4.La ragazza

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Josh sarebbe dovuto tornare a momenti con la cavia che avevo ordinato a Paul e a Peter. Era tradizione che io la vedessi prima che Eddie e Jack cominciassero gli esperimenti dei veleni su di lei. Sentii qualcuno bussare. Non risposi, sapevo che Josh sarebbe entrato comunque. E poi ero troppo impegnato a controllare dei documenti sparsi sulla scrivania, da quanto ne avevo capito c'erano dei problemi con la società tedesca. Avrei cercato di risolverli, in qualche modo.
Con la coda dell'occhio vidi le due figure entrare, ma non ci badai troppo. Rimasi a fissare le carte, non riuscivo a capacitarmi di come i tedeschi ci stessero imbrogliando, continuavano a evitare di mettere soldi nella cassa generale delle società.
Il rumore di un corpo che cadde mi portò ad alzare leggermente gli occhi e notai la cavia stesa a terra. Josh, probabilmente, l'aveva spinta con troppa violenza. In fondo non mi interessava più di tanto. Sarebbe dovuta morire lo stesso prima o poi. Non che fosse nostra intenzione ucciderla, era solo che Jack ed Eddie non erano proprio bravi con gli esperimenti e ciò ci costringeva a dover cambiare la cavia più spesso del previsto, ma generalmente la sceglievamo tra persone già malate e prossime alla morte, o persone che si offrivano volontarie perché credevano di non avere più ragioni per vivere. In realtà neanche mi interessava scoprire chi era la nuova cavia, un malato terminale? O un depresso che credva che la sua unica sorte fosse la morte?
Alzai il volto, pronto adaffronarlo, quando mi accorsi che era una ragazza, ancora a terra e tremante. Abbassai subito lo sguardo, cercando di non mostrarmi scosso. Tanto per cominciare non volevo una ragazza debole come lei, a fare da cavia. Così sarebbe morta in pochissimo tempo e ne avrmmo dovuto prendere un'altra. In più c'era qualcosa in lei che mi faceva innervosire e mi metteva in agitazione. Il suo aspetto. Quella ragazza era identica a lei.
Cercai di raccogliere la forza per guardarla di nuovo, intanto facevo finta di controllare le carte. Sapevo che questo l'avrebbe messa in agitazione ancora di più, si sarebbe sentita trascurata, ma in realtà non mi importava più di tanto, dopo di allora non l'avrei mai più rivista. E questo mi bastava.
Mi alzai e la raggiunsi. La guardai dalla testa ai piedi. Era ancora a terra, con la testa bassa, tremava e piangeva, come tutte le mie vittime del resto. Non riuscivo bene a guardarla in volto, perché i capelli lunghi le ricadevano sulla faccia. Stava accovacciata, come se questo potesse salvarla da me o da Josh dietro di lei. Se avessi voluto l'avrei potuta uccidere lo stesso senza alcun problema, con una pistola o con un coltello, ma lei sembrava più serena a stare in quella posizione. Le mani delicate e sottili poggiavano a terra, immaginai di toccarle e di sentirle sudate per la paura. Era magrolina e anche se era seduta a terra ipotizzai che fosse poco più bassa di me.
Ma in quel momento non mi doveva interessare il suo aspetto, di certo non era la prima donna che vedevo. C'era già stata mia mamma, la mia adorata sorellina e tutte le donne delle altre società. Eppure c'era qualcosa in lei che mi provocava sentimenti contrastanti. Sentimenti positivi, perché la ragazza assomigliava incredibilmente a lei, e negativi, perché mi sembrava troppo debole anche solo per sopravvivere alla notte.
-Alzati.
Dissi, consapevole che la voce mi era uscita roca. Lei lo fece, tremava ancora, e sembrava rammaricata di aver dovuto rompere il suo guscio a terra per alzarsi in piedi. Stava meglio rannicchiata lì ai miei piedi. Cominciai a girarle intorno per osservarla meglio. Più lo facevo e più lei tremava, inoltre mi accorgevo di tutti i difetti che aveva. Braccia troppo secche, avrebbero potuto spezzarle senza problemi ed era pallida come se stesse per morire da un momento all'altro. Forse era una ragazza malata terminale, eppure sembrava troppo spaventata e attaccata alla vita per esserlo. In genere i malati che arrivavano qui come cavie erano tristi, ma più che altro rassegnati, perché in un modo o nell'altro sapevano di dover morire.
Eppure questa ragazza era inadatta. Non poteva essere una cavia, avevano trovato la persona sbagliata.
-Perché avete preso questa ragazza?
Urlai contro Josh. Sapevo che non era stata lui a sceglierla, eppure avevo bisogno di scaricare la mia rabbia.
