2.Potere

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-Perché ti sei rivolto male a noi quel giorno?
Sbottò Peter entrando in fretta nello studio del capo. Lo stesso studio che adesso era mio. Sulla poltrona, dietro la scrivania, non c'era più mio padre, ma io. Nel mio ricovero in ospeale avevo maturato l'idea di portare avanto il mio compito e lo avevo accettato. Io sarei stato il capopiù capace della società nella storia, sarei stato esattamente come mi voleva mio padre. E i miei amici non erano più contemplati, tantomeno l'amore che provavo per mia sorella Alice.
-Peter, tanto per cominciare bussa prima di entrare.
Risposi con tono seccato, ok, non sembravo credibile, dovevo ancora migliorare, ma ci sarei riuscito. Mio padre sarebbe stato fiero di me. Solo in quel momento, quando alzai il volto, mi accorsi che Peter non era solo, ma con lui c'erano Thomas e Paul.
-Ma stai scherzando, spero.
Disse Peter ridendo.
-Esci, bussa e aspetta il permesso di entare. Non sto scherzando.
Il sorriso di Peter non se ne andò, ma sembrava sconcertato.
-Ho accettato che tu mi mandassi via dalla camera dell'ospedale senza dire nulla, pensando che magari volevi stare un po' da solo per via dell'incontro con Daniel, ma non penso che tu davvero voglia comportarti così per sempre.
Piano piano il suo sguardo era diventato più duro e i suoi occhi verdi mi accusavano. Era più grosso e più grande di età di me, ma per ironia del caso io ero diventato il suo capo e lui il mio dipendente, lo doveva accettare.
-Esci, bussa e aspetta il permesso di entrare.
Ripetei con calma, come se le sue parole non mi avessero toccato affatto, in realtà non era così, perché sapevo che sarebbe stato difficile tenere lontani i miei amici.
-Ma Justin, ti prego.
Il quel momento Thomas, che era stato in silenzio e a testa bassa,si fece avanti. Era più piccolo di Peter, ma sempre più grande di me. Sicuramente era colui che sapeva combattere meglio tra i miei amici, mi sarebbe stato utile, ma odiavo quel suo sguardo da cane bastonato che aveva costantemente da quando era piccolo, sembrava che avesse paura di tutti, ma poi sul campo di battaglia lo perdeva e impiegava tutte le proprie forze per vincere, lo ammiravoi sotto questo aspetto.
-Non mi chiamate più così.
Dissi semplicemente.
-Come? Justin? Ma è il tuo nome.
Protestò Peter.
-Ma mio padre non l'ha detto a nessuno, lo conoscete solo voi tre, perché ve l'ho svelato io e lo conosce mia sorella. E così deve essere. Un nome mi renderebbe solo più vulnerabile, più di quanto io già sia.
Forse quell'ultima frase non avrei dovuto dirla, così avrebbero capito perché mi comportavo in quel modo. Solo per sembrare più forte.
-Credi di essere vulnerabile? Per questo ti comporti così?
Disse Peter avanzando.
-Se volete continuare questa discussione, uscite dalla camera. Bussate. Aspettate l'ordine di entrare.
Dissi un'ultima volta. Questa volta li guardai tutti e tre negli occhi, dovevano imparare ad aver rispetto.
-Sì, capo.
Disse Paul con aria disgustata. Fino ad allora aveva semplicemente osservato la scena con attenzione. Sicuramente era più intelligente degli altri, sembrava sempre un passo avanti a tutti. Lui mi sarebbe stato utile, come Thomas. Ma Peter era il mio migliore amico e mi aveva salvato la vita, di certo non lo avrei escluso.
Così Peter prese per mano Thomas e Paul afferrò per l'altro braccio Peter, e i tre uscirono dalla camera. Io rimasi seduto, aspettando che tornassero, ma così non fu. Probabilmente con il mio atteggiamento li avevo allontanati per sempre. Meglio, così sarebbe stato più facile per me continuare a portare avanti la società. Da solo.
Aspettai qualche minuto, alla fine mi alzai e mi diressi verso un cassetto in fondo alla stanza. Continuavo a ripetermi che avevo fatto la cosa giusta, ma non riuscivo ad accettare che non sarei mai più stato con loro.
-Ce la posso fare.
Mi ripetei. A quel punto aprii il cassetto e presi un paio di coltelli. Appeso al muro c'era ancora un bersaglio simile a quello del tiro a segno, con cui si allenava mio padre. Mi misi lì davanti a diversi metri di distanza. Chiusi gli occhi e inspirai a fondo. Sentii l'adrenalina liberarsi e spargersi nel mio corpo raggioungendo anche le mani e i piedi. Espirai e aprii gli occhi. Feci un passo avanti, allungiai il braccio destro lanciando il coltello. Mentre era ancora a mezz'aria lanciai l'altro con la mano sinistra. Mi ricomposi e guardai il bersaglio. Avevo fatto centro con entrambi i coltelli.

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