26. Nessuno si salva da solo.
Mi sentii scuotere appena il braccio. Sgranai gli occhi. «Ehi...» bofonchiai assonnata. «Annabelle sta per andare all'aeroporto con papà. Andiamo a salutarla».
Scendemmo di sotto e ad ogni passo ero sempre più triste di dividermi da lei. Era così tenera, e non l'avrei quasi più incontrata. Vidi che stava salutando i fratelli, ed aveva un adorabile cappellino di paglia sulla testa. Dopo aver salutato Jake, mi commossi un po' quando mi strinse con forza la vita. La sollevai e la baciai sulla guancia tante e tante volte. Mi strinse il collo per un'ultima volta e la riaccompagnai a terra. Salutò con la mano, e poi la strinse a quella del padre mentre si dirigeva in macchina. Il sole stava tramontando, e il cielo era rosa e arancione. Lo guardai per un po', poi Andrew uscì con dei suoi amici, Matt si chiuse nella sua camera e sentivo un leggero languirono nello stomaco. Salimmo nella sua moto per andare a prendere delle pizze, dato che sarebbero arrivati anche Cass, Luke, Aaron, Trenton e qualche altro suo vecchio amico. Lo strinsi con forza mentre gli davo tanti piccoli bacini sulla schiena. Gli accarezzai la pelle sopra alla maglietta durante il rosso. «Se inizi a fare così torno indietro» scherzò facendomi sorridere. Pensai che il giorno precedente era stata un gran fortuna che fosse il ventesimo giorno, dopo il primo giorno della mia settimana "no". Comunque sia era meglio non rischiare. Era un po' imbarazzante, ma non mi sembrava il caso di rimanere incinta a diciotto anni. «Senti.. Ce li hai i cosi?» farfugliai. «Non è una parolaccia» ridacchiò «con chi pensi che facessi sesso, coi muri?» scherzò. «Sul serio? Per me?» domandai mentre un sorriso mi si disegnava in viso. «Sul serio, per te» disse mentre sentivo milioni di farfalle nel mio stomaco. Lo strinsi ancora più forte, pensando a quanto mi amasse. Chiunque desiderava essere amato come lui amava me. Me. Una ragazza stupida e ribelle con milioni di problemi. Non pensavo che mai qualcuno l'avrebbe fatto ma mi sbagliavo. Fermò la moto, e guarda un po' arrivammo davanti ad un distributore di preservativi. «Vai» ridacchiò sapendo che non l'avrei mai fatto. «Scordatelo» dissi seria. Scese dalla moto e si avvicinò al distributore senza problemi. Io con la gente che mi guardava mi sarei sentita molto in imbarazzo. Rimontò. «Ci voleva molto» disse prima di baciarmi a stampo. Gli strinsi le braccia addosso. «Sono timida» «lo so, ed è una cosa stupenda.» Si voltò nuovamente e non riuscii a cancellare quel sorriso dal mio volto. Posai la testa sulla sua schiena ed infine arrivammo alla prima pizzeria. Si fermò ed entrando inebriai quell'ottimo profumo di pizza. «Jake!» disse l'uomo dietro al bancone. Aveva una gran pancia, e un po' di barbetta bianca. «Da quant'è che non vieni!» disse subito dopo. «Ehy..» rispose lui passandosi una mano tra i capelli.
«Che vi preparo a te e alla tua.. Amica?» insinuò rivolgendomi lo sguardo. «Ragazza» lo corresse sorridendo. Era vero? Mi faceva una stranissima sensazione sentirgli dire che io ero la sua ragazza. Notai la sua affascinante fossetta e mi strinsi al suo braccio. «E che bella ragazza che ti sei fatto!» esclamò sorridendomi. Sentii uno strano accento. Probabilmente napoletano. «Preparaci quattro pizze margherite e... Vuoi qualcos'altro?» Mi chiese. Diedi un'occhiata «cosa sono quelle?» domandai indicando delle specie di crocchette mentre ero ancora avvinghiata al suo braccio. «Crocchette di pollo, patate e qualche supplì bellezza» rispose strofinandosi la pancia. «Io voglio un supplì» risposi. «Dacci qualche supplì e boh fai un po' te Frank» disse Jake. Uscimmo dal locale in attesa che preparasse e si accese una Marlboro Gold. «Perché ha detto che non passavi da molto?» «Mi da fastidio il suo accento e lo evito» confessò. Scoppiai a ridere. «Eviti una persona per un motivo del genere?» «L'hai sentito parlare? È fastidioso» ridacchiò. Gli posai la fronte sul mento. «Ti amo» sospirai. Mi prese il viso tra le mani e l'emozione che sentii in quel momento era indescrivibile. Mi baciò lentamente, mentre il mio corpo si riempiva di brividi. «Ti amo anch'io.» Socchiusi gli occhi mentre ero appoggiata al suo petto. Presto uscì un altro pizzaiolo con una busta in mano. «Ecco fatto» disse con lo stesso accento dell'altro. Jake l'afferrò «quant'è?» chiese. «Ha detto che per voi quindici dollari.» Lui gli diede una banconota da venti e poi si affacciò. «Ci vediamo Frank» salutò con la mano. «Ciao ragazzi, passate» rispose lui.
Mise la busta nella cassetta della moto e tornammo in strada. Al rosso attraversò un uomo con un tamburo sulla pancia. Lo martellava ripetutamente ed era insopportabile. Passò a chiedere elemosina tra i veicoli e poi si avvicinò. «Canto e voi datemi i soldi per favore» supplicò con le mani a coppa. Mi stupii quando Jake tirò fuori una banconota da dieci. «Tieni ma ti prego smetti di fare casino» disse serio. Scoppiai a ridere e gli colpii la gamba. «Scherzava. Non l'ascoltare sei forte» dissi io sorridendogli. Ci rimanevo male per le persone che lui trattava male. Prese i soldi e ringraziò prima di andarsene. «Sei così cattivo» ridacchiai prima che venisse il verde. «Sei così splendidamente compassionevole. Che ti importa non li conosci» disse lui. Risi e scossi la testa. Arrivammo sotto casa sua, dove vidi sette otto ragazzi sul cancello. Cass fumava seduta, Luke stava chiacchierando di qualcosa con Aaron e Trenton, e poi c'erano tre ragazzi che non avevo mai visto. «Finalmente!» esclamò Cass in nostra direzione. Prese la pizza dalla cassetta mentre scendevo dalla moto. «Cosa mangi per essere ogni secondo che passa più bella?» mi chiese facendomi sentire in imbarazzo. «Ce lo chiediamo tutti» disse Jake baciandomi la testa. Sorrisi e poi Luke intervenne. «Non mi mollerai per Lexie vero?» domandò. «Potrei farlo.. È molto più simpatica di te» scherzò prima di baciarlo. Lui mi strinse la mano e poi mi presentò i tre. Austin, Styles e Nate. Gli ultimi due si assomigliavano parecchio, e non impiegai molto a capire che fossero fratelli. «Chi c'è in casa?» domandò Cass. «Non lo so» rispose Jake infilando la chiave nella serratura del cancello.
Iniziò a propagarsi l'odore umido della pioggia, che non faceva altro che ricordarmi la notte passata. La pioggia divenne un vero simbolo di quel bellissimo momento. Inspirai a pieni polmoni e percorsi il giardino con la mano incastrata alla sua. Entrammo tutti in casa, tra chiacchiere e battute mi trovai in un ambiente davvero familiare. Stappammo qualche birra e poi mi sentii prendere una mano. Diedi un morso a quel pezzo di pizza e poi lo lasciai sul cartone. «Dove stiamo andando?» «Vieni» disse conducendomi per le scale. Arrivati in soffitta mi diede uno slancio per arrivare sul tetto. La vista era meravigliosa. Il cielo era di quel colore bello e indefinibile, e in lontananza si scorgeva per sino il mare. Mi strinsi alla sua maglietta profumata. «A te sembra reale?» domandò inspirando. «Tutto questo?» chiesi guardandolo negli occhi. «Ho paura di svegliarmi..» disse con le labbra sui miei capelli. «Allora torniamo a casa» risposi rivolgendo lo sguardo al tramonto. «Vivremo una vita insieme, chiaro?» Sorrisi «perché me?» domandai. «Sei sempre stata te stessa, e mi sono innamorato della donna più forte e straordinaria del mondo. Non è affatto poco» mi baciò la testa. «Mi fai sentire così speciale» sospirai. «Non credi di esserlo?» Scossi la testa. «È normale. Non ti sei mai vista ridere, o semplicemente non hai mai visto quello che vedo io quando ti guardo negli occhi» «E cosa vedi?» domandai. «Vedo te» mi bisbigliò all'orecchio. Dal primo momento capii che con lui non potevo nascondere chi ero veramente. Sentivo che arrivava sempre a leggermi nell'anima. «Allontani le persone perché così non se ne possono andare da te?» Questo è quello che mi disse quando ci conoscevamo appena e ci odiavamo. Fece centro dal primo momento. Sorrisi e rimanemmo un po' lì parlare. Neanche a me sembrava reale. Mi sembrava un sogno dal quale presto mi sarei svegliata. «Sai.. Credo che davvero dovremmo tornare a casa» dissi guardando il cielo difronte a me. «Sì, lo credo anch'io.»
Una volta tornati di sotto, la serata continuò per quel verso, e fu gradevole. Quando si fecero le due mi addormentai sul divano mentre loro continuavano a chiacchierare.
Mi ritrovai nel mio letto, e non appena aprii gli occhi vidi che la mia valigia era chiusa, e che non c'era nulla in giro per la camera. Mi strofinai con due pugni gli occhi, e presto mi sentii tempestare di baci sulle spalle, sul collo, sul viso. Sorrise e mi prese in spalla. «Dovresti smetterla di farlo» sbuffai cercando di dimenarmi. «Abbiamo un volo, e tu sei una dormigliona» disse prima di buttarmi in doccia. Mi guardai verso il basso ed indossavo una sua maglietta. «Se non mi sono neppure svegliata quando mi hai infilato questa, posso persino darti ragione» considerai. Rise e me la sfilò.«Hai detto che abbiamo un volo?» chiesi ricordandomi delle sue parole. «Già.» Mi prese un bacio prepotente afferrandomi la vita. «Così sarà reale» «sarà molto reale quando Evans mi torturerà per quarantacinque minuti» sbuffai. Aprì il rubinetto «credo che sono io che mi dovrei lamentare dato che ho gli esami per il terzo anno» disse mentre mi passava un flacone di sapone. «Lo sai che me la so fare da sola la doccia vero?» ridacchiai. «Io lo so fare meglio» sorrise sghembo. «Che esami sono?» domandai. «Diagnostica» «Ahi» aggrottai le sopracciglia. «Non tutti abbiamo il
più talentuoso cardiochirurgo come padre.» Risi «sì ma tu ti ritieni un genio» «io sono un genio» mi corresse. «Perché hai scelto medicina?» domandai. Sospirò e capii di aver toccato un tasto dolente. «Perché intuivo che ti avrei incontrata.» Ridacchiai «Mmh-mmh» annuii poco convinta. Sorrise «meglio che vada di sotto..» disse sfiorando il tessuto del reggiseno «altrimenti questa roba andrà a finire in un angolo e noi abbiamo da fare oggi.» Risi di nuovo e si girò per andarsene «io bevo solo..» «succo alla pesca, lo so lo so» mi strizzò l'occhio prima di chiudere la porta. Mi insaponai e pensai a come ero convinta in passato che poi il nostro rapporto sarebbe cambiato, sarebbe stato strano. Invece era tutto perfetto, era tutto quello che volevo. Strano che Matt non fosse entrato anche oggi. Mi veniva da ridere al pensiero di come reagisse ogni volta. Ero preoccupata all'idea di rimettere piede al college. Con tutta quella gente che ci avrebbe fissato, e tutte quelle ragazze che gli avrebbero gironzolato in torno di continuo. Tra tutte loro, aveva scelto me, proprio me. Mi incapacitavo di capire come mai. Dopo essermi lavata i denti e pettinata, misi anche le ultime cose in valigia. Indossai della biancheria nera, anch'essa non l'avevo mai vista. Basta, non poteva essere una conincidenza. «Dio Julie! Ma che cavolo fai? Hai fatto rifornimento da Victoria's Secret?» Rise al di là della cornetta «è stato Drake che fantasticava su di voi» disgustata attaccai di botto. Ma che pazzi fuori di testa di amici avevo? Indossai dei jeans scuri quando la porta si aprì. No, non sono così sfigata. Era Jake, non Matt. Mi voltai per cercare una t-shirt quando mi sentii tirare il braccio. Mi buttò sul letto e mi baciò mentre mi accarezzava il ventre. Gli mordicchiai il labbro, che sapeva di menta. «Avevi detto che avevamo da fare..» dissi affannata mentre mi baciava la mascella. «Lo so ma sei illegale» disse mentre le sue labbra scendevano sul collo. Sorrisi e ansimai. Il succhiotto dell'altro giorno aveva lasciato il segno sul seno e sorrise quando lo vide. «A che ora è il volo?» domandai affannata. «All'una» rispose con le labbra contro il mio collo. «E che ore sono?» «Le undici» «è tardi..» mi lamentai poco propensa ad alzarmi. «Lo so» rispose prima di darmi un bacio prepotente sulle labbra. Amavo quando lo faceva. Il suo telefono squillò «vedi, è un segnale» sbuffai mettendomi in piedi. Quando lesse sullo schermò mi sembrò turbato. «Chi è?» chiesi infilandomi una semplice maglietta viola. «Mh, nessuno» disse attaccando. Mi sedetti a terra per cercare le scarpe nella valigia. Non sapevo proprio quali indossare, le converse erano troppo rovinate, le vans avevano smesso da tempo di piacermi, e poi gli stivaletti facevano un rumore insopportabile. Si avvicinò «che fai a terra?» ridacchiò. «Sono in crisi scarpe» risposi continuando a frugare, sperando che saltasse fuori un paio che avevo dimenticato. «Quanto porti?» «Trentasette» risposi cercando. «Che piedini» osservò. «Non parlare di piedi in mia presenza» dissi disgustata. Ridacchiò «ne hai di stranezze.» Feci una smorfia e decisi di infilare le converse semi distrutte. Richiusi la valigia e scendemmo di sotto. Senza Annabelle era come se il sole non fosse mai sorto. «Partite?» chiese Andrew. «Tra un po'» risposi sedendomi a tavola. Jake mi versò del succo alla pesca e dopo aver fatto colazione e sistemato le ultime cose, ci salutammo. Io ed Andrew ci abbracciammo «trattamelo bene» bisbigliò al mio orecchio. Sorrisi e mi affrettai a salutare anche Bill. Strinsi anche lui in un abbraccio. Mi aveva fatto tanto piacere conoscerlo. «Fai buon viaggio tesoro!» disse accarezzandomi la testa. Abbracciai anche il più piccolo. «Ciao Matt» dissi staccandomi. Notai che si era fatto viola, e incrociai le sopracciglia. «Stai bene?» domandai. Non rispose e mi sentii parecchio confusa dal suo strano atteggiamento. Ci apprestammo per uscire dalla casa e raggiungere l'aeroporto. Salita in aereo, tirai fuori dalla borsa il libro di biologia e con il suo aiuto finii in fretta anche fisica. Ma quelle erano le due più facili. Arrivò calcolo, che faticavo a capire. «Hai scordato il coefficiente» mi corresse indicando la terza riga. Sbuffai e rifeci l'esercizio. I capelli erano un vero intralcio, e me li spostavo nervosamente ogni dieci secondi. Per fortuna le cose meno chiare mi vennero spiegate e mi si aprì un mondo. Ora finalmente tutto aveva un senso. «Aah chiaro!» dissi mordicchiando la penna. «Ora hai fatto?» domandò. «Sì ma domani ripeto un po'» chiusi i libri in borsa e mi appoggiai alla sua spalla. L'hostess ci provava ripetutamente! Ma dico lo vedi che ci sono anch'io? «Desidera qualcosa?» domandò sorridendo rivolta a lui. A me non chiedermi nulla, tanto mica esisto. «No, grazie.» Se ne andò agitando il sedere, finalmente. «Che tipo di esami avrai?» domandai stringendogli il braccio. «Trovo al quanto assurdo il fatto che riesci a rendere stupendo persino studiare e parlare di esami» disse prima di baciarmi a stampo. Risi pensando che il giorno prima avevo pensato lo stesso di lui. Mi strinse la mano «ti amo» bisbigliò. Gli diedi tanti piccoli baci a stampo sotto sua richiesta. «Un altro» diceva per la decima volta. Risi ormai quando avevo perso il conto. «Siete davvero adorabili» disse una vecchietta stretta a suo marito immaginai. Sorrisi un po' in imbarazzo. «Mh grazie» dissi. «Pensa che noi stiamo insieme da cinquant'anni. Ci siamo conosciuti al college» dichiarò sorridendo. Indossava due grandi pendenti sui lobi, e aveva dei morbidi capelli grigi sulle spalle. Le rughe gli si intravedevano sulla punta degli occhi. «Noi da vecchi saremo più belli» sussurrò al mio orecchio. Risi e gli colpii il braccio. L'anziana si girò verso il marito a parlare. «Mh, mi amerai anche con le rughe e con la dentiera?» chiesi. «Ci ameremo anche da vecchi e malati» mi baciò la testa. Sorrisi e poi chiusi gli occhi. Al mio risveglio l'aereo era fermo, e i passeggeri si dirigeva verso l'uscita. Mi alzai e feci lo stesso. Salimmo nella sua macchina che avevamo lasciato all'aeroporto all'andata. Quando il telefono squillò, strusciai il dito sullo schermo. Misi il viva voce distrattamente. «Allora? Aggiornamenti in tempo reale. Qual è lo status della relazione? Dimmi che non siete tornati amici che smadonno! Preferisco che abbiate liti..» «Ciao Julie, sei in viva voce» la interruppi secca. «Ciao Julie» disse Jake con espressione divertita. «Oops! Ma dove siete?» chiese subito dopo. «In macchina, siamo tornati prima» dissi io. «Allora venite subito alla Kingstom che siamo alla ricerca di geni. Siamo in crisi esami in camera» «arriviamo» disse Jake. Attaccai e risi fuori dal finestrino mentre il vento mi spostava i capelli. Riconobbi la strada alberata per la Kingstom, il cielo era già scuro e si era fatta sera tardi. Chiacchierammo per tutto il tragitto senza soste. «Perché non torni a vivere al college?» «Mi sono appena trasferita.. E poi mi piace vivere in una casa» risposi guardando verso il finestrino. Gli alberi scorrevano veloci alla mia vista e notai anche qualche luce. «Ma ci sono i gufi in Florida?» domandai. Rise «come mai?» «vedi quelle luci?» chiesi indicando il bosco. «No, non c'è nessuna luce, tesoro» rispose divertito. Strizzai gli occhi e capii che erano solo quegli strani flash luminosi che si hanno quando riapri gli occhi. Finalmente arrivammo difronte al cancello. Trovò posto nel parcheggiò e ci dirigemmo verso il campus. Era stracolmo di gente che tornava e scaricava i bagagli. Quando girai l'angolo distrattamente mi punsi con un ramoscello sporgente da quelle edere rampicanti. «Ahi!» gemetti. Mi prese il viso in mano. «Ti sei graffiata una guancia» «oh.. non è niente» dissi io sorridendo. «Dovresti fare attenzione, sei sbadata» ridacchiò. «Ehy, non sono sbadata» mentii spudoratamente. «Vuoi che ti elenchi tutte le volte in cui ti sei fatta male?» «No, sarebbe umiliante..» risposi seccata. «Perché dobbiamo aiutare quelli là..» sbuffò fissandomi le labbra. Risi, «perché sono nostri amici» dissi io. Percorremmo il campus fino alla sua camera, e nel tragitto salutammo alcune persone. Infilò la chiave nella porta della sua camera. Sentii un prurito sulla guancia sinistra, e mi grattai appena. Sorrise «lo fai sempre» spalancò la porta e probabilmente stavo per ribattere, ma mi baciò a stampo zittendomi. Rimasi interdetta, e poi notai l'espressione sbalordita di all'in circa otto ragazzi. Simon e Julie erano avvinghiati con un libro in mano per terra. Charlotte, Joe, e un'altra ragazza stavano sdraiate a pancia in sotto attorno ad un libro mentre accanto avevano una gran ciotola di patatine. Jeremy e Travis erano immobili in piedi. Sembrava di aver scattato una foto. «Ho visto bene?» domandò Simon. «Mh, non credo» rispose Travis. Jake trascinò la valigia al centro della camera ed io chiusi la porta. Poi si sdraiò sul letto e mi trascinò accanto a se. Tolsi le converse mentre di fianco gli davo le spalle e osservavo loro, che erano rimasti immobili come statue. «Allora? Volete fissarci tutto la notte o studiare qualcosa?» chiesi io. «Aspetta. Cosa è appena successo?» chiese Charlotte imbambolata. «Ci siamo baciati. Stiamo insieme. Buon giorno ai vostri neuroni» dissi seccata. Si alzò un tonfo di esultazione. Qualche "Finalmente" mischio a "Ce l'avete fatta".
Avevo freddo e mi infilai sotto alle coperte. Rimasero sotto shock a lungo. Julie strusciò verso il letto. «Si può sapere perché non me l'hai detto? Ero in ansia!» disse elettrizzata. «In ansia? Sul serio?» dissi con sufficienza. Mi baciò la fronte una ventina di volte. «E brava la mia piccola Allie» «Alexis» la corressi. Non sembrò dargli importanza e riprese in mano il libro con un sorriso in volto. Leggevo nel volto delle ragazze la voglia di spettegolare su tutto quando saremmo state sole. Presto si infilò anche lui sotto alle coperte, e mi sfiorò la pelle sotto alla maglietta. Desideravo fortemente essere soli in quel momento. Charlotte lesse un bigliettino. «Allora. Ho sedici anni, i brufoli su viso e schiena, e Dio.. Che schifo» guardò disgustata. «Non potrai fare così con i tuoi pazienti» disse Simon strappandogli il foglietto di mano. «pipì rossa» lesse lui. Capii subito che facevano delle specie di simulazioni. «Maschio o femmina?» chiesi. «Maschio» rispose volgendo per un attimo lo sguardo al foglio .
Calò il silenzio su tutta la camera. «Infezioni del tratto urinario.. Ingrossamento della prostata, tumori cancerosi e non cancerosi cisti renali, calcoli renali, o alla vescica se non si ha assunto ne rifampicina, ne fenazopidirina, o rabarbaro» disse Jake lasciandomi a bocca aperta. Era bravo per davvero. «E i brufoli?» domandò Travis. «Pubertà?» tentò. «Beh, mister genio, meglio che tu mi dia una mano perchè hai azzeccato» disse Simon lanciando il bigliettino sul letto. Ridacchiò e mi posò le labbra sulla spalla. «Ora fanne una difficile però..» disse Jake. «Sono un cinquantenne tornato da un viaggio in Australia. Ho dolore al naso, dolore alle tempie, e cecità improvvisa» Il silenzio incombe. «Non ne ho idea» disse Jake mentre sentivo il suo respiro sulla schiena. Tutti si guardarono interrogativi. «Ma che è?» chiese Charlotte. Mi si accese una lampadina. «Spergillosi?» tentai. «Però, stracciati da una matricola» disse Simon. «Una coppia di fottuti geni» scherzò Travis. Sorrisi e mi girai verso di Jake. Mi accovacciai al suo petto. Alzò le coperte fino alle teste per baciarmi. «E dato che sono geni ora procreano figli geni» disse Simon. Risi tra le sue labbra. «Ho trentatré anni, sono una donna e ho l'asma, affaticamento, e gli steroidi mi hanno causato un grande aumento di peso. Inoltre ho la sinusite» lesse Joe. «Cancro ai polmoni?» tentò Jeremy. «Potrebbe ma non è questo il caso» rispose lei. Spostai le coperte «CSS» risposi e poi le richiusi su di noi e continuai a baciarlo. «Esatto!» esclamò Joe. «E tu staresti al primo anno?» brontolò. «Che diavolo è la CSS?» chiese Travis. Non risposi e quando insistette riemersi dalle coperte. «Che c'è Travis?» «Cos'è?» «Una malattia infiammatoria dove i globuli bianchi ploriferano formando masse nelle vie aeree» risposi prima di baciarlo nuovamente. «Ma come lo fai a sapere?» farfugliò Jeremy. «Abbiamo la figlia di Richard Bristol qui eh» commentò Travis. «E come si cura?» domandò Char. «Si può solo rallentare con la chemio» risposi io. Simon ridacchiò. «Sentite questa.. Ho cinquant'anni e dopo un rapporto ho un dolore lancinante e rigonfiamento persistente» «avrai preso qualche pillolina blu» disse Julie ridacchiando. «Nessuna pillolina blu» rispose lui. «Te lo devono amputare,amico» ridacchiò Jake. Risi mentre lui mi baciava la mascella e poi il collo sotto alle coperte. Dio, quanto lo volevo. «Perché ci troviamo in compagnia di idioti che tentano invano di essere meno idioti?» sbuffai sotto voce. Rise e poi scendemmo dal letto, anche perché sennò sarebbe stato più difficile fermarsi. Si mise a gambe incrociate per terra, e io sdraiata mi appoggiai alla sua gamba. Charlotte mi era accanto e condividevamo i pop-corn. Sembrava una vera gabbia di matti, o forse lo era. Sentii la suoneria dell'IPhone di Jake, mi girai e vedi la stessa espressione turbata di stamattina. «Chi è?» domandai incuriosita. «Nessuno d'importante» si protese per baciarmi ma gli posai un dito sulle labbra. «No, no. Ora tu mi dici chi è» gli negai quel bacio e lui sbuffò. «Fai sul serio?» chiese irritato. Annuii in attesa che me lo disse. «Izzy» rispose secco. Spalancai le palpebre. «Che cosa vuole?» domandai scossa. «Non lo so, non le ho risposto» rispose lui. «Chi è Izzy?» domandò la ragazza che non conoscevo. «Una squilibrata» rispose Simon seriamente. «Stava in questo college. Sembrava pure carina, invece abbiamo scoperto che era completamente folle» rise Travis. «Non parliamo di Izzy» disse seccata Julie. Afferrai il suo cellulare, e la chiamai. Squillò un paio di volte, e presto notai tutti gli occhi puntati addosso, tenuti in sospeso. «Ehy» sentii dall'altra parte della cornetta. «Che vuoi?» contenni in ogni modo la rabbia. «Uh, Lexie. Ciao..» disse insicura. «Perché hai chiamato?» domandai spedita. «Sapevo che al tuo cellulare non mi avresti risposto così..» «È sempre la stessa domanda. Cosa vuoi?» Afferrai una bottiglia di birra e sorseggiai appena. «Beh.. Insomma.. Avrei voluto dirtelo di persona ma immagino che non me lo permetterai. Noi siamo... Sorelle.» Per poco non mi strozzai e scattai seduta. «Che succede?» chiese Jake. «Cosa?» domandai ad Izzy incredula. «Possiamo parlarne?» «Per sentire un'altra delle tue storielle?» Mi alzai in piedi e chiusi la porta della camera alle mie spalle. «Non sto mentendo» «vai a fare qualche provino ad Hollywood.» Attaccai e rientrai ancora con la bottiglia in mano. Lui si alzò e mi venne incontro. Sorseggiai ancora. «Cosa ha detto?» chiese preoccupato. «Niente di vero» spostai la bottiglia e gliela porsi. Mi afferrò la maglietta e si prese un bacio. «Non mi negare mai più le tue labbra»Spazio autrice ❤️
Ciao a tutte ragazze :)
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Storie collegate: Unexpected, Born ti die.
Altre storie: Evil Hunters.
Grazie per aver letto il capitolo!
xoxo, Kat!
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Amami nonostante tutto
RomanceUn college con un buon programma in medicina sembra un'ottima occasione per Alexis. Qui alla Kingstom University della Florida è lontana dagli orrori che riviveva ogni giorno nel suo vecchio appartamento dell'Upper East Side. Un fondo fiduciario da...