1. L'inizio

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Il colpo rimbombò nelle mie orecchie.
Erano tanti gli spari in quel posto, ma in quel momento quello era l'unico che avevo sentito. Vidi l'uomo che io avevo sempre ritento un vincente e un eroe cadere a terra. Ero ben nascosto dietro una roccia con uno degli uomini che ci avevano accompagnato lì, ma sentivo di non potere ignorare l'accaduto, sapevo che sarebbe stato pericoloso, ma, senza pensarci due volte, corsi verso mio padre.
Sentii l'uomo che prima era accanto a me corrermi dietro, ma io avevo già raggiunto il corpo riverso di mio padre e lo scuotevo per risvegliarlo. Avevo visto tante persone morire, compresa mia madre per mano mia, ma sapevo che non avrei sopportato la perdita del mio eroe.
In quel momento non mi interessava il fatto che potevo essere colpito e ucciso, pensavo solo a salvare mio padre, era un atto eroico agli occhi degli altri, ma sapevo che mio padre non l'avrebbe mai accettato. I sentimenti non dovevano mai prevalere sulla razionalità, me lo ripeteva sempre.
In quel momento sentii qualcuno strattonarmi per la spalla, era l'uomo accanto a cui ero stato tutto il tempo. Vedevo gli uomini attorno a noi che ci avevano circondato in modo da formare una sorta di scudo, ma io non ero spaventato della morte, in quel momento la prospettiva che mi terrorizzava di più era perdere mio padre, la mia guida, e dover portare avanti la società da solo, a 11 anni.
-Aiutami a portarlo in salvo.
Urlai all'uomo in nero, speravo che, nonostante il rumore degli spari, mi avesse sentito. Non sembrava convinto ad aiutarmi, ma alla fine capì che io non mi sarei mai spostato da lì se mio padre non fosse venuto con me. Trascinò il corpo fino al punto di riparo, lasciando una scia di sangue a terra e io mi rifugiai insieme a loro. Mio padre perdeva molto sangue, ma era ancora vivio.
Mi sembrava un miracolo, non potevo perderlo, come avrei affrontato tutto da solo?
-Papà, riesci a sentirmi?
Dissi con le lacrime agli occhi. Cominciai a piangere ancora più forte quando mi accorsi che non mi rispondeva, guardai l'uomo accanto a me con aria disperata, ma lui sembrava più inento a osservare lo svolgersi della battaglia.
-Papà, papà.
Continuavo a chiamarlo, respirava, non era morto, avevo solo bisogno dell'aiuto di qualcuno. Il cuore mi batteva a mille. Se proprio avessi dovuto essere sincero mio padre mi aveva sempre fatto regali, ma non potevo definirlo "affettuoso" perché mi aveva sempre spiegato che amare qualcuno era simbolo di debolezza, eppure non potevo immaginare una vita senza di lui.
Mi sentii sollevato quando vidi mio padre aprire gli occhi debolmente.
-Papà, non morire, ti prego.
Le mie lacrime cadevano sulla sua giacca di pelle, la stessa che avevo io, ma la mia era molto più piccola e, nonostante ciò, le maniche mi andavano lunghe lo stesso.
-Justin, non piangere.
Disse con tono adirato. Mi asciugai le lacrime e solo in quel momento mi accorsi come dovevo sembrare una femminuccia agli occhi di mio padre, non volevo che mi rimproverasse in un momento tanto delicato.
Sentii uno sparo verso la nostra direzione e un uomo che ci faceva da scudo cadde a terra.
Mi voltai nuovamente verso mio padre e quando mi accorsi che aveva di nuovo chiuso gli occhi lo scossi, in preda al panico. La cosa più brutta per cui mi sentivo in colpa era che non ero triste per la sua morte in sé, ma ero spaventato di dover portare avanti la società da solo.
Solo quando lo chiamai di nuovo e mi accorsi che non rispondeva capii che era morto.
E la cosa più terribile era il fatto che le ultime parole che mi aveva rivolto era un ordine, l'avevo deluso.
-Il capo è morto, proteggete il ragazzo.
Urlò un uomo, improvvisamente circa dieci uomini mi si pararono davanti per nascondermi alla vista dei nemici, sapevo perché facevano così, io ormai ero il nuovo capo e non potevano permettersi di perdere anche me.
-Come hai potuto abbandonarmi?
Urlai nella direzione di mio padre, il quale, ovviamente non rispose.
Ma lui non avrebbe voluto abbandonare la società, se avesse potuto scegliere. Di certo non l'avrebbe lasciata al suo unico figlio maschio, il figlio che lo aveva sempre deluso, che piangeva, che era affezionato agli amici e a sua sorella. Una delusione, praticamente.
In quel momento sentii la rabbia ribollirmi, era colpa dei nemici se in quello scontro armato mio padre era morto. Mi asciugai le lacrime e afferrai una pistola dalla cinta di mio padre. Vendetta. Dovevo uccidere l'assassino di mio padre per vendetta. Si sarebbe pentito avermi messo nei casini con la società.
-Papà, ti renderò fiero di me.
Dissi nella sua direzione, scivolai tra i soldati che cercavano di proteggermi e uscii allo scoperto. Colpii un uomo che si accasciò a terra, mi volta per mettere ko altri nemici, quando sentii un dolore lancinante alla spalla. Lasciai cadere la pistola e mi inginocchiai a terra, chiudendo gli occhi.
Solo in quel momento mi accorsi della stupidaggine che avevo fatto.
Mio padre non avrebbe approvato.
Aspettavo solo che qualcuno mi facesse fuori,sapevo che ero troppo esposto. Ormai ero già stato colpito, ma forse era meglio così. Improvvisamente sentii qualcuno strattonarmi per un braccio, urlai per il dolore, era lo stesso braccio che mi avevano ferito. Apii gli occhi e alzai lo sguardo, un ragazzo mi stava cercando di trascinare via di lì. Nonostante avessi ancora la vista appannata per le lacrime della morte di mio padre, per la rabboia e per il dolore, gli occhi verdi del ragazzo che mi stava salvando la vita erano inconfondibili, era da sempre uno dei miei migliori amici, Peter.
Sembra preoccupato e cercava di trascinarmi via di lì, si guardava intorno con aria disperata, come se solo in quel momento si fosse accorto del guaio in cui ci eravamo cacciati. Decisi che non volevo perdere il mio amico, così come era successo con mio padre e reagii. Mi alzai e mi trascinai fino a dietro un albero, il posto più sicuro che riuscii a trovare. Mi sedetti a terra, appoggiato con la schiena all'albero e chiusi gli occhi. Non riuscivo a sopportare il dolore del proiettile nella mia carne. Peter continuava a scuotermi e probabilmente mi incitava a seguirlo in un posto più sicuro, ma io non avevo abbastaza forza per esaudire le sue richieste.
-Peter, va via.
Dissi dopo un po'.
-Vai al sicuro da qui.
Ero stanco, ma riuscivo ben a capire che io ero al salvo, dietro quel tronco, ma lo stesso non valeva per il mio amico. Era grande e grosso, ma in quel momento era vulnerabile, proprio come lo era stato mio padre, come lo ero sato io. E i risultati si erano visti, mio padre era morto e io ferito.
Improvvisamente non sentii più nulla. Niente spari, niente urla.
E non vidi più nulla. Non c'era più né la luce né il mio amico davanti a me.
Ma in quel momento non riuscivo neanche a realizzare che stavo piano piano scivolando via dalla vita. Non era come dormire, era ancora più profondo e sicuramente più veloce.

R.E.C.O.V.E.R.YDove le storie prendono vita. Scoprilo ora