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  Il giorno dopo, in classe, durante l'ora di chimica, Harry e Louis si sedettero insieme nell'ultima fila, quella accanto alla finestra, non tanto per distrarsi facilmente, quanto per poter utilizzare il telefono senza essere scoperti.
Harry aveva lo sguardo puntato sul nome "Rachel" in rubrica, indugiando se inviarle un messaggio o meno. Non voleva sembrare invadente, nè darle fastidio fin da subito. Sapeva come fossero le ragazze, ovvero attendevano che a cercarle fosse il maschio, ma poichè si trattava di Rachel, Harry non ne era così sicuro. E se le avesse scritto e lei avrebbe ignorato il messaggio perché troppo occupata a rispondergli, o più semplicemente a non preoccuparsi di lui? Non erano due amici qualsiasi, ma nemmeno conoscenti...giusto un gradino più in alto in quella fase di stallo che permette ad una delle due parti di farsi avanti. Ma Harry non voleva essere di troppo o infastidirla in qualche modo, per questo, nonostante avesse indugiato su quel pulsante dalla sera prima, bloccò lo schermo e lo appoggiò sul banco, allontanandolo.
«Sei davvero un deficiente» bisbigliò Louis mentre era impegnato a giocare ad un partita di calcio sul suo telefono. «Anzi, più che deficiente sei fin troppo pignolo. Quanti problemi che ti fai per scriverle soltanto. Devi agire di impulso» terminò, facendo un goal.
Harry si appoggiò sul palmo della mano piegata sotto alla testa, spostando lo sguardo fuori dalla finestra mentre il professore annunciava qualcosa come "nomenclatura tradizionale", non ne era sicuro.
«Vedi io ed Ivy, per esempio. Non abbiamo mai chattato, eppure ero tanto così dal baciarla.»
Harry fece un verso esasperato con la mano libera. «Perché ti avventi troppo, Tommo. Io non sono come te, devo prima farla interessare come si deve, e poi passo al gradino successivo.»
«Che sarebbe?»
«Portarla fuori con me tutta la sera?»
Louis mise in pausa il gioco, «Te la vuoi fare subito!?»
Harry trasalì e gli diede una botta sul braccio. «Non adesso, cretino! E smettila di urlare perché altrimen-»
«Scusatemi» disse il professore mentre tutto il resto della classe si girava verso di loro. Si sentirono venti paia di occhi guardarli attentamente, perforandoli e studiandoli come se fossero delle cavie. «Vi dispiacerebbe prestare attenzione a quello che sto dicendo? Non vorrei che poi, signor Styles, lei venga a lamentarsi della sua terribile condotta con me» terminò, ed Harry non potè ribattare perché altrimenti l'avrebbe cacciato dalla classe. Louis sghignazzò sul suo banco, riprendendo la partita quando il docente si fu girato per scrivere alcune formule e classificazioni alla lavagna. Tenava il gesso impugnato tra due dita quando, senza voltarsi, urlò a gran voce: «Tomlinson, lasci immediatamente il telefono sulla cattedra in tre secondi» e Louis sbuffò rumorosamente, spegnendolo.
«Prof, mi mancava un goal per vincere il match» disse, e il docente con un dito lo invitò ad abbandonare la classe. Quando Louis uscì sbattendosi la porta alle spalle, Harry quasi si stese sul suo banco, annoiato a morte per quella lezione del cavolo. Era sul punto di addormentarsi quando una vibrazione sfiorò il suo braccio, e sollevò la sua testa riccioluta verso il telefono che si era illuminato. Scattò sull'attenti e quando vide il nome Rachel capeggiare sullo schermo, lo aprì immediatamente e lesse: Ti va di vederci oggi? R x
Spostò la sedia di lato catturando l'attenzione di tutta la classe, mentre il professore, per lo spavento, lasciava cadere a terra il gesso. «Styles» urlò, ma Harry uscì dalla classe senza che il professore gli intimasse di farlo. «Vada a raggiungere il suo amico ché è l'unica cosa che gli riesce meglio» sibilò il docente mentre Harry, felice, usciva dalla classe, sbattendosi la porta sulla schiena.