-Tu avevi ordinato una ragazza.
Spiegò Josh, ma non era così. Io non avrei mai scelto una ragazza. Si sbagliava di grosso, Peter e Paul avevano scelto la cavia, non io. Ero infuriato. Mi voltai verso la scrivania, per dedicarmi al mio lavoro. Non mi interessava delle sorti di quella misteriosa ragazza.
-Che dovremmo fare ormai?
Chiese il ragazzo. Non risposi, non sapevo cosa dire,in un certo senso sentivo di non dovere rifiutare quella ragazza.
-Ha provato a fuggire ed è sopravvissuta al trauma cranico. Inoltre ha sangue B positivo.
Continuò a spiegare Josh. Ci serviva una cavia con sangue B positivo, questo lo sapevo, ma non fu il suo sangue a interessarmi, più che altro il tentativo di fuggire.
Mi incamminai verso di loro. La ragzza sembrava stare meglio, era più serena, forse aveva capito che non l'avrei uccisa.
-Ha provato a scappare?
Non era mai successo prima. Quelli che sceglievamo per gli esperimenti volevano morire e non avrebbero mai cercato di fuggire. Altri erano addirittura troppo codardi per farlo. Ma lei no. Lei era diversa. Aveva cercato di fuggire, e non mi sembrava malata o depressa, affatto. Perché Peter aveva deciso di mandarmi proprio lei? Era speciale? Sarebbe servita di più per gli esperimenti?
-Sì, ha una buona forza di volontà.
Aggiunse Josh, sì, questo era evidente. Ma di certo Peter non l'aveva scelta per la determinazione, magari per la sua forza fisica, anche se apparentemente sembrava solo fragile.
-E' altrettanto forte?
-Non sappiamo quanto può sopportare.
Spiegò Josh.
Avevo bisogno di capire perché Peter aveva scelto proprio lei. Non era come tutte le cavie che avevamo preso prima, perché proprio lei?
Strinsi un pugno, e, prima di poterci ripensare, colpii la ragazza dritta in pancia. Lei chiuse gli occhi e cominciò a tossire piegandosi in due. Non era forte. Peter non l'aveva scelta per questo. In genere usavo la violenza solo per punire chi non rispettava il codice o chi lo meritava, per giustiza, ma quella ragazza non aveva fatto nulla per essere colpita da me. Eppure lo avevo fatto per testare la sua resistenza. Mi sentii improvvisamente in colpa. Quella piccola ragazza che sembrava sul punto di spezzarsi in due era stata picchiata proprio da me, per nessun motivo valido. Ma io in genere non avevo rimorsi. Perché in quel momento sì? Perché sentivo un qualcosa che mi attirava a lei? Non potevo di certo liberarla, ma neanche farla diventare una socia. Decisi semplicemente di prendere tempo. Mi voltai verso la scrivania.
-Magari per ora può esserci utile.
Dissi semplicemente. Mi sedetti alla mia poltrona e tornai a guardare le carte, anche se in realtà adesso non ero affatto interessato ai problemi con la Germania, riuscivo solo a pensare a come si era piegata lei dopo aver ricevuto il mio pugno. Josh la trascinò con sé via dalla stanza.
-Potrò tornare a casa?
Chiese implorante nella mia direzione. Era la prima volta che sentivo la sua voce. Era così bassa e tremante che mi fece quasi tenerezza. Senza neanche alzare lo sguardo dai fogli, sorrisi. Per essere una ragazza di diciassette anni, almeno era quello che dimostrava, sicuramente sembrava ingenua. Lei comunque non sarebbe mai tornata a casa. Né da viva né da morta. Nessuno poteva lasciare la società una volta dentro.
Quando Josh si chiuse la porta alle spalee, smisi di fare finta di leggere i documenti e alzai la lampada dalla scrivania, prenedendo in mano la foto che nascondevo lì sotto. Accarezzai la superficie liscia della foto e rimasi a fissarla in silenzio. Mia madre era bellissima nella foto... e quella ragazza anche. Scacciai subito il pensiero e cercai di autoconvincermi di non averlo mai pensato, ma in realtà sapevo che non era così. Mi sentivo attratto dalla ragazza perché il suo sguardo, la sua bocca, lei in generale mi ricordava mia madre, ecco perché mi sentivo in colpa. Uccidere quella ragazza significava uccidere di nuovo mia madre. Ma così sarebbe andata. Quella ragazza era appena diventata la cavia dei nostri esperimenti. E morire era il suo destino.

R.E.C.O.V.E.R.YDove le storie prendono vita. Scoprilo ora