12.
Rimasi in silenzio a guardare il principe Maximus, i capelli e gli occhi azzurri che, il momento dopo della verità, iniziarono a ricordarmi pericolosamente quelli del padre, il Re.
Dopo un lungo silenzio feci un passo indietro e mi mossi per fare una riverenza ma lui mi fermò di scatto, mettendomi una mano sul braccio prima che potessi inchinarmi a lui.
«No, no, la prego», il suo tono era supplichevole e mi chiesi se mi avesse detto la verità.
Suo padre era schietto, furbo e letale, come una bestia pronta ad attaccare.
Mentre Max, il principe Maximus, sembrava docile come un agnellino.
Dovevo fidarmi di lui?
Poi ricordai il patto con il Re, ciò che Kovu aveva proposto per proteggere la mia vita.
«Mi spiace, non volevo spaventarvi», disse lasciando il mio braccio, «speravo solo che la verità funzionasse questa volta».
Mi venne quasi da ridere.
Verità? Ma di quale verità stava parlando?
«Si vede che non siete abituato a uscire molto dal vostro palazzo, mio principe», sorrisi nervosamente, dandogli le spalle e riprendendo a camminare, con lui al mio fianco.
«Avete pienamente ragione», si mise avanti a me e, sorprendendomi, si inginocchiò, afferrandomi una mano e portandosela sugli occhi come gesto simbolico, «A confronto degli occhi tuoi è vero, non sono nient'altro che cieco», rimasi immobile fin quando non tolse le mie dita dalla sua visuale, lasciandomi finalmente libera, i suoi occhi mi guardavano supplichevoli e quella sensazione mi fece tremare.
Come potevo decidere di aver pietà per il figlio di un uomo che mi aveva strappato via tutto?
Mi mancò il respiro e pensai che scappare fosse l'unica saggia decisione da prendere, ma sapevo a cosa sarei andata incontro: se il Re avesse saputo dei miei mancati doveri avrebbe fatto di tutto per farmene pentire, facendomi sbattere fuori da palazzo e uccidendo la mia famiglia.
Il Re, mi ripetei ancora immobile, la mano del principe ancora così vicino alla mia, il Re farebbe tutto queste cose, la mia mente vagava in milioni di ipotesi, suo figlio farebbe la stessa cosa?
Provai improvvisamente pena per quel ragazzo, all'apparenza così simile a suo padre e nello spirito così diverso, così cieco come lui stesso aveva preferito definirsi.
Provai compassione per il nome che portava, per l'ombra che sarebbe sempre stato dietro alle spalle del padre.
Un suono improvviso mi costrinse a voltarmi; le porte si spalancarono di colpo, sbattendo rumorosamente lungo le pareti esterne, facendo fuoriuscire la musica da ballo, con tutte le chiacchiere, le risate e le follie di chi aveva bevuto fin troppo.
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The white knight
FantasyAlba, figlia di un cavaliere del Re, ha diciassette anni e vive nella costante ombra gettata dalla Città, così chiamata per essere l'unico luogo, nell'intero Stato, a possedere la tecnologia necessaria per la sopravvivenza. Essendo suo padre un s...