Trovò Louis seduto per terra con le spalle appoggiate al muro dietro di sè. «Perché hai un sorriso che ti va da un orecchio all'altro?» gli chiese mentre si mangiucchiava un'unghia. Harry gli si accovacciò davanti, girando il telefono verso di lui.
«Nooooo, non ci credo» ammise l'amico, prendendolo in mano. «Uscirete insieme?»
Harry sorrise con convinzione. «Certo, anche se ancora non le ho risposto, ma non potrei mai rifiutare un invito da parte sua, diamine.» Si accostò all'amico e si sedette per terra, rispondendo subito al messaggio.
Ci vediamo da Macy's?
Si appoggiò il telefono sulle cosce, mentre Louis gli chiedeva di scriverle il numero di Ivy così che anche lui potesse chattare con lei, nonostante Ivy non gli avrebbe mai risposto.
Harry sentì il telefono vibrare e lo riafferrò subito.
Mi va benissimo. Ci vediamo lì alle 19.30? x
«Vuoi davvero portarla a cena come primo appuntamento?»
Harry sollevò le spalle. «Non vedo quale sia il problema. Se vuoi, stasera le chiedo il numero di Ivy» gli propose, ma Louis gli rispose con un gesto incurante della mano.
«Fa nulla, tanto ad Ivy non interesserò mai come voglio» ammise sconsolato.
Harry si incupì vedendo il suo amico. «Ti prometto che parlerò a Rachel, Ivy cadrà ai tuoi piedi, fidati di me.»
«Lo spero, Harold, lo spero.»



Quel pomeriggio, uscendo da scuola, Harry non si fermò agli allenamenti, preferì tornare a casa. Nonostante sapesse che Jason l'avrebbe preso in giro in quanto non era stato coerente con quanto detto il giorno prima a mensa, aveva cose più importanti a cui pensare piuttosto che ad un solito allenamento che faceva dall'inizio dell'anno. Mancava un mese al campionato contro la squadra avversaria, aveva tutto il tempo del mondo per allenarsi, mentre non sapeva se con Rachel sarebbe arrivato così lontano, e quindi coglieva ogni attimo come se fosse l'unico e solo.
Mentre Harry se ne tornava a casa, Louis rimase a scuola a sorbirsi i discorsi idioti dei suoi compagni, Liam e Niall che parlottavano tra loro sulla festa che si sarebbe tenuta quel venerdì a casa di Michael, organizzandosi sugli acquisti che a ciascuno spettavano. Louis si avvicinò a bordo campo prendendo una palla e soppesandola tra le mani, i muscoli delle braccia che guizzavano sotto la sua pelle chiara e in parte coperta da tatuaggi fatti più per passare il tempo che per un significato celato dietro quei quintali di inchiostro nero. Stava facendo ruotare la palla intorno all'indice quando Jason gli si mise accanto e, sfiorandola, la fece cadere per terra, facendola rimbalzare sul terriccio del campetto.
«Dov'è Harry, Tomlinson?»
Louis si accovacciò e si riprese la palla in mano, sorridendogli. «Non vedo perché dovrebbe interessarti» gli rispose, palleggiando per terra come se si stesse preparando ad un tiro al canestro. Jason bloccò il salto della palla afferrandola tra le sue grosse mani, girandosela tra le dita mentre Louis gli si metteva di fronte con le braccia incrociate al petto.
«E' un po' incoerente con quello che ha detto ieri, o sbaglio? Nessuno avrebbe dovuto trovare una scusa per allontanarsi dagli allenamenti. Che c'è, è troppo impegnato per battersi contro di me?»
«Sai che Harry è uno dei più agili della squadra, nonchè capitano. Tu invece chi sei, Jason? Solo un giocatore...» disse Louis, sfidandolo con lo sguardo.
Jason si prese il labbro carnoso tra i denti. «Scommetto che è impegnato con qualcuna» alluse e Louis gli strappò la palla dalle mani.
«Non sono affari tuoi.»
«Magari con quella..Rachel, no? E' davvero bellissima» affermò, sorridendo di fronte al cipiglio del ragazzo.
