15. Sorrisi nervosamente. «Si fa presto lei un'idea delle persone», pensai. «Farmi un'idea delle persone fa parte del mio lavoro.» «Giusto. Be', mi avevano detto che questa cosa non mi avrebbe rubato più di una decina di minuti, quindi penso sia meglio che...» «Io penso che dovrebbe restare un altro po', che dice? Mi pagano per venir qui, ascoltarvi. Mi faccia fare il mio lavoro, avanti, la prego...» Trassi un sospiro, riappoggiando le spalle contro lo schienale in pelle del divano. «Cos'altro mi dice, di loro? Dei tuoi? Come mai hanno smesso di praticare? Pensione?» Una domanda così personale dopo neanche una manciata di secondi che mi conosceva? «No, non sono andati in pensione. E non ho voglia di parlare dei miei genitori con una persona che neanche conosco», sbottai, stringendomi la borsa in spalla. Mi aveva innervosita ed ero stata maleducata, ma non poteva costringermi a star lì se non lo volevo. «Arrivederci, dottoressa...» «Fincher. Dottoressa Fincher.» Non era offesa o sorpresa. Di stupore neanche l'ombra. Il sorriso gli era rimasto stampato sul viso in ogni secondo di quella breve conversazione. «Ovviamente non posso costringerla a rivolgersi allo sportello ma... può prenotare una seduta in ogni momento, nel caso ne avesse bisogno. Ma a quanto pare lei sta 'benissimo'. » Appoggiò il taccuino sulla sua scrivania, girando di poco la sedia con le rotelle. Era di quella gentilezza fastidiosa, provocatoria.
Non sarei dovuta entrare in classe così nervosa e turbata. Finivo per mandare al diavolo i miei professori con lo sguardo. Mi misi in fondo all'aula di fisica, con le braccia strette al petto e lo sguardo fisso in un punto a caso. Ma chi si credeva di essere quella strizzacervelli? Non sapeva niente di me. E quel suo tono alla 'so tutto io'? Avevo passato una buona parte dell'ora a rimuginare e l'altra a fare orribili ghirigori sul mio banco. Fields mi aveva lanciato un milione di occhiate, lo sapevo, era sul punto di buttarmi fuori. «E noi sappiamo, Bristol, che per determinare sperimentalmente l'aspetto ondulatorio di un fascio di particelle dobbiamo...?» «Farlo passare attraverso una doppia fenditura.» Fields fece un sorriso tirato. «Esatto...» Aspettai che si rigirasse per scrivere alla lavagna e mi spostai con la sedia di un paio di millimetri per nascondermi dietro la testa del tizio riccioluto che mi sedeva difronte.
Quando rientrai in camera dopo la pausa e vidi le coperte sgualcite del mio letto, una specie d'immagine mi sfrecciò in testa rapida come un treno fuori controllo. No, impossibile che ci fossimo baciati, me l'avrebbe detto. Io non l'avrei fatto, lui non l'avrebbe fatto. Giusto? Perché nessuno bacerebbe una ragazza ubriaca. E un'Alexis ubriaca non sarebbe tanto stupida da tradire quella sobria fino a questo punto. L'attimo dopo avevo bussato forte contro la sua porta. Jake l'aprì poco dopo. Aveva un'espressione così annoiata sul viso. «Che c'è?» 'Che c'è?' Quando mai mi aveva risposto così? Accidenti, ero sempre più certa che ci fosse stato qualcosa. «Senti... Se è accaduto quel che è accaduto... ero ubriaca.» Appoggiò una spalla allo stipite della porta, corrugando la fronte. «Mh.» «Avresti potuto... che so, andartene? Perché mi hai baciata?» Le sue sopracciglia schizzarono in alto. «Io? Io ho baciato te? Ti riassumerò in breve cos'è successo ieri. Ti ho riportata in stanza perché non ti reggevi in piedi. Sei stata tu per prima ad avermi baciato, tu volevi che non me ne andassi. Tu volevi dormire nel mio stesso letto. Non mi sono approfittato di te, non lo farei con nessuno, mai.» Mi sentii così stupida, così in imbarazzo. «Io...? Scusa, mi... mi dispiace. Dovevo non essere in me.» Volevo sprofondare. Non solo per quello che avevo fatto la notte precedente ma anche per averlo accusato senza sapere niente. «Non devi chiedermi scusa... ma avresti potuto dirmelo prima che...» «Che?» Le guance mi avvamparono. «Che non avevi mai baciato nessuno. Quindi, aspetta... tu non hai mai avuto un ragazzo?» Volevo che la terra m'inghiottisse. «Era necessario sottolinearlo? Ma certo, se tu non cerchi di mettermi in imbarazzo non sei contento.» Scossi la testa tra me e me, voltandogli le spalle. Non potevo credere di avergli detto una cosa simile! Jake mi raggiunse, cingendomi la mano attorno al polso. Rise. Aveva riso di me. «Scusa. Solo che è assurdo per una come te.» Strinsi lo sguardo. «Quindi secondo te una ragazza brutta è più legittimata a non aver mai avuto un ragazzo di una che non ritieni tale?» Sospirò, forse stufo del fatto che scavassi sempre in ogni sua frase. «Mi fa strano sapere che non hai permesso a nessuno di baciarti prima di me.» Anche a me faceva uno strano effetto. Jake era l'unico che avevo baciato, più che volentieri. «Ieri ero fuori di me. Tutto quello che ho fatto, non lo volevo. Ero solo ubriaca.» Aggrottò le sopracciglia, perplesso. Di certo non se l'era bevuta così facilmente. «Sì, come no.» «Fa' finta che non sia mai successo!» Gli puntai con forza un dito sullo sterno e lui trasalì, ridendo ancora. «Devo pensarci.» Mi accigliai. «Come?» Mi trascinò in camera, aprendo la porta con un calcetto. Si sedette sulla sedia girevole dietro la sua scrivania, continuando a tenere il mio polso nella sua mano. «Ci hai pensato?» Mi tirò in avanti, facendomi finire con le gambe incastrate tra le sue ginocchia. Il suo fiato freddo mi batteva nella linea scoperta di pelle tra la maglietta e i jeans. «Sì. No, non farò finta che non sia successo.» Incrociai le braccia al petto. «Come sarebbe a dire?» «Mi comporterò come mi pare. Dipende dal tempo, da come ho dormito... sai, cose del genere.» Era palesemente ironico, ma continuavo a non capire dove volesse andare a parare. Spostò le mani sui miei fianchi. Il respiro mi si era mozzato in gola, e lui l'aveva sicuramente sentito. Sembrava mi stesse toccando con lo sguardo mentre scorreva gli occhi dall'alto al basso. Ero rigida come uno stoccafisso. «Vieni qui», disse, tirandomi sulla sua gamba. «Ehi...» La sua mano mi scivolò sulla coscia e la mia pelle in quel punto cominciò a formicolare. A bollire. Buco nella terra che mi possa inghiottire, dove sei? «Oh mio Dio, piantala.» Jake scoppiò a ridere. «Perché non ti alzi, dato che ti dà così fastidio.» In men che non si dica mi rimisi in piedi. Lo colpii su di una spalla e mi strinsi le braccia attorno, offesa. Lo avrei preso volentieri a schiaffi, con quel sorriso beffardo sul viso. «Tu sei il solito idiota», sbottai. La mia sicurezza vacillò quando si alzò in piedi, avvicinandosi di troppo. Feci qualche distratto passetto all'indietro, finendo contro il muro della camera. Le sue mani si posarono attorno al mio bacino, che subito strinse al suo. «Credo sia meglio che tu non lo faccia.» Il mio sguardo era rapidamente scivolato alla sua bocca. «Non sto facendo niente.» Inspirai. «Mi sembra che ti stia facendo sempre più vicino.» Per evitare di sentire ancora ogni curva del suo corpo aderire al mio, mi schiacciai contro il muro. Un angolo della sua bocca si alzò appena. «Allora forse è meglio che tu vada.» «Sì, sarebbe meglio.» Il mio respiro si interruppe ancora quando sentii le sue mani salire delicatamente, scorrermi sopra le costole. Si fermarono quasi in tempo, sotto il ferretto del mio reggiseno. Scesero in modo molto più lento, come in una carezza, finendo con l'afferrarmi i fianchi nelle mani e attirarmi con forza a sé. E improvvisamente mi baciò senza lasciarmi il tempo di riprendere fiato. Le sue labbra erano nelle mie, di nuovo. Ad assaggiarle delicatamente mentre i suoi pollici premevano contro la mia pelle. Ero schiacciata contro il muro, con il suo petto contro che impediva al mio di gonfiarsi. Quando la sua lingua mi scivolò tra le labbra, afferrai il suo viso nelle mani, rispondendo al bacio con più foga di prima. Strinsi il suo labbro inferiore, incastrando così forte le mie braccia attorno al suo collo da rendere le nostre bocche inseparabili. «Alexis...» Lo interruppi con un bacio ancor più profondo e Jake ansimò sulla superficie della mia bocca. Mi era piaciuto molto sentirlo. «Se non ti fermi, tra poco io non sarò più in grado di farlo. Se mi vuoi...» Riprese fiato. Le palpebre si sollevarono sulle sue iridi profondissime. «E allora non farlo...Ti voglio.» Combattei contro tutta me stessa per riuscire a dirlo. Unì la sua bocca alla mia e infine mi succhiò forte il labbro, ma non fece male. Era stato piacevole, come quel piccolo morso indolore che mi diede subito dopo.
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Amami nonostante tutto
RomanceUn college con un buon programma in medicina sembra un'ottima occasione per Alexis. Qui alla Kingstom University della Florida è lontana dagli orrori che riviveva ogni giorno nel suo vecchio appartamento dell'Upper East Side. Un fondo fiduciario da...