14.
Per il resto della notte e l'inizio della mattinata, non feci altro che aspettare sue notizie.
Ma Kovu non arrivò, né lettere o messaggi scritti a mano per autenticare le sue parole.
Mi venne da ridere pensando che, in realtà, non conoscevo neppure la sua scrittura.
Infondo lo conoscevo così poco!
Conoscevo, invece, la scrittura tondeggiante di mia madre, che rifletteva quasi la morbidezza del suo essere o quella netta e precisa di mio padre.
Avevo imparato a giustificare e comprendere quella tremante di Roman, dovuta alla fretta e alla poca pratica, eppure, dopo quella che mi pareva un'eternità, non avevo ancora visto scrivere Kovu neppure una volta.
Mi chiesi come fosse: forse pulita e tagliente come i suoi attacchi? O forse confusionaria e piena di sfumature, come le ombre che caratterizzavano la sua figura?
Sospirai, guardando ancora una volta fuori dalla mia finestra, ammirando il bel giardino.
Pensai alla sera precedente, al mio casuale incontro col principe e la voce di Kovu che chiamava il mio nome.
Non sapevo se fidarmi di Max, il principe dalle due facce, come una medaglia, o come lo stesso stemma reale che, in più di un occasione, ornava il collo dei reali appeso ad una sottile cordicella d'oro, eppure sapevo per certo, malgrado tutto, di potermi affidare ciecamente a Kovu e a mio padre, che l'aveva scelto appositamente per proteggermi.
Per proteggermi, bisbigliavano i miei pensieri nella profondità della mia mente, per volere di mio padre o per il suo?, d'altronde non potevo non pensare alla scenata della sera prima, in quella stessa stanza, dove aveva proclamato, ancora una volta, che avrebbe persino attentato alla vita del principe Maximus pur di proteggere la mia.
Che si fosse accorto dell'enorme sbaglio che aveva commesso, promettendomi a lui?
Nella mia mente giunsero frastagliati i pensieri e gli scalpitii del mio cuore, ricordando quasi con paura il momento in cui la fronte di Kovu si era appoggiata alla mia, le nostre mani fuse come un tutt'uno ed i suoi occhi nei miei.
Mi mancò il respiro rievocando nella mia mente le parole non dette del cavaliere: «Alba, io...»
Che fosse stato solo frutto dell'alcol, o semplicemente temeva di spiegarmi una verità che non prevedeva nessuna delle strane fantasie che la mia immaginazione stava creando, sfuggendo così ad ogni mio controllo?
Chiusi gli occhi ed immaginai un mondo senza guerra, dove non esistevano Re o principi e nemmeno dame a cui essere promesse contro il loro volere.
Un mondo semplice dove persino due anime, così distrutte e così diverse tra loro, come la mia e quella di Kovu, potessero stare insieme e fondersi in una sola come in un lungo, eterno, abbraccio.
Lena ed Alice, le stesse domestiche che erano venute a farmi visita la sera stessa della festa, tornarono entusiaste con un nuovo abito che, citando Alice, avrebbe lasciato tutti a bocca aperta durante la colazione.
Effettivamente era un po' troppo appariscente per i miei gusti, di quel rosso acceso e con quel fiocco terribilmente sporgente tra la schiena ed il fondoschiena, ma sapevo di non potermi ribellare.
Optai però per un trucco semplice, quasi invisibile, e decisi di non indossare nessun tipo di gioiello.
In realtà tutto ciò che desideravo davvero era sapere di Kovu, il quale non si era fatto vivo per ben tre giorni lasciandomi senza alcuna notizia che potesse rincuorarmi.
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The white knight
FantasyAlba, figlia di un cavaliere del Re, ha diciassette anni e vive nella costante ombra gettata dalla Città, così chiamata per essere l'unico luogo, nell'intero Stato, a possedere la tecnologia necessaria per la sopravvivenza. Essendo suo padre un s...