29. Essere reale
Sentii bussare. «Avanti» dissi subito dopo. La porta si aprì cautamente. «Posso entrare?» «Entra..» sospirai. «Allora.. Ti sei fidanzata..» bofonchiò Izzy entrando e chiudendo la porta. Annuii ad occhi bassi. «Con chi?» domandò. «Con Jake» Dirlo mi faceva ancora uno strano effetto. I suoi occhi balzarono nuovamente sui miei. Sembrava così invidiosa che per poco non gli esplodeva il fegato in corpo. Si sedette sul letto. «Spero non ti dispiaccia che io sia qui.. Insomma nostro padre mi vuole qui» puntualizzò causandomi un'acida risata. «Non mi dispiace Izzy. Se vuoi stai pure nella mia camera.. Fa quello che ti pare» dissi senza alcun tipo di rancore. Fu molto stupita della mia reazione. «Come.. Che vuoi dire?» «Voglio dire che questa non è più la mia vita.. Vuoi prendertela? Prenditela. In Florida sono felice, che ti piaccia o no» ammisi sincera. Sembrava davvero sofferente.. Come si può diventare così per l'invidia? «Vinci di nuovo» disse con lo sguardo fisso a terra. «La vita non è una gara. Vivi la tua lontano da me, e lasciami in pace» dissi io. «Sì invece. La vita è una gara.» «Io non sto gareggiando. Io sono già arrivata a destinazione, e sto a posto così. Spero riuscirai ad arrivare anche tu.» «Questo non è giusto..» singhiozzò. «Cosa non è giusto? Si può sapere cosa vuoi?» domandai. «Voglio solo essere te» «Non sei me. Fattene una ragione e vivi la tua vita» dissi seccamente. Mi guardò in un modo che mi incutè paura. «Ho sentito che stai diventando parecchio brava a scuola..» commentò. «E chi te l'ha detto? La tua amica Grace?» Mi guardò stupita. «Cosa?» «Andiamo Izzy.. Non sono stupida» dissi stringendo un cuscino al petto. «Speravo che non esistesse altra gente pazza come te» affermai. Mi guardò con rabbia e in poco mi diede uno schiaffo in piena faccia. Rimasi impietrita per la forza che aveva messo. «Stai male. Per questo non ti sto prendendo a calci. Ma sarà meglio per te uscire subito perché non so quanto mi posso trattenere» affermai furiosa. «Non darmi della pazza dopo avermi rovinato la vita, stronza» gridò mettendosi all'in piedi. «Avanti. Grida, e fa quello che sai fare meglio. Ossia comportarti come una persona fuori di testa. Ma non puoi rovinarmi la vita in nessun modo. Mettiti l'anima in pace» dissi io. «Ne sei sicura?» domandò. «Che vuoi dirmi?» chiesi accigliata. «So dell'accordo tra i tuoi genitori. Basta una sola parola e tutti i tuoi soldi spariscono nel nulla. È vero, non posso avere la tua vita perfetta, ma nemmeno tu l'avrai.» Mi si congelò il sangue nelle vene al pensiero di quanto fosse contorta e malata la sua mente. «E poi? Cosa farai? I tuoi genitori ti hanno sbattuta fuori di casa, e hai solo papà, che nonostante tutto ti sta trattando come non meriti. Vuoi essere sola Izzy? Vuoi rovinarmi la vita fino a questo punto?» Mi accorsi di alcuni rumori nel piano, e presto Jonas aprì la porta della mia camera. «Che succede?» domandò un po' di affanno. «Vattene Izzy» le ordinai scossa. Lei camminò a passi svelti verso l'uscita, e Jonas mi parve arrabbiato. «Lexie basta! Accettala!» disse ad alta voce. L'irritazione che si accese in me era indescrivibile. «Lei è pazza! Lo vuoi capire?» strillai. «Basta Alexis. Tu mi sembri pazza» disse seccamente. L'ho veramente odiato. «Ma come puoi credere ad una che conosci da due giorni piuttosto che a me? Sai che ti dico? Non mi chiamare più e sparisci. Non ti voglio vedere» mi incazzai come non mai e mi buttai sul letto. «Non comportarti così! È solo una ragazzina, ed è nostra sorella. Ti voglio bene lo sai. Ma non voglio che tu reagisca in questa maniera» strillò. «Reagisca in questa maniera? Mi ha tirato una pizza in faccia qualche secondo fa, perché è invidiosa come non mai.» «Per favore Lexie.. Smettila. L'invidiosa sembri tu.» Mi venne voglia di alzarmi e prenderlo a calci. Mi diressi verso la porta. «Sparisci Jonas! Non ti far più sentire è chiaro? Ti odio!» gridai e sbattei con forza la porta. Chiusi a chiave e mi infilai sotto le coperte. Non potevo credere che mio fratello credesse a lei piuttosto che a