«Non provare, e intendo non tentare davvero, a posare gli occhi su di lei, mi hai sentito bene?» gli disse, stringendo la palla tra le due mani callose.
Jason si avvicinò a Louis, i nasi che quasi si sfioravano. «Io mi prendo quello che voglio quando voglio. E di certo sapere che Harry ci va di mezzo non potrebbe sfiorarmi nemmeno...anzi, sarebbe un buon motivo per batterlo.»
Louis gli puntò l'indice sul petto. «Harry è migliore di quanto pensi, e non credere che Rachel sia così semplice. Ora però mettiti al tuo posto, e inizia a giocare» impose Louis, allargando le narici.
«Altrimenti che fai? Mi lanci questa» disse indicando la sfera che Louis stringeva tra le sue mani, «nelle palle? Tanto tu e Styles siete bravi solo in quello» e fece un passo indietro.
«Adesso» appuntò Louis mentre vedeva Jason sbuffare, nonostante sul suo volto ci fosse ancora quel sorriso beffardo che avrebbe voluto togliergli a furia di pallonate in faccia.
Quando il coach suonò nel fischiettò, Louis fece di tutto per focalizzarsi sulle mosse atletiche degli altri compagni, Niall e Liam che se la cavavano egregiamente, mentre Jason era davvero abile. Louis pregò che i rapporti non si incrinassero maggiormente perché lui rappresentava uno dei migliori giocatori della squadra, e se Jason ed Harry avessero collaborato mettendo in atto le loro mosse segrete, allora avrebbero vinto sicuramente.
Quando il coach fischiò nuovamente, diede la possibilità ai ragazzi di ritirarsi prima, e Louis ne fu davvero entusiasta. Quel giorno era più stanco del normale, e quando si avvicinò agli spalti recuperando la giacca e il borsone, strascicò i piedi. Meno male che si era protratto avanti con lo studio, perché non aveva la benchè minima voglia di aprire un libro a casa. Si avviò verso il cancello aperto del campetto per uscire sulla strada quando vide Ivy appoggiata al muretto che ne costeggiava il perimetro, il telefono in mano e gli occhiali da sole sollevati sulla testa.
«E tu che ci fai qui?» le chiese avvicinandosi. La ragazza sollevò lo sguardo e gli sorrise, togliendosi gli occhiali di dosso e buttandoli nella borsa sorretta dalla spalla esile.
«Girovagavo da queste parti e ho riconosciuto la tua voce squillante ad un miglio di distanza» affermò, mettendosi in piedi. La testa di Ivy arrivava al suo mento, le braccia incrociate al petto e le labbra carnose arriciate.
«So di avere la voce squillante, ma di certo non mi aspettavo che tu rimanessi qui ferma ad ascoltarla» rispose Louis a tono, lasciando cadere il borsone per terra.
Ivy sollevò le spalle incurante. «Come vuoi. Comunque» disse indicando il cancello aperto da cui stava uscendo il resto della squadra. «Non sapevo praticassi il Dodgeball a livello scolastico» ammise lei sorpresa.
Louis sorrise compiaciuto e soddifsfatto. «Come vedi, anche io so essere misterioso alle volte.» Poi riprese il borsone sulla spalla. «Sono il capitano della squadra.»
«Siete davvero bravi. Mi piacerebbe tanto saper giocare a Dodgeball» disse lei, controllando l'ora sul telefono. Louis sollevò le spalle.
«Se vuoi, poi, potresti venire a vederci.»
Ivy si bloccò in mezzo alla strada, «Dici davvero? E' possibile?»
Louis sorrise sornione. «Certamente, ma possono entrare solo le fidanzate dei giocatori agli allenamenti» le rispose lui, trattenendo una risata sguaiata.
Ivy si bloccò, sollevando un sopracciglio. «Okay, allora non verrò mai» ammise sfidandolo e accelerando il passo sul marciapiede.
«No, no, Ivy aspetta! Scherzavo.»
«Tanto per cambiare.»
«Ma non abbiamo già avuto questa discussione?» ammise Louis, ricordando di quel giorno al supermercato.
Ivy si leccò le labbra prima di predere il labbro inferiore tra i denti. «Probabile.»
«Possono venire anche le amiche» rimediò a quel punto il ragazzo, non volendo perdere quel fazzoletto che gli era stato messo sotto il naso per essere afferrato al volo prima che il vento se lo trasportasse via. Com'è che diceva il poeta latino Orazio? Carpe diem.
«Allora si potrebbe anche pattuir» ammise Ivy quando Louis si bloccò accanto alla sua macchina. «Beh, allora ci si vede» disse, svoltando l'angolo.
Louis la chiamò, facendola voltare. «Ti va di vederci stasera?»
Ivy sollevò il sopracciglio, facendo schioccare le labbra. «Se ti va, io sono pronta» ammise sollevando le spalle. «Basta che tieni le mani a posto e non dici niente di inappropriato come fai sempre» terminò, avvicinandosi alla macchina dopo il cenno di Louis.
Quando entrambi furono sulla vettura, Louis mise in moto e si girò verso di lei. «Però passaremo da casa mia.»
Ivy sollevò le spalle incurante. «Ti aspetterò in macchina» ammise, tirando fuori il telefono dalla tasca dei suoi jeans.
Louis la guardò sconcertato. «Saresti disposta ad aspettare in macchina tutto il tempo?»
Ivy allargò le braccia esasperata. «Non sei una donna, quanto ci potrai mai mettere? Mezz'ora? Non entrerò a casa tua, che sia chiaro.»
Louis girò sulla destra, «Ma mia madre ha fatto i biscotti...» alluse, sperando di convincerla. Infatti vide Ivy girarsi verso di lui, con la bocca aperta.
«Biscotti?» chiese, ma poi divenne seria di colpo. «Mi dispiace Tomlinson, sono allergica alla pasta frolla. Ritenta la prossima volta, sarai più fortunato.»
Louis sbattè le mani sul volante e non potè che scoppiare a ridere. Ivy, nonostante avesse provato a trattenersi, si lasciò coinvolgere ed entrambi ridevano per la prima volta senza insultarsi o senza fare battute squallide. Giunti sotto casa del ragazzo, Ivy si mise comoda e iniziò ad usare il telefono, mentre Louis usciva dalla vettura. «Ci metterò poco.» E si inoltrò nell'appartamento, da cui pochi minuti dopo uscì una ragazzina dai capelli chiari e il volto coperto da uno spesso strato di fondotinta.
Ivy sollevò la testa proprio mentre la ragazza si avvicinava soffermandosi ad osservarla. «Ma questa non è la macchina di mio fratello?» chiese, tenendo in mano il telefono bianco.
Ivy si girò verso di lei, accennando un sorriso di circostanza. «A meno che non l'abbia fottuta a qualcuno, sì, credo che sia la sua macchina. Sei sua sorella?»
«Oh santo cielo» disse lei, avvicinandosi al finestrino. «Non posso credere che mio fratello esca con una. Ecco perché si stava affrettando a lavarsi.» Stese la mano davanti alla faccia della ragazza. «Sono Charlotte, tu?»
«Ivy» rispose, stringendogliela, «è un piacere» disse, nonostante fosse leggermente infastidita da quella ragazza apparentemente arrogante.
La sorella di Louis le guardò i capelli, studiandoli. «Quando hai fatto il colore?»
Ivy si sfiorò i capelli con la mano, «Credo da tre settimane, perché?» chiese acida.
Charlotte li rimirò. «Sono bellissimi» affermò, poi prese il suo telefono, aprendo la fotocamera e allontanandolo, «Facciamoci un selfie
«Cosa? Perché?» chiese Ivy, ma non potè che sporsi e sfornare un sorriso abbastanza decente perché Charlotte era pronta a schiacciare il tasto.
«Sembri un tumblr girl, ecco perché. Sei bellissima e poi potrei ricattare mio fratello.»
Ivy scoppiò a ridere, «Oh, mi piace la tua perfidia.»
Charlotte sollevò le spalle, «E' stato un piacere, Ivy. Ora devo proprio andare, altrimenti faccio tardi. Spero di rivederti qui molto presto.»
Ivy le fece un cenno della mano, senza risponderle. Chissà se l'avrebbe mai rivista.
Un quarto d'ora dopo la porta d'ingresso si aprì e uscì un Louis preparato a pennello, con una giusta dose di dopobarba addosso. Quando entrò in macchina, l'abitacolo venne investito dal suo profumo e Ivy inspirò a fondo. «Buono. Mi piace questa colonia.»
Louis sorrise compiaciuto. «Meglio così. Ti va di andare al Luna Park? Ho scoperto che è in città.»
Ivy annuì, «Perchè no?» E si avviarono, mentre nella macchina risuonava una leggera melodia dallo stereo che li accompagnò fino a destinazione.



«Questo piatto è di tuo gradimento?» chiese Harry, assumendo il miglior tono da critico culinario. Rachel assaggiò la portata, gustandola e portando il sapore sul palato per apprezzarlo meglio.
«Buonissimo, signore.» Poi prese il bicchiere d'acqua, sorseggiando delicatamente.
Quando si erano incontrati da Macy's Harry credeva sarebbe stata una serata imbarazzante perché tra loro c'era una specie di chimica incomprensibile, e quindi procedevano con cautele per non correre il rischio di saltare in aria. Invece si rivelò fin da subito una splendida serata. Parlavano del più e del meno senza alcuna malizia, alternando conversazioni accese con silenzi asfiassianti mentre mangiavano le portate che avevano ordinato. Avevano deciso di pagare il conto a metà ciascuno, perchè Rachel non voleva approffitarsene, quando invece Harry ne sarebbe stato entusiasta, ma non tirò la corda più di tanto. In quel momento stavano assaporando il dessert, una panna cotta decorata con una glassa al caramello. Harry l'aveva provata più volte, così propose anche a Rachel di prenderla così che potessero condividere qualcosa che piaceva ad entrambi. Quando abbandonarono il locale, rimasero in piedi sull'uscio del ristorante, ondeggiando sui talloni. Harry si grattò la nuca, mentre Rachel si portava un dito alla bocca, torturandoselo. Era vestita in maniera molto semplice, un paio di zeppe, degli skinny neri e una maglietta beige con lo scollo a V.
Harry era vestito completamente di nero, tranne per i suoi immancabili stivaletti consunti. «Spero sia andato tutto bene» disse imbarazzato, puntando i suoi occhi verdi in quelli cervoni della ragazza che sorrideva con un angolo della labbra sottili leggermente colorate.
«Più che bene. Sono stata benissimo» ammise, stringendosi le mani tra loro e ondeggiando come una bambina.
«Vuoi che ti riporti a casa?»
Rachel si fermò. «Non voglio che questa serata finisca così presto, sono a malapena le dieci e mezza» ammise lei, con un angolo della bocca sollevato verso l'alto.
Ecco, quello Harry di certo non se lo aspettava. Pensava che dopo la cena avrebbe voluto tornarsene a casa, mentre Rachel gli stava chiedendo implicitamente di portarla da qualche altra parte. Qualche posto interessante dove poter andare...?
«C'è il Luna Park in città» gli disse lei, sorridendo beffarda.
Harry sorrise annuendo con il capo. «E Luna Park sia. Ti porterò ovunque tu voglia.»
«Non sono in vena di una scena stile Titanic» ammise lei, aprendo la portiera della macchina di Harry che, gentilmente, si era fatto prestare dal padre.
«Okay, allora non rispondermi.» E si allontanarono verso il Luna Park. La gente infuriava tutta intorno e persero una decina di minuti per trovare un posto abbastanza vicino all'ingresso. Quando lo sorpassarono, la musica era altissima, così come tutte le giostre che presentavano ciascuna una fila chilometrica. «Dio, non ne usciremo più» disse Harry a voce alta affinchè lei lo sentisse. Rachel si avvicinò ad Harry, stringendosi la borsa al petto affinchè potesse controllarla meglio.
La ruota panoramica capitanava su tutto il parco dalla sua altezza, e nonostante avessero il London Eye giusto a qualche chilometro di distanza, perché non usufruire in quel momento di una copia più piccola e tranquilla, senza alcuna vista panoramica?
«Ti va di andare lì su?» le chiese allora, avvicinandosi al suo orecchio.
