20.
Lena mi punse più volte mentre rammendava un pezzo dell'abito per la sera che si era strappato durante il tragitto dalla base alla mia stanza.
«Signorina, la prego, stia ferma», dimenticai persino che, agli occhi di tutti, lei era una domestica ed io la padrona, ma ero troppo allegra per rimanere immobile, tanto che mi allungai verso di lei per stringerla in un abbraccio, «beh, così mi sarà ancora più difficile fare il mio lavoro, signorina Alba», ridacchiò tra sé e sé la donna, pungendomi ancora una volta.
Questa volta balzai sul serio come una gatta a contatto con l'acqua fredda.
«E' che sono troppo su di giri per rimanere al mio posto, dovete scusarmi Lena», tentai di rimanere immobile ma le parole di Kovu risuonavano nella mia mente come una dolce melodia che non voleva abbandonarmi; scivolava come un brivido sulla mia pelle facendomi venir voglia di piroettare su me stessa, ridere e ballare come se non ci fosse nulla di brutto su questo mondo.
«Oh, e si può sapere perché la signorina è così tanto contenta?», borbottò Alice con voce acida.
Le lanciai un'occhiata attraverso lo specchio e la vidi armeggiare con ago e filo lungo un meraviglioso abito bianco con le maniche ricamate in pizzo e il lungo strascico.
Un secondo sguardo cadde su Lena che mi sorrideva come se conoscesse già la risposta.
«Beh, per il ballo di stasera, ovviamente!», tornai a guardare Alice, incantata dall'abito bianco tra le sue dita abili da sarta e mi chiesi a chi sarebbe toccato quell'abito meraviglioso.
«Pensavo non piacessero queste cose alla principessina», il suo tono iniziava a farmi innervosire.
«Taci, Alice», l'ammonì Lena mettendosi in piedi.
«No, parla pure, cosa intendi dire?», mi voltai di scatto e la gonna, nera e voluminosa, mi seguì con un suono simile ad un tuono strozzato da una potente raffica di vento.
Fuori pioveva a dirotto, non aveva mai smetto da quando io e Kovu eravamo tornati alle porte del palazzo reale, già bagnati come due pulcini. Non c'era nessuna guardia ad aspettarci fuori, erano tutte impegnate, secondo Lena, per il ballo di quella sera che, aveva esclamato, avrebbe previsto un importante annuncio del Re che richiedeva quindi ogni tipo di sorveglianza all'interno del palazzo e non fuori.
«Beh, lo vedete questo vestito, no?», ne alzò il corpetto a cuore e ornato di sottili punti luce che risplendevano a contatto con la luce elettrica del lampadario sopra alle nostre teste, «Per chi credete che sia? Non per me sicuramente», la sua voce era acida come un limone, le dita iniziarono a tremarmi per il nervosismo.
Ma cosa stava blaterando? Quello non poteva essere di certo il mio...
Oh mio Dio.
I pezzi di un puzzle si unirono l'uno con l'altro, contro ogni mia volontà.
I modi gentili del Re nei miei confronti quella mattina, la cena e l'annuncio di quella sera, la voce di Alice che mi chiamava principessina, l'abito bianco.
Mi voltai di scatto verso Lena, in cerca di risposte.
«Lena, è la verità?», sentii le lacrime affollarsi alla base degli occhi, bruciare le sclere, supplicandomi di farle cadere.
La domestica abbassò lo sguardo ed io mi portai entrambe le mani alla bocca, sperando di riuscire a trattenere le urla di rabbia che si stavano scatenando dentro di me, pronte ad uscir fuori.
«E' solo una voce di corridoio, Alba, nulla di ufficiale», i suoi occhi trovarono i miei e ne fui rassicurata, nonostante le sue parole suonassero tanto come una bugia.
STAI LEGGENDO
The white knight
FantasyAlba, figlia di un cavaliere del Re, ha diciassette anni e vive nella costante ombra gettata dalla Città, così chiamata per essere l'unico luogo, nell'intero Stato, a possedere la tecnologia necessaria per la sopravvivenza. Essendo suo padre un s...