21. Forse sì.
21. Quando fissi le nuvole nel cielo per tutto il giorno e non ti accorgi che si sono mosse nel vento, ma realizzi solo alla fine che quella distesa celeste e immensa difronte ai tuoi occhi non è la stessa di dieci ore prima, allora vuol dire che hai pensato e hai fissato il cielo decisamente per troppo tempo. Ed è facile che succeda quando il tuo equilibrio è allo stesso livello di quando non avevi ancora imparato a camminare e la gente ti applaudiva se gattonavi da un punto a un punto b. Allo stesso modo Julie e Drake erano molto fieri di me quando riuscivo a mettermi sui gomiti ogni volta che mi portavano quell'orribile e disgustosa medicina gialla dall'odore illusorio di fanta. «Dovresti farti una doccia», disse Julie. Era seduta dietro la scrivania a fare dei compiti di biologia e a ripetere ad alta voce sebbene sapesse che non m'interessava minimamente sentirla balbettare. «Dovrei. Peccato che non riesco a alzarmi, figurati a sopportare un getto d'acqua sopra alla mia testa senza essere risucchiata dal nucleo terrestre.» «Allora ascoltami se ti va e se ci riesci.» «La odio Mrs Ruth. Lei odia me.» «Non ti odia» sogghignò Julie. «Okay, allora adora te. Perché quando ci vede e tutta un 'signorina Dickens, come la trovo bene oggi', e quando parlo io è persino più acida di mia nonna quando entrò in menopausa.» «Be', dovresti essere più gentile. Avere un sorriso dolce...» Gli lanciai un'occhiataccia. «Sto per vomitare.»
Julie si lamentò del vibrare incessante del mio telefono. Io non volevo sapere chi fosse il disturbatore imperterrito. Non ero in grado di tenere la minima conversazione. Però, alla fine, stremata da quell'insistenza, Julie afferrò il mio telefono da sopra la scrivania e una volta nel suo palmo, sgranò gli occhi. «Per la misera. Sono un'idiota! Jake!» Ebbi un tuffo al cuore. Il telefono le rimbalzò tra una mano e l'altra almeno sei volte, poi si spinse sul letto per passarmelo il prima possibile. Le feci cenno d'andarsene, e quando capì che non avrei risposto se non se ne fosse andata, indossò una smorfia di delusione e uscì dalla stanza. «Ehi», dissi. La mia voce era roca. Da malata. Un vero schifo. «Hai una voce da schifo.» La sua era perfetta. «Hai chiamato per insultare?» E perché adesso stavo sorridendo tra me e me? «No.» «E allora?» «Volevo sapere come stavi.» D'un tratto mi sentivo come se dovessimo essere insieme ad ogni costo. Come se dovesse raggiungermi subito. Non c'era motivo valido per star separati. «Sto male.» «Mi dispiace. Anche io sto male.» Mi accigliai. «Ti ho attaccato qualcosa?» «Non male in quel senso.» Susseguirono almeno cinque intensi secondi di silenzio. «Jake» «Lexie.» «Mi passerà. Spero passerà anche a te. Qualsiasi cosa tu abbia.» «Non credo», disse in tono spento. Presi un sospiro, sentendo nel contempo un nodo salire e stringermi la gola. «Buonanotte.» Non volevo sentire quell'inaffondabile senso d'angoscia. «Aspetta.» «Cosa?» «Voglio sentire la tua voce.» Anch'io volevo sentire la sua. Anzi, avrei voluto che venisse qui. Ma ero troppo altezzosa e schiva per poterglielo dire. «Credevo ti facesse schifo.» «Vero ma parlami lo stesso.» «Okay. E di cosa vuoi parlare?» «Di noi.» Quella conversazione stava diventando sempre più compromettente. «Non c'è di cui parlare.» Non potevamo. «Non fare così.» «Così?» «Così. Come se mi odiassi. Come prima che diventassimo amici.» Odiavo sapere che il mio modo di tenerci distanti stesse facendo soffrire entrambi e allo stesso modo, non potere evitare di respingerlo. «Non potrei mai odiarti.» «E allora qual è il problema?» «Sono io il problema.» «No. Sei la soluzione a tutti i miei.» Avevo avvertito un'altra stretta allo stomaco. Era stato bello sentirlo: sentire di essere così importanti per qualcuno. Per lui. «Se tieni a me allora perché non mi hai più parlato? Forse lo so il perché ma non avrei voluto chiudere con te.» «Stai dicendo che ti manco?» Esitai. «Lo sai. Tenevo molto alla nostra amicizia.» «Anche io.» Presi un sospiro. «Bene io stavo andando a dormire, per cui...» «Notte, Boccoli d'oro. Dormi pure. Ti chiamo domani.» Quando attaccò mi venne voglia di mettermi a saltare sul letto, o distruggere qualche cuscino. Rotolarmi sul pavimento. Saltare sul materasso. Ma non ero abbastanza in forze per poterlo fare e mi limitai ad affondare la testa nel cuscino.
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Amami nonostante tutto
RomanceUn college con un buon programma in medicina sembra un'ottima occasione per Alexis. Qui alla Kingstom University della Florida è lontana dagli orrori che riviveva ogni giorno nel suo vecchio appartamento dell'Upper East Side. Un fondo fiduciario da...