me. Sembrava che le mie parole entrassero da un orecchio e gli uscissero dall'altro. Mi addormentai dopo molto tempo, non riuscivo a chiudere occhio, e mi ritrovai molte volte a guardare il soffitto dove avevo appiccicato tutte quelle stelle luminose. Al mio risveglio, dopo essere andata in bagno a darmi una svegliata, scesi di sotto in ciabatte. Avevo un gran mal di testa, e volevo solo tornare a casa mia. Jessy a tavola leggeva il giornale, mentre papà preparava il caffè. «Buon giorno» dissi entrando. «Ben svegliata» rispose papà. «Giorno Lexie» disse Jess. «Izzy e Jonas?» domandai. «Jonas è nella sua camera, Izzy in salotto» rispose papà. Feci colazione e scambiai qualche chiacchiera sul tempo di oggi e sulle notizie nel giornale. Quando Jonas scese di sotto non mi guardò neppure e si affrettò alla macchinetta del caffè. Domani parti. Mi ripetevo di continuo. Non vedevo l'ora di tornarmene a casa mia, alla mia vita. Sospirai e raggiunsi le scale di casa. «Alexis..» sentii la voce di mio fratello e la ignorai salendo. «Non è il caso di litigare..» continuò. «Non voglio litigare. Solo la prossima volta non prenotarmi nessun biglietto per poi darmi della pazza invidiosa» dissi prima di entrare nella mia camera. «Non dicevo sul serio» disse raggiungendomi di sopra. «Okay» dissi seccamente. «Okay?» domandò mentre io mi distesi nuovamente sul mio letto. «Non dicevi sul serio. Chiaro. Non vedo l'ora di tornare a casa mia» risposi. «Perché fai così?» si accigliò. «Ho smesso di lasciarmi trattare così da voi. Taglio e faccio prima.» «Da noi?» mi raggiunse sul letto e si sedette accanto a me. «Sono io. Tuo fratello Jonas. Non "voi"» «allora pensa alle cose che dici la prossima volta, fratello.» «Ehy.. Lexie» cercò il mio sguardo. «Non è successo niente. È stata una stupida litigata tra fratelli in piena notte..» disse accarezzandomi la gamba. Mi sentivo così arrabbiata senza un vero motivo. In fondo aveva ragione, ma non riuscivo proprio a smuovermi. «Non so se è stata una stupida litigata tra fratelli» deglutii. Aveva difeso Izzy senza neppure lasciarmi spiegare, dopo tutto quello che mi aveva fatto e che mi aveva detto. «Okay. Ero geloso perché ti sei fidanzata ok? Ero nervoso. Mi dispiace. Facciamo pace.» Scoppiai a ridere e lentamente quel magone si sciolse. «Che?» «Sei mia sorella. Ti voglio bene e mi fa uno strano effetto..» ammise. Lo abbracciai ridendo. «Odio litigare con te.» «Sinceramente Izzy non piace neanche a me. E non la volevo difendere.. Dopo tutto ciò che mi hai raccontato» confessò. «Dobbiamo imparare a sopportarla..» sospirai. «L'avresti mai immaginato?» «No. E devo ammettere che la cosa mi preoccupa parecchio.» «Perché?» «Ieri abbiamo parlato e.. Mi ha detto cose che già sapevo, ossia che vorrebbe essere me. Ha detto che sapeva dell'accordo tra mamma e papà e suonava molto come una minaccia quando ha detto che avrebbe potuto far sparire tutti i miei soldi.» «Tranquilla Lexie. Non lo farà e anche se lo facesse si trattava di anni fa. I soldi non spariranno nel nulla, solo la parte proveniente da nostra madre.» «In qualunque caso non capisce che non può far nulla per rovinarmi la vita ormai.» «Sono felice.» «No. Sei geloso» ridacchiai. «Sono geloso e anche felice. Taci.» Si alzò e sparì dietro alla porta. Sorrisi e presto mi arrivò una chiamata di Julie. Mi chiese di Izzy, e io le raccontai cose che già sapevamo. Ossia che era pazza e invidiosa. Non detestavo nessuno più di lei ed ero così triste di essere sua sorella. Non volevo. Volevo ad ogni costo che da un momento all'altro qualcuno mi avesse dato un pizzicotto, facendomi svegliare da quell'incubo. Passai la giornata in chiacchiere con i miei fratelli, mentre Izzy non uscì dalla sua camera, tranne per il pranzo e la cena. Ero davvero annoiata, e non sapevo che fare. Mi buttai sul divano come un sacco di patate e guardai un po' di televisione mentre messaggiavo con Jake. Mi comparve un enorme sorriso quando lessi "Mi manchi".
Mi addormentai serena e la mattina seguente salutai tutti tranne Izzy, e Jonas mi accompagnò in aeroporto.
La ragazza che mi era seduta accanto in aereo, non faceva altro che fare rumore con la sua gomma da masticare, mentre ascoltava musica tecno con quelle enormi cuffie a tutto volume. Mi schiarii la voce quando spostò la sua giacca e girandosi mi ricadde addosso. «Scusa principessina» disse masticando a bocca aperta e riprendendosela. «Principessina a chi?» mi scaldai. «A te. Venti chili, abiti di marca, gambe chilometriche e capelli perfetti» disse guardandomi dall'alto al basso. «Ne peso quarantasette, gli abiti sono smarcati, ho le cosce grosse e le doppie punte» risposi io. «Sì. Come vuoi principessina» continuò lei. M'incendiai «smettila di chiamarmi così.» «Altrimenti? Chiamerai il principe azzurro con il cavallo bianco per farmi del male?» «Senti.. Non ho idea di chi tu sia, taci un po', magari fatti una bella dormita» risposi suscitandogli una risata. «Una principessina acida.» Pure questa sconosciuta ci si doveva mettere? Chiusi gli occhi quando sentii nuovamente la sua voce fastidiosa. «Dove vai?» chiese con sufficienza. Aprii gli occhi e sbuffai. «Atterro a Miami.» «Ho sentito che è una bella reggia per principesse.» «Non abito lì.» «E dove abiti?» domandò incuriosita. «Perché dovrei dirlo a te?» domandai seccata. «Suscettibile oltre che altezzosa» osservò sorridendo. «Non sono altezzosa» mi irritai. «Oh no, non lo sei affatto miss perfezione» strizzò l'occhio. Sorrisi acidamente, «non mi conosci e io non conosco te.» «Vedi, altezzosa, suscettibile e anche poco socievole» rispose scocciata. «Sei così irritante» bofonchiai. «Anche tu non sei simpatica.» Sbadigliai. «Ma che peccato.. Non sto simpatica ad una rognosa sconosciuta incontrata in aereo» farfugliai richiudendo gli occhi. «Mi chiamo Polanska» affermò. «Ho dimenticato il momento in cui te l'ho chiesto» risposi seccata. «Sei così di tuo?» domandò, mentre notai che il tono arrogante si stava affievolendo. «Già. E tu? Sei così di tuo?» «Sì. Siamo molto simili» disse sorridendo. Le porsi una mano. «I miei amici mi chiamano Lexie, ma tu puoi chiamarmi Alexis» «Mh, piacere Alexis che gli amici chiamano Lexie. Dove stai andando?» «A Cheansburg, e tu?» «Anche» sorrise. «Ti stai trasferendo?» domandai incuriosita. «Sì. Abitavo a Chicago, ma ho deciso di raggiungere la mia migliore amica lì.. E lavorare un po'. Tu che fai nella vita?» chiese togliendosi quei cuffioni dalle orecchie. Accavallai le gambe. «Studentessa al primo anno di medicina.» «Mh.. Una futura dottoressa» insinuò. «Che lavoro farai Polanska?» «Non punto in alto quanto te.. Probabilmente in un bar.. O in un ristorante» disse sofferente guardando l'alto. «Quanti anni hai?» domandai. «Ne compio venti oggi» sorrise lei. Era una bella ragazza anche se sembrava un po' trascurata. «Tanti auguri.» «Tu quanti anni hai?» «Diciotto.» «E sei al primo anno di college?» si accigliò. «Ne devo compiere diciannove e sono un anno avanti» chiarii e lei annuì. «Sei piacevole Alexis.» «Puoi chiamarmi Lexie» sorrisi. «Com'è Cheansburg?» domandò un po' preoccupata. «Tranquilla ma priva di attrazioni.» «Mh.. Andrò a vivere dalla mia amica Arizona. Ti piace il suo nome?» «No» risi sommessamente. «Sincera e spietata. Quando glielo dissi in prima elementare mi prese a pizze» affermò suscitandomi una nuova risata. «Trovo strano che si abbia il nome di uno stato.. Conoscevo una certa America, poi una Carolina, una Virginia, una Georgia, una Alaska, e un Dakota..» «No non ci credo. Hai un amico per ogni stato americano?» Annuì e rise. «Dimmi qualcosa su di te.» «Mmh.. Una volta durante l'ora di fisica, un tizio ha offeso una mia amica e io gli ho rovesciato una bottiglia d'acqua addosso, dicendo alla professoressa che aveva caldo.» Scoppiò in una fragorosa risata. «È ufficiale. Voglio essere tua amica» ridacchiò. Sorrisi. «Cosa lasci a Chicago?» domandai. «Nulla» rispose freddamente. «Cosa ti piace fare Lexie?» domandò sorridendo nuovamente. «Mmh.. Quando non ho da studiare, disegno e scrivo. Mi piacciono i gatti, la neve.. La pioggia e i bracciali come questi..» le indicai uno di quei braccialetti tribali che sembrano tatuaggi. «Posso?» chiese avvicinando le dita. Lo sfilai e glielo porsi. «Ne ho molti, e sono tutti uguali. Tienilo» sorrisi. Lei lo indossò. «Grazie, è davvero bello» disse grata. «A te cosa piace fare?» domandai. «Mi piace cantare.. Piacciono i gatti anche a me, e mi piace molto il mare.. E a te piace il mare?» «Sì.. Mi piace l'odore, il rumore..» sognai. «Anche a me. Adottiamo dei gatti una volta scese dall'aereo?» domandò. Afferrai un pennarello con il quale studiavo dalla borsa. Le presi la mano e scrissi il mio numero e il mio nome. «Hai una bella scrittura Lexie.. Ma potevo salvarmelo sul cellulare.» «Io sono retrò» ridacchiai contagiandola. «Cosa ti piace della pioggia?» domandò. «L'odore.. E anche il rumore» affermai. «Sì anche a me» rispose lei. «Dove potremmo adottare dei gatti?» cambiai discorso. S'illuminò e sorrise «la mia amica Arizona lo saprà sicuramente.» Chiacchierai con lei ad interruzione di brevi pisolini. Mi feci presto una buona impressione su Polanska, anche se inizialmente mi appariva un po' strana. «Come vai a Cheansburg?» domandò. «Taxi. Lo condividiamo?» «Meglio, spenderemo meno» strizzò l'occhio. Una volta arrivate a Cheansburg, Polanska fece guidare fino ad un ristorante vicino a casa mia. «Lavorerò qui. C'è Arizona, e dei gattini. Li vuoi vedere?» In un attimo balzai fuori dall'auto, dopo aver condiviso il conto naturalmente. Lì vidi una ragazza con dei capelli di un acceso biondo che saltò tra le braccia di Pola. Lei ci presentò, e in seguito Arizona ci condusse nel retro, dove c'era una cucciolata di gattini con un pelo bianchissimo, e due occhioni celesti. Ne presi uno in braccio, ed era morbidissimo. «Drake ti prego fammi tenere un gatto» dissi al telefono. Pola rise, e ne prese uno anche lei. «Un gatto?» sentii molte voci di sottofondo. «Posso?» «Certo, basta che non gli fai lasciare i bisogni sul mio letto.» «Cosa state cucinando?» «Non lo so. I tuoi amici mi stanno distruggendo la cucina» ridacchiò. «Sono nel ristorante difronte casa, arrivo.» Chiusi la chiamata e uscimmo dal locale con due adorabili gattini in braccio. «Cavolo. Non mi avevi detto che il tuo amico Drake fosse così bello e avesse lo sguardo di Di Caprio da giovane» disse a palpebre spalancate. Guardai al di là della strada. «È il mio ragazzo» sorrisi e afferrai una valigia, mentre con l'altra tenevo in braccio il cucciolo. «Sei fortunata Lexie.» «Ci vediamo Pola» sorrisi ed attraversai la strada. Ci scambiammo un intenso e dolce bacio. «E questo dove l'hai preso?» domandò sorridendo. Osservai il gattino più adorabile del mondo, mentre iniziò a diluviare in pochi secondi. Entrammo nel palazzo, e in fine in casa dove Jake trascinò la mia valigia. «Lexie!» sentii dire da più voci, alcuni prima altri dopo. Mi affrettai per salutare tutti, ma io e il cucciolo eravamo davvero fradici. «E dove l'hai trovato?» domandò Julie abbassando il labbro inferiore alla vista del gattino. Gli feci qualche carezza, mentre con le unghie mi stava avvinghiato alla felpa. «Me l'ha regalato un'amica» risposi sorridendo. «Chi?» chiese Charlotte. «Polanska. L'ho incontrata in aereo, lavora qui di fronte.» Capii quanto la storia apparisse strana ad occhi altrui. «Che cucinate?» domandai mentre quell'ottimo odore di spezie raggiungeva le mie narici. Simon mescolava qualcosa in padella e mi avvicinai a dare un'occhiata. «Chi sa perché non mi fido particolarmente» ridacchiai. «Fai male» fece una smorfia e presto mi accorsi che anche il nuovo arrivato necessitava di essere sfamato. Guardai come con la lingua rasposa leccava il dorso della mia mano. Il suo pelo era davvero soffice, e i suoi occhi bellissimi. «Come lo chiamo?» domandai a tutti. «Doc» disse Jeremy. «Doc mi piace» acconsentii. Posai le mani sotto alle zampette anteriori, e lo tenni sollevato difronte ai miei occhi. «No, meglio Charlie» disse Travis. Sorrisi all'idea di Charlie, quello strano tizio dell'Alfa. Io e Jake ci guardammo istintivamente. «Charlie è giusto» disse lui subito dopo avvicinandosi a noi. «Charlie..» ripetei accarezzandolo.
Lo avvicinai alla mia guancia e ce lo strusciai accanto. Non vedevo l'ora di farmi una bella doccia, anche perché avevo tutti i capelli bagnati dalla pioggia, e volevo evitare s'increspassero come non mai. Adagiai Charlie sul divano, e mi sedetti a tavola accanto a Jake per assaggiare chi sa cosa avevano preparato. Iniziai a tagliuzzare la carne, che emanava un ottimo profumo. Sentii la sua mano sulla mia, e capii che probabilmente stavo facendo un po' di casino con quella bistecca. «Evita di darmi diecimila gomitate» ridacchiò e lo lasciai fare. Sembravo una bambina, e risi di gusto lasciandogli un bacio sulla guancia.
«Grazie» bisbigliai al suo orecchio. Posò una mano sulla coscia e la strofinò un po', facendomi rabbrividire. Il suo tocco mi faceva sempre questo magico effetto. La mia pelle era così delicata che subito sentivo la pelle d'oca. Nel petto sempre quello scoppiettio che mi faceva ribollire. Mi versai un po' d'acqua e poi mi alzai per prendere in braccio Charlie, che sembrava volersi tuffare dal divano in una missione suicida. Lo avvinghiai a me, e mi chiesi cosa potessi dargli. Versai del latte in un piatto, e lui iniziò a berlo senza sosta. Mi stupii di vedere come presto il livello si abbassò, e il liquido scomparve, lasciando spazio al bianco luminoso della plastica. Mi alzai in piedi, e portai Charlie sul mio letto. La finestra era aperta, e il diluvio era cessato. Mi avviai verso il bagno, e portai con me della biancheria, una canottierina e dei pantaloncini corti. Chiusi la porta ed entrai in doccia, dove rapidamente quelle gocce calde percorrevano il mio corpo freddo. L'odore di bagnoschiuma si propagò presto e inspirai a pieni polmoni. Passai le mani in volto più volte, per togliere via quei resti di trucco. Mi insaponai e mi sciacquai ripetutamente, uscii gocciolante dalla doccia, e infilai quelle cose. Asciugai i capelli con il phon, e quando li pettinai alcuni rimasero nella spazzola e li portai via da essa con le mani, che dovetti sciacquare nuovamente. Erano lisci e lunghi, sempre su quel castano e caramellato. Con l'estate imminente le punte si sarebbero sbiondate, e la cosa non mi entusiasmava. Sentii bussare alla porta. «Avanti» dissi continuando a maltrattare la mia chioma. Aprì la porta e presto mi afferrò la vita, lasciandomi morbidi baci sul collo. «Lascia perdere i tuoi poveri capelli» commentò. «Li odio» borbottai continuando a pettinare le punte. «A me piacciono» disse facendomi sorridere. «A me no.» «A me sì.» Mi avvolse la vita con le mani, che poi salirono sulle costole, finché a circondarmi divennero le sue possenti braccia. «Mi piace tutto di te» continuò a baciarmi dolcemente suo collo, e sentii forti palpitazioni. Socchiusi gli occhi, sentendo le sue morbide labbra sulla pelle umida e fredda del mio collo. Mi voltai, e assaggiai le sue labbra, che desideravo ogni secondo di più. Posai le mani sul suo volto e lo avvicinai con forza al mio, prendendomi un bacio intenso. Morse il mio labbro inferiore con dolcezza, e poi sentii le nostre lingue sfiorarsi lentamente. Accarezzai la pelle sotto alla sua maglietta, ed era sempre così piacevolmente calda. Quando lo feci ansimò sulla mia bocca, e mi posò una mano sul fondo schiena. Sentii un miagolio persistente e mi distaccai. Aprii la porta e vidi Charlie sul ciglio del letto, che guardava il basso perché probabilmente voleva scendere. Ci stendemmo sul letto, e lo posizionai tra di noi. «Parti per New York e torni con un gatto e un'amica di nome Polanska» disse facendomi ridere. «Ha iniziato ad infastidirmi in aereo, poi abbiamo socializzato e ho scoperto che era diretta per Cheansburg» dichiarai. «Charlie è adorabile» disse grattandogli la testolina morbida. Il cucciolo si stese a pancia in su, sembrando davvero buffo. Gli diedi un bacio sulla pancia pelosa e soffice mentre lui chiudeva gli occhi e cadeva in sonno. Continuai a grattargli il collo, mentre sentivo il suo respiro, e vedevo la fragile pelle alzarsi e abbassarsi. «Cosa avete fatto in questi giorni?» sussurrai. Eravamo entrambi di fianco, sorreggendoci il capo con la mano mentre osservavano il gattino. «Studiato più che altro.» «Mmh... Tu non studi» ridacchiai «tu leggi e chi sa come sai le cose meglio del libro.» Rise e accarezzò la testolina di Charlie. «Tu cosa hai fatto?» domandò. «L'unica cosa importante è stata parlare con papà» affermai. «Stai andando avanti?» domandò. «Credo di sì ma..» C'era ancora quel piccolo e pressante problema. Mia madre. Con lei era tutto in subbuglio. «Ma?» «Da una parte vorrei parlare con mia madre e dall'altra non vorrei vederla mai più» diedi voce ai miei pensieri. Sospirò. «Non mi piace ma se ti serve per andare avanti probabilmente è la cosa giusta.» «Sì hai ragione.»
Charlie aprì gli occhi e fece le fusa mentre continuavo a grattargli il busto. Si sporse nuovamente, così io lo adagiai a terra e lui gironzolò per la camera. Mi alzai per chiudere la finestra dato che aveva cominciato nuovamente a piovere a dirotto. Poi mi persi ad osservare la pioggia, e inalai il suo odore. Lasciai la finestra aperta, mi piaceva il propagarsi di quel profumo. Si alzò e mi girai di scatto. «Dove vai?» domandai. «Al college.» «No» dissi secca. Rise appena «ah no?» si avvicinò da dietro. «No» ribadii guardando la pioggia. Sfiorò le mie braccia con le dita, andando su e giù. «Perché no?» «Perché no» dissi seccamente «voglio che rimani qua. È un delitto per caso?» chiesi retorica. Mi lasciò dei morbidi baci sulla guancia. Le sue labbra così calde mi riempivano di brividi.. Facendomi mancare il fiato di continuo, e palpitare come non mai. Poi si fermò e mi fece girare difronte a se. Posò la sua fronte sulla mia e chiuse le palpebre. Sentii il suo respiro sul petto, e percepii che c'era qualcosa che non quadrava. «C'è qualcosa che non va?» domandai. Mi baciò le nocche. «Ho fatto una gran cazzata.» Credo di aver mancato un battito per il terrore di svegliarmi da questo splendido sogno. «Cioè?» domandai in ansia. Si sedette sul letto e si passò una mano tra i capelli: bruttissimo segnale. «Mi stai facendo preoccupare» ammisi insicura. «Ho preso a pugni Braze, quell'idiota» ammise guardando il basso. Sospirai, un po' sollevata. «Cosa è successo?» domandai, ma intuivo di cosa si trattasse. Mi avvicinai e mi prese le mani. «Perché devi essere così bella da essere desiderata da chiunque appartenga al genere maschile?» domandò facendomi sorridere. «È per questo? Sei geloso?» domandai. «No. Mi fido di te, solo non di loro.» «Non mi piace che tu prenda a pugni la gente» dissi sincera. Mi guardò «lo so, e ti prometto che non accadrà più.» «E comunque... Non importa cosa dicano. Perché io amo te, e tu ami me, questo importa» affermai. Mi baciò dolcemente. «È bello sentirtelo dire» affermò. Gli afferrai la maglietta in un pugno. «Piantala di farmi prendere i colpi» lo sgridai e rise. Poi gli presi un nuovo bacio. «E sul serio.. Non mi piace» ribadii. «È una promessa.» Annuii e sospirai, quando sentii quel languorino farsi spazio nel mio stomaco. Lo guardai con due occhi da cucciolo. «Hai fame scommetto» mi precedette ridendo. Annuii. «Scendiamo?» domandai. «Ok, ma piove a dirotto» rispose lui, e mi fece addolcire il fatto che non mi diceva mai di no. «Meglio, mi piace la pioggia.» «Lo so» precisò. «Ah si?» «La prima volta in cui cercavo di farti capire che provavo qualcosa per te, tu eri troppo incantata dalla pioggia» ridacchiò. «Sul terrazzo dell'infermieria?» domandai accigliata. «Mh, allora non eri del tutto in una bolla» disse con quel suo splendido sorriso. «Non ero incantata dalla pioggia.. Solo non lo so, hai sempre detto che mi vedevi come un'amica e tutto il resto» blaterai. «Katy l'ha detto, non io» puntualizzò. «Katy mi ha riferito ciò che tu hai detto a lei» precisai. «Katy ha una fervida immaginazione, perché ti ha riferito l'opposto di ciò che le ho detto» dichiarò. «Fai sul serio? E non potevi dirmelo?» chiesi dandogli un affettuoso pugnetto sul braccio. «Per beccarmi la tua cinquina in faccia?» disse suscitandomi una risata. «È accaduto solo una volta ok?» ridacchiai. Si alzò in piedi e prese in braccio Charlie, sollevandolo difronte a se. «Mh, ha gli occhi belli quasi quanto i tuoi» disse guardando prima i suoi e poi i miei. Sorrisi e infilai qualcosa di più consono. «Domani cos'hai?» domandai sfilando gli shorts. «Test di chimica» sbuffò. «Io ho fisica e sono davvero preoccupata» ammisi infilando dei jeans. Presi le converse e strinsi i lacci. «Vuoi dargli un'occhiata più tardi?» «Sì grazie mille» sorrisi e presi il cardigan, che mi infilai subito dopo. Scendemmo di sotto, e rimasi incantata dalla sua bellezza. Le gocce scorrevano veloci sulla giacca di pelle nera, e i suoi occhi risaltavano come due fanali blu. Erano di quel colore così acceso da risultare ammaliante. Mi strinsi al suo braccio, ed affondai il naso sulla sua guancia. «Pola aveva ragione ha dire che hai..» mi zittii e mi imbarazzai subito. «Che ho?» domandò. «Niente» scossi la testa e pensai ai suoi occhi che era meglio evitare di guardare se non volevo vedesse il mio rossore in viso. Mi guardò interrogativo. «Parla, sono curioso» disse sorridendo. Mi strinsi di più al suo braccio e scossi la testa da destra a sinistra. «Sul serio? Non me lo dici?» chiese ancora, sembrandomi divertito dal mio sciocco atteggiamento. Ecco una cosa che non avrei mai fatto: fare un complimento ad un ragazzo, soprattutto se si trattava di lui, ero troppo timida, e lui era troppo bello. «Che ore sono?» cambiai discorso. «Le undici e mezza» rispose prima di baciarmi la testa. «Sai.. Quando ho trovato Izzy nella mia camera sono andata su tutte le furie, l'avrei voluta prendere a calci per tutta Mahnattan..» ammisi suscitandogli una piccola risata. «Ma poi mi sono accorta che sono davvero felice qui. Mi piace la mia vita adesso..» «Anche a me» rispose stringendomi la mano. Ormai il diluvio si era limitato in leggera pioggia quasi impercettibile. Passammo a prendere il cibo al mio favorito fast food, l'inimitabile McDonald's. «Se non la smetto di mangiare così tanto diventerò una balena» brontolai stuzzicando patatine fritte mentre passeggiavamo per le strade di Cheansburg. C'era quel familiare odore di pioggia, e lentamente, sera dopo sera, iniziavo ad amare veramente la pace di Cheansburg. Quei passanti con i loro cani, o semplicemente soli. Quel silenzio, quelle luci.. Quel buio. «Però hai la fortuna di mangiare più di me ed essere comunque perfetta, perciò taci.» Risi «non mangio più di te» precisai puntandogli un dito contro. Mi guardò inarcando un sopracciglio. «Ok, forse ogni tanto» ammisi seccata. Rise e poi ci riavviammo verso casa. Aprii lentamente la porta quando sobbalzai per lo spavento. «Dio! Simon, mi hai fatto prendere un infarto» strillai facendo ridere i due. «Io in realtà stavo beatamente mangiando la tua roba in frigo» disse sorseggiando qualcosa. Non indagai e Jake si tolse la giacca. Rientrammo in camera, dove mi rimisi in tenuta pigiama, e lui si tolse la maglietta, i pantaloni e le scarpe. Olè, tanto per farmi sbavare. Ci stendemmo sul letto, e iniziai ad ingozzarmi di patatine fritte. Presi il libro di fisica, e mi sedetti contro lo schienale, appoggiando la schiena sul suo petto caldo. «Allora.. Non ho capito questa roba» dissi diretta indicando un paragrafo. «È una cavolata.» «Per te» puntualizzai. Mi spiegò il paragrafo, chiarendo ogni mio dubbio, in effetti era più facile di quanto sembrasse. Morsi il toast, e mi avviai verso il bagno per lavarmi i denti. Naturalmente lui iniziò a frugare in giro per i cassetti del bagno. «Cos'è questa roba?» chiese indicando un tubicino di fondotinta mai utilizzato. In effetti avevo un negozio di trucchi in casa, ma usavo solamente il mascara e a volte l'eye-liner. «Trucchi, ti interessano?» Rise «no, grazie. Ma tu sei più bella senza.» Sorrisi e mi
lavai i denti. «Perché hai diecimila spazzolini usa e getta?» chiese afferrandone uno. «Drake» risposi spazzolandomi i denti su e giù. Sputacchiai l'intruglio di acqua e dentifricio e sciacquai la bocca. Mi ributtai sul letto, ed adagiai Charlie su un cuscino per terra, mentre lui dormiva beatamente. Sentii che si stava facendo una doccia, e io mi infilai sotto alle coperte in attesa che arrivasse. «Dormi?» sentii sussurrare alle mie spalle. «Non ho sonno..» bofonchiai liberandomi dalle coperte. Si stese sul letto accanto a me e gli lasciai un bacio sulle labbra, uno di quelli lenti e delicati. «Ho in mente una cosa per passare il tempo» disse sorridendo appena. Feci lo stesso. «Mmh e quale sarebbe?» Mi attirò sotto di se, bloccandomi i polsi e stringendoseli al petto, mentre iniziò a baciarmi con passione. La sua pelle era umida e calda, ed era piacevole da sfiorare. Si sistemò tra le mie cosce, mentre io stringevo le gambe attorno a lui. Sollevò la canottiera, e poi iniziò a sfiorarmi il seno con le labbra morbide e calde. Divennero dei forti baci, quando me la sfilò via del tutto. Ansimai, mentre sentivo quella forte pulsazione tra le gambe che faceva contrarre i muscoli. La sua erezione era a contatto con la mia parte più delicata. Sfiorò il ventre con le dita, facendo rabbrividire ogni parte di me. Lo baciai, dalle labbra al collo, e sentii il suo respiro affannoso sulla mia pelle. Un respiro che sapeva così di menta e che volevo assaggiare. Morsi il suo labbro inferiore, causandogli un gemito tra le mie labbra. Le sue dita scesero sull'elastico dei pantaloncini, che presto sfilò e buttò a terra. Con le dita delicate massaggiò la zona tra le mie cosce, e sentii una forte scarica percorrere ogni nervo. Mi trattenni succhiando la pelle del suo collo, mentre il mio respiro si faceva affannoso e rumoroso. Attendeva un mio via libera. «Dai..» mugugnai causandogli un sorriso. «Cosa?» sussurrò sghembo al mio orecchio. «Lo sai..» boccheggiai mentre continuava la sua tortura alla quale non mi sarei mai sottratta. «Vuoi che ti tocchi?» chiese con affanno. «Ti devo supplicare?» ansimai sarcastica. Rise e insinuò le dita dentro alle mutandine, strinsi istintivamente le cosce e quel tocco mi causò una specie di spasmo. Gemetti ad alta voce, e capii quanto i miei lamenti gli piacessero. Descrisse cerchi immaginari, facendo aumentare l'eccitazione, le palpitazioni quasi violente e il respiro affannoso. Nel frattempo baciava la pelle fresca del mio seno, portandomi ad uno stato indefinibilmente paradisiaco. «Non fermarti..» boccheggiai tenendogli il volto stretto su di me. Sentii un sorriso sulla mia pelle. «Perché mai dovrei?» disse continuando a toccarmi ma con più decisione. Sentivo ogni nervo teso, quasi tremavo e il piacere era indescrivibile. Slacciò il reggiseno con una mano, mentre continuava a massaggiare con l'altra. Lo lanciò da qualche parte, e prima che stessi per esplodere si fermò. «C-cosa?» balbettai d'affanno. Mi afferrò la mascella dandomi un forte bacio. «Sta tranquilla» disse divertito e allungando il braccio al comodino, dove aveva lasciato i preservativi. Divaricò appena le mie gambe, sistemandosi tra di esse. Il mio respiro che si era appena calmato, riprese ad arrancare. Entrò delicatamente, e poi diede qualche spinta decisa, facendo crescere di netto la sensazione di piacere. Mi morsi il labbro, e poi sentii le sua bocca sulla mia. «Quanto sei bella» sussurrò. Mossi istintivamente i fianchi contro i suoi. «Lexie..» gemette d'affanno sulla mia pelle. Spinse nuovamente, facendomi gridare il suo nome. «Dio.. Jake» gridai affondando le unghie sulla sua schiena. Mi baciò con dolcezza e passione, trasmettendo quanto mi stesse amando. Il mio cuore martellava all'impazzata, e mi sembrava di esplodere da un momento all'altro.
Avevo la fronte imperlata di sudore quando spingemmo i fianchi gli uni contro gli altri in un modo ancora più sensazionale. Sentivo quella pienezza e quella pressione farsi spazio dentro di me. Gemette più volte in seguito ai miei movimenti. Mi baciò come immaginai non avesse baciato nessuna. Le labbra, la mascella, il collo, il seno. La scarica mi percorse in modo nettamente più forte, da portarmi in un altro pianeta. Sentii qualcosa scorrermi per tutto il corpo, mentre ero alla ricerca di aria. L'ultima fase dell'orgasmo era simultanea alla prima del suo. Il mio corpo tornò a rilassarsi e presto si sdraiò accanto a me. Le palpebre proprio non reggevano e sotto alle lenzuola mi appoggiai alla sua spalla. I respiri erano ancora affannosi ma si stavano calmando. Mi tempestò il viso di baci, facendomi sorridere. «Ti amo» disse avvicinandomi a se. «Ti amo anch'io» risposi posando la mano sul suo petto. «L'avevi mai fatto da sola?» ridacchiò. «Cosa?!» esclamai colpendogli il petto. «Ahi! È questo il ringraziamento dopo lo splendido sesso?» Scoppiai a ridere. «No. Non l'ho mai fatto da sola perché lo trovo.. Bleah.» «E come hai fatto a rimanere vergine a quasi diciannove anni?» si accigliò. «Perché tu? Quando l'hai fatto in prima media?» Pensò. «A quattordici anni. Ma non importa la prima volta. Importa la volta giusta.» «La volta giusta?» «Già. Con te.» Chiusi gli occhi. «Ti amo» sussurrai. Sentii tempestarmi il viso di baci, quei baci dolci.. Quelli di cui la notte non puoi fare a meno.Spazio autrice ❤️
Ciao a tutte ragazze :)
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Grazie per aver letto il capitolo!
xoxo, Kat!
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Amami nonostante tutto
RomantizmUn college con un buon programma in medicina sembra un'ottima occasione per Alexis. Qui alla Kingstom University della Florida è lontana dagli orrori che riviveva ogni giorno nel suo vecchio appartamento dell'Upper East Side. Un fondo fiduciario da...