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Quante possibilità c'erano che avrei mai rivissuto quella scena nella vita reale come in un sogno?

Vi ero io, in ginocchio a terra, il lupo albino avanti a me che alzava la testa mostrandomi i suoi inquietanti, eppure bellissimi, occhi color sangue, c'era il suo branco che mi circondava, e Kovu, infondo, che si avvicinava lentamente, affascinato dalla scena.

Quando fu a meno di cinque passi dal branco e dieci da me, il mio corpo scattò come una molla.

«Kovu, no!», mi alzai di scatto ma, quando l'adrenalina del momento finì, il mio corpo cadde rovinosamente a terra, faccia nel fango, dita nella terra umida, il vestito ormai ridotto a brandelli.

«Alba!», il cavaliere fece per avvicinarsi ma un grosso lupo nero si voltò, rompendo la formazione, e iniziò a ringhiargli contro ed avanzare lentamente, portando così ad un indietreggiamento da parte di Kovu, che, però, continuava a fissarmi con sguardo spaventato.

Sentii i lupi rimettersi in piedi e l'alpha farsi sempre più vicino a me, rimanendo ad una distanza di circa un metro, guardandomi attentamente coi suoi occhi rossi, per poi muovere di scatto il capo verso destra, come se avesse notato qualcosa al di fuori della radura.

Non capii subito che quello era un segnale.

Con un balzo, il grosso lupo dal manto nero, saltò su Kovu, atterrandolo.

Questo ringhiò, abbassò l'enorme bocca sulla sua gola, mostrando i denti e facendo scivolare la bava sul suo volto.

Il cavaliere si dimenò, tentò di sfuggire alla presa, di allontanare il lupo, ma sapeva benissima che, se avesse anche solo provato a fargli del male, avrebbe avuto tutto il branco contro.

Tentai di mettermi in piedi, feci forza sulle braccia per alzare la testa dal fango, ma ero debole, sciocca e stupida.

Tutti quello che stava accadendo era solo la personificazione delle mie paure.

I lupi non gli avrebbero fatto del male.

Kovu sarebbe stato bene ma dovevamo andar via da lì, e alla svelta.

«No...», tentai di mettermi in piedi, ancora e ancora, ma solo una quarta volta notai lo sguardo dell'alpha su di me e, nei suoi occhi rossi, notai un emozione, uno squarcio di luce che mi ricordò terribilmente gli occhi di mio padre quando mi vedeva fallire, una volta dopo l'altra, e non smetteva mai, neppure un minuto, di incoraggiarmi, fin quando, finalmente, riuscivo a completare il mio obiettivo.

E, nonostante il lupo fosse solo una belva e per molti un animale senz'anima, capii perfettamente ciò che stava tentando di fare.

Non poteva corrompermi come faceva mio padre quando ero bambina: pulire la camera per una bella mela succosa, o imparare a memoria la poesia della scuola per un biscotto della panetteria più famosa di Città. L'alpha mi stava semplicemente spronando a rimettermi in piedi, trionfante: mettersi in piedi e salvare Kovu, o altrimenti il cacciatore sarebbe stato sbranato dal suo branco.

Perché una persona come tante non poteva affrontare il dolore, non avrebbe potuto nulla contro il Re, non avrebbe mai potuto farsi fiancheggiare da un branco.

Ma forse il cavaliere bianco sì.

«Kovu», il mio fu solo un sussurro e fui certa che il cavaliere non mi avesse sentito, ma nutrivo ancora in me la speranza di poter guardare ancora i suoi occhi verdi e pallidi.

Feci forza sulle braccia, equilibrai il peso su tutto il corpo affinché non precipitassi di nuovo nel fango, posizionai bene i piedi e mi tirai su con uno scatto.

The white knightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora