17.

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A quelle parole Liam si ritrasse, come se vedesse veramente il fratello per la prima volta.

"Non volevo che accadesse, te lo giuro. Mi spiace tanto." A Brian mancò la voce e si mise a piangere.

Il suo non era un pianto silenzioso e trattenuto causato dalla tristezza, ma i singhiozzi disperati di un bambino. Le spalle erano scosse da violenti spasmi.
Fino a quel momento, Brian non aveva mai versato lacrime per ciò che aveva fatto e adesso non voleva più fermarsi. Sconvolto dal dolore, Liam lo abbracciò e quel contatto gli fece sembrare ancora più terribile il crimine che aveva commesso, perché capì che suo fratello lo amava ancora, nonostante tutto. Non gli disse niente, ma prese ad accarezzarlo dolcemente sulla schiena. Brian si abbandonò contro di lui, tenendolo stretto, temendo che, quando lo avesse lasciato andare, tutto sarebbe cambiato tra di loro. Ma del resto sapeva che era già successo.
Dopo un po', sfinito, cominciò a raccontargli com'era andata.
Non gli mentì. Però tralasciò di dirgli delle visite notturne.
Durante la sua confessione, Brian non lo guardò mai negli occhi. Non voleva leggervi la pietà o il raccapriccio; non voleva sapere che immagine di sé gli avrebbero rimandato.
Ma, alla fine della storia, si fece forza e si costrinse ad alzare la testa. Non vide né amore né perdono sul suo viso. Quello che vide fu la paura.
Rimasero insieme tutta la mattina. Liam gli fece molte domande e Brian si sforzò di dare delle spiegazioni.
La domanda cruciale però - perché non fosse mai andato dalla polizia - rimase senza una vera risposta: lui poté solo dire che era in stato di choc, spaventato, e che alla fine era passato troppo tempo. Come Brian aveva sempre fatto con se stesso, anche lui giustificò in parte la sua condotta e nel contempo la deplorò. Analizzarono più volte i fatti dall'inizio alla fine, poi Liam rimase in silenzio e suo fratello capì che era giunto il momento di andarsene. Mentre si avviava alla porta, si girò a guardarlo. Il fratello piangeva in silenzio seduto sul divano, con il volto tra le mani, il corpo curvo e improvvisamente invecchiato.

Quella mattina, mentre Liam piangeva sul divano, Louis Tomlinson percorreva il vialetto della casa di Zayn. Indossava l'uniforme; era la prima domenica da moltissimi anni che non avrebbe accompagnato Harry a messa, ma come gli aveva spiegato non poteva fare altrimenti.
Non dopo le due telefonate ricevute il giorno prima. Non dopo essere rimasto alzato quasi tutta la notte a sorvegliare quella casa proprio a causa delle telefonate.
Bussò; Zayn venne ad aprirgli in jeans, felpa e berretto da baseball. Non mostrò di essere sorpreso della sua visita.

"Dobbiamo parlare." Disse Louis senza preamboli.

Zayn si mise le mani sui fianchi, senza nascondere la rabbia che provava nei suoi confronti.

"Parla, allora."

Louis si alzò la visiera del cappello.

"Vuoi che restiamo qui in veranda, dove Jonah può sentirci, oppure che andiamo in giardino? Scegli tu. Per me fa lo stesso."

Un minuto dopo lo sceriffo era appoggiato contro la macchina a braccia conserte ed il suo vice gli stava di fronte. Il sole era ancora basso sull'orizzonte e Zayn era costretto a socchiudere gli occhi per guardare l'amico.

"Devo sapere se sei andato a cercare Sims Addison." Disse Louis, andando subito al sodo.

"È una domanda, oppure lo sai già?"

"Te lo chiedo perché voglio vedere se sei capace di mentirmi guardandomi in faccia."

Dopo un momento Zayn distolse lo sguardo.

"Sì, sono stato in giro a cercarlo."

"Perché?"

"Tu avevi detto che non riuscivi a trovarlo."

A Bend in the Road  » ZiamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora