"I found her!"

327 19 10
                                    

L'ultima campanella della giornata suonò con veemenza, mentre tutti gli studenti raccoglievano i libri dai banchi e li gettavano nelle proprie tracolle per allontanarsi quanto prima dell'edificio. Erano le tre e mezzo, e mentre Jason, Liam e Michael si avviavano verso l'ingresso, Louis ed Harry cercarono di infilarsi nella folla per non dare nell'occhio. Quando furono sul punto di uscire fuori, un collaboratore scolastico sbarrò loro la strada ponendoli davanti il braccio steso, neache fosse un vigile urbano con il compito di regolare il traffico. «Dove credete di andare?» sibilò, mentre intorno gli studenti se la ridevano per la sorte capitata ai due ragazzi. Harry e Louis si lasciarono andare ad un sospiro sconsolato, mentre il collaboratore panzuto con l'indice indicava loro lo stanzino delle scope. «Sono Bud e sono stato incaricato di supervisionare la vostra punizione. Vi mancano ancora quattro giorni per terminare» finì sorridendo mentre li accompagnava verso la stanza dalla porta accostata leggermente.
Louis si aggiustò le cinghie dello zaino sulle spalle, mentre Harry lasciava cadere la tracolla del suo borsone nelle mani del collaboratore che, una volta spalancata la porta, stese loro la mano per mantenere gli zaini. Louis, vedendo l'amico, lasciò lo zaino per terra e si prese lo strofinaccio e i guanti in lattice, mentre Harry prendeva la scopa e il detersivo, con il secchio ancora vuoto e da riempire. Diedero le spalle al collaboratore mentre la scuola ormai si era svuotata e si avviarono verso i bagni.
Che poi, perchè non avrebbero dovuto lavare quelli maschili? Almeno quello, diamine.
Il bagno femminile del secondo piano era quello che toccava pulire quel giorno, e quando si avvicinarono alla porta, vennero inebriati da quella solita puzza terribile.
«Santo cielo» disse Louis mentre si tappava con due dita le narici, «io non sopravviverò a tutto ciò.»
Harry abbassò la testa e la rialzò subito per far scostare i lunghi capelli ricci dagli occhi, mentre con il secchio in mano si avvicinava alla prima porta. Louis infilò i guanti facendoli scattare contro la pelle e appoggiò il detersivo sul bancone dei rubinetti. «Beh, buon lavor-» ma venne interotto da un'imprecazione di Harry che rimaneva sul ciglio della porta con una mano premuta sulla bocca. «Fammi indovinare, assorbenti usati?»
Harry girò la testa verso di lui, scuotendola orripilato. «Peggio» affermò facendo un passo indietro e Louis si sporse per vedere, per poi scoppiare a ridere.
«Ieri dicevi a me, ora tocca a te ripulire il vomito per terra» disse cercando di trattenere le risate di fronte alla faccia schifata di Harry. Il riccio rovistò all'interno della borsa che il collaboratore gli aveva dato e trovò un sacchetto di segatura.
«Almeno non lo tocco» disse, e ne sparse su tutta la superficie. Che poi, perchè la gente non poteva svuotare lo stomaco nel cesso, ma sul pavimento accanto? Il water era lì per una ragione, diamine. Mentre la segatura assorbiva il vomito, Harry immerse lo strofinaccio nel secchio pieno di detersivo mentre Louis passava il suo sullo specchio macchiato di...rossetto?
Harry iniziò a lavare la parte circostante evitando accuratamente la segatura, mentre i capelli gli cadevano davanti agli occhi. «Giuro, fare questo "lavoro" è così...»

«...rilassante!» Ivy si lasciò cadere sul lettino, i capelli blu che le incorniciavano la testa mentre il sottofondo musicale inebriava le loro orecchie. Rachel le si stese sul lettino accanto con solo un asciugamo a fasciare i loro corpi, mentre attendevano che arrivasse il massaggiatore. «Venire al centro benessere dopo gli allenamenti è stata un'idea geniale» continuò Ivy chiudendo gli occhi mentre nella stanza si riversava ancora qualche voluta di vapore proveniente dalla sauna da cui erano appena uscite. Rachel aveva i lunghi capelli marroni raccolti in una crocchia sfatta, mentre Ivy lasciava il suo caschetto libero di circondarle il volto abbastanza paffuto. C'era una calma estenuante lì dentro, un posto da cui non avrebbero mai voluto uscire. Entro cinque minuti sarebbero arrivati i massaggiatori che le avrebbero cullate per altri trenta minuti.
Rachel sorrise, totalmente rilassata. «Sai a cosa sto pensando, Ivy?»
L'amica si girò, guardandola con i suoi occhi scuri. «A cosa?»
Rachel chiuse gli occhi, schiudendo le labbra screpolate per il troppo calore della sauna. «A ieri sera» affermò, ripensando a due meravigliosi pozzi verdi che non si staccavano dalla sua figura. Non aveva mai visto quel ragazzo, eppure un tale fascino non le sarebbe mai potuto rimanere celato ancora a lungo, ed era molto lusingata di aver colto le sue attenzioni. I ragazzi che le andavano dietro non le mancavano, ma quel riccio aveva un non so chè che l'attirava parecchio, come se fossero legati in un qualche modo a entrambi sconosciuto. Si chiese cosa stesse poter fare in quel momento, quando sentì uno sbuffo lasciare le labbra di Ivy.
«Siamo al centro benessere, e tu pensi a quei due? Incredibile, solo Rachel Dare avrebbe potuto perdersi in questi pensieri.»
La mora si girò a guardare l'amica che intanto si rimirava le unghie appena curate, accarezzandosi lo smalto verde acido. «Possibile che tu non possa pensare a quel Louis che - detto tra noi - pendeva dalle tue labbra?» chiese atona, con un sopracciglio sollevato.
Ivy sollevò un indice, bloccandola. «E' possibilissimo, mia cara. Non mi importa niente di lui, non lo conosco e non intendo farlo. Non sai che tipo di ragazzi ci sono in giro? Quei due sono il prototipo del 'puttaniere', hai presente?»
«Ma di certo non puoi classificarli tali se non hai idea di chi possano essere» affermò Rachel con la bocca storta in una smorfia dubbiosa. «Parti troppo prevenuta.»
«E mi va bene così, non ho intenzione di dare confidenza» puntualizzò Ivy mentre una porta dal fondo della stanza si apriva e due ragazzi muscolosi con solo un costume nero addosso si avvicinavano con due ciotole piene di olii e creme profumate. «E ora, amica mia, pensiamo a rilassarci ulteriormente» disse mentre si metteva in pancia in giù e si toglieva l'asciugamo di dosso, rivelando la schiena nuda al massaggiatore che le si era messo accanto. Rachel sorrise, imitando l'amica, poi si lasciarono cullare dalle mani esperte dei due ragazzi appena entrati e dal cinguettìo degli uccellini in sottofondo, la stanza nella penombra e la mente finalmente libera da qualsiasi tipo di pensiero, lontana da occhi verdi e capelli ricci scomposti.

Alle cinque e mezzo Harry e Louis lasciarono le scope e finalmente si decisero a lasciare la scuola, un'altra giornata conclusa dopo aver ripulito quello schifo.
«Credo che le ragazze - sapendo che laviamo noi i bagni - si diano alla pazza gioia solo per lasciarci più lavoro da fare!» affermò Louis mentre si avvicinavano alla macchina della mamma di Harry parcheggiata sul marciapiede. Anne aspettava al volante, con le dita che tamburellavano sulla circonferenza del manubrio e lo sguardo perso sulla strada di fronte. Louis diede una pacca sulla schiena ad Harry, «E' venuta la mammina?»
Il riccio diede un pugno sul bicipite dell'amico, «Idiota, solo perché era di passaggio. Ti pare che mi faccio venire a prendere da lei?»
«Beh-»
«Zitto.» E aprirono le portiere infilandosi nella vettura.
«Certo che siete entrambi due idioti» salutò Anne mettendo in moto, «dieci ore di pulizie nel cesso.»
«Ciao anche a te, Anne» fece Louis appoggiandosi lo zaino accanto e tirando fuori il telefono.
Harry era seduto sul sedile del passeggero, la testa appoggiata al finestrino, esausto.
«Tanto che ci siamo» fece Anne lanciando un'occhiata al figlio e poi osservando Louis attraverso lo specchio retrovisore, «Perchè non mi lavate casa? Sono stata fuori tutto il tempo e una mano mi servirebbe...»
«Sicuramente» rispose sarcasticamente Harry e Louis scoppiò a ridere, mentre la madre del riccio, scuotendo la testa, imboccava la strada per lasciarlo a casa sua.
Quando lasciarono Louis, Anne fece retromarcia e si avviò lungo la strada principale che li avrebbe portati a casa. «Qualcosa non va, Harry?» chiese vedendo il figlio con la testa ancora appoggiata al finestrino e gli occhi persi ad osservare la strada che gli passava davanti.
Il ragazzo avrebbe potuto dirle che pensava a delle ciglia lunghe, a delle labbra piegate in un sorriso ironico, a dei capelli scuri che ricadevano lisci lungo la schiena, ma la sua bocca si lasciò sfuggire solo «Sono stanco», pensando di porre fine a quella conversazione che stroncò sul nascere. Anne guardò il figlio di sottecchi, poi parcheggiò di fronte al cancello della loro abitazione.
«Sicuro?» chiese, aprendo la portiera e abbandonando la vettura.
Harry sbuffò rumorosamente mentre prendeva lo zaino posato ai suoi piedi, «Sì, mamma, ma anche se fosse non verrei di certo a dirlo a te» puntualizzò, sperando che la madre si rassegnasse, ma era ostinata come lui.
«Se si tratta di ragazze-»
«Non si tratta di un cazzo» disse suonando al citofono e facendosi aprire la porta da Gemma che aveva il suo libro di letteratura in mano, «Chiamami quando è pronta la cena» terminò andando al piano di sopra e chiudendosi alle spalle la porta della sua stanza.
Aveva necessariamente bisogno di sgombrare la mente.
Chissà però se quella cheerleader lo avesse pensato anche solo un istante, ma si appisolò con quel pensiero in testa, cadendo nell'oscurità del silenzio.
Dieci minuti dopo si svegliò per la vibrazione insistente del suo cellulare nella tasca della giacca con la quale si era addormentato, e con gli occhi per metà chiusi lo tirò fuori mentre un bussare forte gli giungeva dalla porta. «Dai, coglione, alzati, è pronto, e di certo non ti aspettiamo se non scendi entro cinque secondi.»
«Rompipalle» urlò Harry a Gemma con la voce leggermente impastata, poi appoggiò pesantemente la testa sul cuscino e rispose al telefono. «Dimmi.»
«Ho trovato Ivy su Facebook, incredibile!»
Harry fece un grosso sospiro, cercando di imporsi un certo autocontrollo. «E a me cosa minchia dovrebbe fregare?» disse calmo, passandosi la mano libera sulla faccia e leccandosi le labbra secche.
«Si chiama Ivy Johonson e- sai le tipe di Tumblr? Bene, ha il profilo tempestato di foto del genere!»
«Louis, mi spieghi cosa ci fai tu su Tumblr?» chiese Harry con le labbra strette tra loro per non scoppiare a ridere.
Dall'altra parte della linea cadde un silenzio imbarazzante. «Ho due sorelle in casa di quattordici e sedici anni, mi capita spesso di vederle su quello schifo di social.»
«Disse quello che si fa le seghe dopo aver trovato una ragazza su Facebook.»
«'Fanculo Harold, e io che volevo dirti che nelle foto è sempre presente la sua amica....ma vabbè, ora continuerò a godere di fronte queste immagini senza la privacy» disse sarcasticamente Louis, mentre Harry si metteva seduto di scatto e si premeva il telefono all'orecchio.
«In tutte le sue foto c'è Rachel?» chiese, e ogni tentativo di cacciarla fuori dalla sua mente cadde miseramente.
«Sì, ma a te che importa? Non sei il paladino che va contro Facebook?»
«Non ho mai detto di esserne contro, l'importante è saperlo utilizzare adeguatamente...ma dimmi, come fa di cognome?»
«Non te lo dico.»
«Fottuto stronzo, domani ti faccio pulire la mia merda, te lo giuro» fece Harry aprendo la porta e fiondandosi al piano di sotto, vedendo suo padre che abbandonava il salotto per avvicinarsi in cucina da cui proveniva un odore buonissimo. «Ora devo andare, e faresti meglio a dirmelo per messaggi.» E gli chiuse il telefono in faccia prima che potesse rispondere.
Se Rachel non avesse voluto conoscerlo, allora lui avrebbe conosciuto lei, in un modo o nell'altro.

The match || l.t.  h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora