alzò dal letto e aprì la finestra per far cambiare aria, gli uccellini che iniziavano a cantare sugli alberi alle spalle della sua abitazione. Andò subito in bagno e si fece una doccia fresca, rimanendo sotto lo sciacquone per un tempo infinito, poi dovette chiudere l'acqua quando Gemma aveva iniziato a picchiare forte i pugni contro il legno della porta chiusa. Una volta ritornato in camera, con solo un asciugamano addosso e i capelli bagnati, vide la divisa piegata sul letto rifatto e il borsone sulla scrivania, con un asciugamo ripiegato nell'angolo, un ricambio, tre bottiglie d'acqua e il sapone.
Strinse le labbra e si vestì, scendendo poi in cucina quando ormai erano le otto e mezzo.
Gemma aveva la borsa sul tavolo in cucina e stava prendendo le chiavi della macchina del padre per andare con delle amiche a fare shopping, mentre Anne finiva di versare in una tazza il caffè preparato con la macchinetta nell'angolo del piano cucina. Harry strinse il bicchiere e bevve il contenuto rapidamente, scottandosi la lingua, poi si sedette di fronte al padre che leggeva il giornale. Des sollevò lo sguardo dalla pagina, "Figliolo" iniziò per catturare l'attenzione del ragazzo, "comunque vadano le cose.."
"No, papà. Non ci deve essere nessun 'comunque'. Dobbiamo vincere, bisogna esserne convinti"
Anne lo guardò fiera e gli accarezzò il braccio lasciato scoperto dalla canotta della divisa. "E vincerete, Harry. Non permetterti di distrarti, è importante che tu possa guardarti attorno ed anticipare le mosse degli avversari"
Il figlio annuì, poi il campanello di casa suonò ripetutamente ed Anne andò ad aprire, scostandosi poi all'improvviso per lasciar passare Louis.
Harry si alzò in piedi alla vista del migliore amico, poi Louis si fermò sotto l'arcata della porta della cucina, la divisa aderente al corpo e il borsone lasciato cadere ai suoi piedi. Fece un passo e si buttò addosso ad Harry, stringendolo in un forte abbraccio, il cui unico scopo era infondere coraggio vicendevolmente. Il riccio ricambiò la stretta, poi lo guardò negli occhi chiari.
"Andiamo, Harold" disse Louis.
Harry annuì e tornò al piano di sopra per prendere il borsone e il telefono. Illuminò lo schermo e non trovò alcun messaggio. Ebbe un fitta improvvisa allo stomaco, eppure non ci badò più di tanto, scese subito le scale e abbracciò i genitori, i quali gli promisero che alle nove e mezzo sarebbero andati al palazzetto.

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