Rachel guardò la ruota e ingoiò a vuoto. «Okay» ammise a corto di saliva. Quando fecero il biglietto erano circondati da coppiette o gruppi di bambini in attesa, e quando una navicella si liberò di fronte ai loro occhi, il proprietario della piccola ruota panoramica li fece accomodare. Rachel si mise quanto più lontana possibile dal basso cancello, stringendosi la borsa, Harry le si sedette accanto, fissando la catena. La ragazza guardava in basso, poi quando la ruota venne messa in moto e iniziarono il loro percorso ascendente, guardò fissa avanti a sè mentre Harry come un bambino urlava vedendo la gente farsi sempre più piccola. Quando si girò verso Rachel, la trovò con gli occhi spalancati e immobile. «Ehi, ehi, che succede?» disse, smuovendola delicatamente. «Perché non guardi in giù?» chiese vedendo le altre coppiette circondarli. Rachel scosse la testa.
«Guarda anche per me, per favore. Io non me la sento.»
Harry avrebbe tanto voluto buttarsi giù dalla ruota panoramica. Possibile che non si fosse reso conto prima che Rachel ne fosse terrorizzata? Si avvicinò al suo piccolo corpo, sfiorandole il braccio. «Perdonami, non lo sapevo. Perché non me lo hai detto? Saremmo andati da qualche altra parte...»
«No, no. Va bene dai, non è così male, tanto adesso scendi-»
La navicella singhiozzò un secondo, prima che si fermasse del tutto, galleggiando per aria. «Gentili passeggeri, non fatevi prendere dal panico ma c'è un piccolo guasto tecnico. La ruota si è bloccata e sono già stati chiamati gli addetti. Vi preghiamo di restare calmi e di non muovervi all'interno delle navicelle e scusate il disagio» risuonò nell'altoparlante e Rachel iniziò a respirare pronfondamente in preda al panico.
«Harry..» disse con un filo di voce. Erano nel punto più alto e il ragazzo avrebbe voluto farla scendere immediatamente, ma vedendola farsi così piccola, con l'agitazione a mille, non potè che sporsi verso di lei e stringerla tra le sue braccia muscolose. Rachel si aggrappò ad Harry come se fosse un'ancora presso cui trovare salvezza. I suoi respiri erano rapidi e la sua testa era appoggiata al petto di Harry. Il vento sfuriava intorno a loro facendo ondeggiare la navicella leggermente, e strinse maggiormente la presa intorno alle braccia di Harry che la chiudeva al suo petto, tenendola ben stretta. Il ragazzo aveva il mento appoggiato sulla sua testa. «Va tutto bene, Rachel, va tutto bene. Stai tranquilla, la stanno già aggiustando» disse, vedendo gli uomini in basso smanettare con attrezzi dalle forme più stravaganti.
Dopo quelli che alla ragazza parvero secoli, la ruota ebbe uno scossone e ricominciò a muoversi, sotto uno scroscìo di applausi da tutti i passeggeri. Harry rimase attaccato a Rachel, «E' finita» disse, accarezzandole i capelli lunghi, mentre la ragazza si stringeva alla sua schiena. Si staccarono solo quando l'uomo ordinò loro di scendere, ed Harry abbandonò la navicella per primo, tenendola per mano.
Quando furono fuori, l'abbracciò. «Perdonami, ti prego. Non mi permetterò mai più di farti una cosa del genere.»
Rachel tirò su con il naso, accarezzandogli la schiena possente. «Scusami tu per non averti detto niente.»
Quando Rachel si staccò, Harry sentì improvvisamente freddo. «Vuoi tornare a casa?» le chiese lui, premuroso. Lei annuì, stringendo le labbra, e mentre loro due si allontanavano lentamente, Louis e Ivy si stavano scontrando sulle macchine da scontro, gioendo come bambini. Erano stati su tutte le giostre del Luna Park, mancavano solo le tazze girevoli che avrebbero fatto subito dopo. Quando scesero andarono dritti a prendere i biglietti, i capelli scompigliati e le risate che li scuotevano, oltre che all'adrenalina che pompava nelle vene. «Dai, dai» esortò Ivy mentre prendeva posto sulla tazzina. «Vienimi vicino» disse, prendendo Louis per il polso, mentre il proprietario chiudeva lo sportello. Ivy aveva un sorriso che le andava da un orecchio all'altro, e Louis si soffermò a guardarla, non avendola mai vista così bella e si disse che in futuro, qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe voluto ricordarsela così.
Quando la giostra venne messa in moto, Ivy strinse la sbarra di metallo e incominciò a girare, e Louis la seguì a ruota, girando velocemente e incessantamente. Ad un certo punto il volto di Ivy si piegò in una smorfia e: «Louis, falla fermare prima che vomiti» urlò al di sopra della musica, e Louis si avventò sulle sue mani per bloccare l'asse di metallo. La tazza incominciò a rallentare il suo movimento rotatorio, con Ivy che aveva gli occhi stretti e la bocca aperta per prendere ingenti boccate d'aria. Quando scesero dalla giostra, Louis stava relativamente bene, mentre Ivy vedeva il mondo girarle intorno vorticosamente, così il ragazzo le tenne la mano stretta nella sua, approfittando della situazione. Sentiva la mano fredda contro la sua, più grande, che la teneva ben stretta, protetta. Rimasero così, mano nella mano, anche quando Ivy si fu ripresa, nonostante le imprecazioni che lanciava di tanto in tanto per quella "giostra maledetta", nessuno dei due con la voglia di lasciare la mano dell'altro. Quando salirono in macchina, Louis fu costretto a lasciare la presa e la condusse a casa, parcheggiando sotto l'imponente portone, osservando Ivy scrivere qualcosa su un pezzettino di foglio tirato fuori dalla sua borsa immensa. «E' stato bello» disse Louis, girandosi verso di lei. Ivy gli sorrise e prima che potesse pensarci troppo gli lasciò nella mano il foglietto con il suo numero di telefono.
«Solo perché ti sei comportato bene» disse e scese dalla macchina, fermandosi sul finestrino abbassato. «Ci vediamo presto, okay?» disse lei, indietreggiando piano.
Louis strinse la presa sul foglietto mentre la vedeva uscire le chiavi per aprire il portone, così spalancò la sua portiera e scese dalla macchina, raggiungendola subito. Si bloccò ad un passo da lei, e Ivy si girò con le chiavi in mano. Louis si sporse verso di lei, ma prima che potesse rovinare tutto, si spostò e le diede un leggero bacio sulla guancia.
«A presto» la salutò e tornò in macchina con le guance chiazzate di rosso. Ivy sorrise e quando lo vide partire si accarezzò la guancia, entrando a casa dopo una lunga giornata.
Intanto Harry aveva insistito affinchè Rachel gli dicesse la via in cui abitava, e per prevenire qualsiasi attacco, disse: «Giuro che non mi presenterò mai qui sotto, se non lo vuoi.» E così la ragazza gli spiegò la strada. Sotto al portone Rachel trasse un profondo sospiro e si girò verso Harry che aveva una mano stretta al volante, lo sguardo cupo. «Harry» disse per attirare lo sguardo del ragazzo, «non preoccuparti, davvero.»
«Non volevo che la sereta ti venisse rovinata in quel modo.»
«Ma non si è rovinata. E' stata fantastica» ammise sorridendogli, finalmente calma.
Harry scosse il capo e lei gli prese il mento, facendolo girare. «Davvero. Smettila di prendertela con te stesso.»
«Ma-"
«Niente ma.» E aprì la portiera, ma prima che scendesse Harry le prese la mano.
«Grazie per essere venuta, comunque.» E sollevò la mano all'altezza delle sue labbra, lasciando sul dorso un piccolo bacio delicato come una piuma.
Rachel sorrise e poi scese dalla macchina.
«Grazie a te per tutto.» Poi entrò in casa, mentre Harry sentiva la pella calda della sua mano ancora a contatto con le sue labbra.
Era stata una serata fantastica, nonostante tutto, e non poteva terminare che nel migliore dei modi.



N/A

Scusate la lunghezza del capitolo, ma era necessaria ahahha

Sappiate che nel prossimo accadrà finalmente qualcosa :)

Kisses  


The match || l.t.  h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora