"Devi smetterla, ok? Non puoi dire così"
"Cazzo, Harry, ti rendi conto che siamo in prigione?" Louis urlò dal letto su cui si era seduto e che non aveva per niente voglia di abbandonare. Aveva le occhiaie ad oscurare il blu dei suoi occhi, le nocche della mano destra completamente spaccate e sporche di sangue ormai essiccato, i capelli scomposti e le gambe che si muovevano ritmicamente in preda all'agitazione.
Harry aveva la testa incastrata tra due sbarre della cella, le mani piene di tagli e cicatrici a stringere il metallo freddo e il taglio sul sopracciglio destro da cui il sangue continuava a scendere lentamente, accarezzandogli lo zigomo e poi la guancia.
C'erano diverse guardie sparse per tutto il carcere, ma a sorvegliarli era stato messo un certo sergente Malik che continuava a stare seduto alla sua scrivania, le caviglie incrociate e un giornalino di enigmistica sulle gambe. Non prestava loro nessuna particolare attenzione, nonostante fosse fermo lì a controllarli da almeno cinque ore.
"Non è stata colpa nostra!" rispose Harry a Louis sbuffando per l'ennesima volta, ma il moro poi si alzò dal letto rovinato e lanciò un pugno sul muro alle sue spalle, rovinandosi ulteriormente la mano.
"Sì, che lo è stata. Se non ci fossimo fatti abbindolare in quel modo, avremmo ancora il nostro titolo, la nostra squadra, il nostro futuro!"
Harry non poteva dargli torto, eppure non poteva dargli nemmeno ragione. Loro li avevano distrutti, e di certo la colpa non poteva ricadere solo sui due ragazzi.
Il riccio si staccò dalle sbarre della cella e si prese due ciocche di capelli tra i pugni, tirandosele in preda alla rabbia e alla disperazione, un miscuglio da cui non ne sarebbe mai potuto uscire qualcosa di buono. Louis, invece, massaggiandosi le nocche che avevano ripreso a sanguinare, iniziò a camminare avanti e indietro, come a voler consumare lo stesso tratto di pavimento lurido di quella cella in cui erano stati rinchiusi. Era impossibile credere che fossero in quella situazione...anzi, era assolutamente impossibile credere che tutto quello che era successo, fosse accaduto realmente. Insomma, Rachel ed Ivy?
Avevano rovinato la loro vita, imprigionandoli nella fitta tela che avevano creato con le loro abili mani, tenendoli in pungo e sfruttandoli per un proprio tornaconto.
Avevano perso ogni cosa, ogni singola cosa per cui avessero sempre combattuto, e loro gliel'avevano portata via a suon di baci, carezze e attrazione reciproca.
Harry si accucciò e colpì il pavimento ruvido, graffiandosi le mani più di quanto non si fossero già rovinate per aver quasi distrutto il palazzetto.
Era fumante di rabbia, frustrato, deluso e amareggiato.
Rachel gli aveva tolto il futuro, spiattellandogli in faccia il braccialetto della fortuna che le aveva regalato il giorno prima. Come aveva potuto cadere, come una donzella, tra le braccia di una persona che non aveva fatto altro che prenderlo per il culo tutto il tempo?
Louis, accanto a lui, lo guardò e gli appoggiò la mano sulla spalla che si muoveva rapida per i respiri profondi che il riccio stava tirando. Quando Harry si girò a guardarlo, Louis si rese conto dei suoi occhi iniettati di sangue, la ferita che colava leggermente dal sopracciglio destro e le labbra rovinate a furia dei morsi che vi aveva inferto sopra.
"Perché proprio a noi, Harry? Perché?" disse con un fil di voce, ma ciononostante il poliziotto alzò lo sguardo su di loro, sollevando un sopracciglio, per poi sbattere gli occhi riprendendo la matita in mano.
"Non lo so, Tommo" disse Harry staccandosi dalla sua presa sulla spalla, il corpo indolenzito per i movimenti e tutti i sentimenti contrastanti che albergavano in lui.
Louis si lasciò sedere per terra accanto all'amico, la testa tra le mani. Aveva creduto davvero ad Ivy quando gli aveva detto che gli voleva bene, le aveva creduto quando lo aveva fatto ridere e accalorare per la sua vicinanza, aveva creduto in ogni cosa che si erano detti, al suo carattere acido e alla sua mania dell'ordine. Invece l'aveva solo usato, giocandosi i suoi assi nelle maniche, utilizzando il suo carattere di merda contro Louis, il quale era stato troppo attratto da lei per potersi rendere conto dell'infamia che si nascondeva dietro i suoi gesti che, credeva, fossero dovuti all'attrazione che provava per lui. Ovviamente, a quel punto, pensare che in quel mese le fosse importato qualcosa era assolutamente inconcepibile.
"Sono stato un idiota a farle venire agli allenamenti" sentenziò a quel punto. "Credevo di poter fare colpo su di lei, ma invece il tutto si è tramutato in un'arma a doppio taglio per me e per te."
Il riccio si alzò e si andò ad appoggiare sul letto, il verde dei suoi occhi annebbiato e in contrasto con il rosso circostante. "Allora io non avrei dovuto neppure permettere che ci interessassimo così tanto" ammise, la voce ridotta ad un sussurro dopo tutti gli urli che aveva fatto in quel palazzetto quasi distrutto. Aveva le mani leggermente animate da un tremolìo continuo, la rabbia, il rancore che si stava ritagliando un baratro sempre più profondo dentro di lui.
Eppure, quando le avevano viste per la prima volta, avevano creduto davvero che fossero delle cheerleader, perchè tutto lasciava intendere quello, i pompom, le divise elastiche, le loro gambe muscolose.. forse persino il loro primo scontro era stato architettato in quel modo per far presa su di loro fin dal principio. Era impossibile credere che, almeno un po', fossero state felici di stare con loro. Era stata tutta una messa in scena, un piccolo spettacolino per mostrare la loro bravura, la loro abilità.
Ma ciononostante, Harry e Louis avrebbero tanto voluto prendersi a schiaffi, perchè gli indizi per smascherarle c'erano stati, il problema era il loro, che non erano stati arguti a tal punto da comprenderli fin da subito.
Il fischietto pendente dal borsone, i salti in alto che riuscivano a fare, la loro mancata bravura nel danzare, il fatto che non li volessero ai loro allenamenti, la loro strana felicità il giorno in cui avevano passato la selezione, i "mi sento in colpa", i "ti voglio bene", "ti adoro davvero" pronunciati fin troppo spesso...era stato tutto alla luce del sole, ma Harry e Louis ne erano stati solo abbagliati, senza vedere bene cosa si nascondesse dietro quella luminosità improvvisa che li aveva investiti da quel primo incontro/scontro a scuola.
Il telefono del sergente squillò forte nel silenzio in cui il corridoio era finito, Louis ed Harry fermi a rimurginare su quanto successo sentendo montare in loro un sentimento mai provato prima, le mascelle serrate e gli occhi che percorrevano ogni singolo dettaglio di quella cella. Malik rispose, poi sbuffò e ripose di nuovo la cornetta alzandosi in piedi. Si aggiustò la divisa stretta al corpo muscoloso, girò il cappello e strinse la cintura con la pistola in vita, prima di aprire la porta e abbandonare quel luogo.
Harry guardò Louis e fece un sorriso triste. "Ehi Tommo" disse senza alzare la voce, in quel momento non ce n'era bisogno. "Come vedi, anche in questa situazione terribile ci ritroviamo l'uno accanto all'altro"
Louis sollevò la testa e si spostò il ciuffo con un gesto rapido della mano, facendo poi una smorfia per il dolore alle nocche, le ferite troppo fresche perché non le sentisse affato, e non solo fisiche.
"Allora, Harold, credo che ci sia qualche legame che ci tiene assieme indissolubilmente" affermò, abbassando poi gli occhi e accarezzandosi i lividi che stavano apparendo sul dorso della mano, di un verde tendente al viola o viceversa, non se ne fregava più di tanto.
Circa dieci minuti dopo, il sergente Malik riaprì la porta, facendo alzare loro il capo, i capelli scomposti, le divise bianche e rosse completamente sporche e le occhiaie sotto agli occhi non dovute alla mancanza di sonno. "Siete liberi" annunciò il poliziotto facendo uscire un mazzo di chiavi dalla tasca e smuovendolo per trovare quella giusta.
Louis si alzò in piedi, lanciando un'occhiata al riccio che si avvicinò alla porta della cella, stringendo in una mano una sbarra.
Le luci al neon conferivano loro un profilo molto tetro, come se volesse mostrare esternamente il loro umore, i sentimenti che li stavano facendo ammuffire dall'interno, la voglia di esplodere e di coinvolgere chiunque avessero intorno, ma si trattennero anche quando Malik li accompagnò lungo la fine del corridoio, lasciandosi la stanza alle spalle.
Si sentivano dei ticchettii sul pavimento, il cielo che si intravedeva attraverso le finistre era colorato con le sfumature del crepuscolo, alcune stelle che apparivano pian piano.
Malik poi li superò con il suo passo rapido, la sua divisa e la sua barba curata a decorargli il mento, le sopracciglia folte aggrottate e le labbra carnose strette tra loro. Girò il pomello dell'ultima porta del corridoio, spalancandola. Louis ed Harry vennero investiti da un forte odore di disinfettante, Anne e Johannah dietro una scrivania che firmavano dei documenti e altri poliziotti che intimavano alle persone ferme nel grande atrio di fare silenzio.
Harry e Louis seguirono con il capo chino il percorso delimitato da una linea nera, poi il riccio alzò impercettibilmente lo sguardo sulla porta che avrebbe permesso loro di lasciare il carcere alle loro spalle. Ivy e Rachel erano lì, appena dietro la linea nera che delimitava il tragitto, le braccia a stringere i loro corpi e i loro volti ricolmi di chiazze rosse.
Anne e Johannah si guardarono, poi videro i loro figli e abbandonarono l'atrio uscendo su una porta secondaria, la cauzione pagata che costava loro fin troppi soldi.
Harry, appena vide le ragazze, serrò le mani in due pugni stretti pronti a colpire qualcosa o qualcuno, e Louis se ne rese conto, guardando di sottecchi una chioma turchese che si era appena resa conto della loro apparizione.
I due ragazzi girarono il volto dalla parte opposta, facendo finta che non fossero lì, come se non esistessero, oppure come se fossero solo dei fantasmi di ciò che sarebbero potute essere con loro. Le due ragazze respirarono più rapidamente e si avviarono verso la stessa porta da cui erano uscite le loro mamme, mentre Louis ed Harry acceleravano il passo per allontanarsi quanto più possibile.

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The match || l.t. h.s
Fanfiction"«Devi smetterla, ok? Non puoi dire così.» «Cazzo, Harry, ti rendi conto che siamo in prigione?»" Harry e Louis, i due capitani della squadra di Dodgeball della loro scuola. Imbattibili, vincono ogni gara che venga loro proposta. Eppure, con la fina...