6.Insegnamenti

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Continuavo a pensare a ciò che avevo sussurrato a mia sorella nell'orecchio prima che morisse. "Mi piace". Intendevo dire che mi piaceva Quinn e Alice aveva stralunato gli occhi, come se le sembrasse difficile da credere. Avevo sempre rifiutato l'affetto, certo, ma perché ad Alice sembrava così tanto strano che mi potesse piacere una ragazza? Perché sembrava strano a tutti?
Ero a conoscenza delle teorie che circolavano in giro. Speravo solo che Quinn non ne venisse a conoscenza.
La prima era assurda. Credevano che io potessi usare Quinn solo per dare sfogo alla mia violenza. Mi vedevano come un uomo crudele e spietato, ma in realtà io lo ero solo con chi lo meritava, non avrei mai picchiato una persona innocente, tantomeno Quinn. Forse mi credevano capace di picchiare anche chi non doveva essere punito a causa della mia repulsione verso tutti gli altri.
La seconda teoria, invece, era in parte vera. Credevano che io passassi molto tempo con Quinn perché mi dovevo assicurare un successore. A me serviva un successore, ma sentivo ancora di non essere pronto per una cosa del genere.
La terza teoria era quella a cui non credeva nessuno. Nessun socio sano di mente avrebbe mai pensato che io potessi amare Quinn. Infatti io non l'amavo. Solo era carina, dolce, piccola... insomma, mi piaceva e basta. Non mi sarei mai innamorato veramente di lei, ma aveva delle buone potenzialità per diventare una brava socia. Tutto qui.
Ma adesso che era una di noi avrebbe dovuto imparare a combattere per il suo bene. Ecco perché l'avevo convocata nel mio ufficio. Qualcuno glielo doveva pur insegnare. E io non mi fidavo degli altri. Nella società c'erano delle palestre con istruttori incaricati di formare i giovani combattenti, ma non me la sentivo di mandare una ragazza come lei tra un gruppo di uomini così muscolosi e così grossi, l'avrebbero sterminata in un momento. Spesso io stesso prendevo in carica l'allenamento di alcuni soci troppo deboli, quindi speravo che le mie lezioni con Quinn non insospettissero nessuno.

-Devi sapere che spesso capita che scoprano la nostra sede e dobbiamo cambiarla, altre volte che durante degli attacchi ci dobbiamo difendere, io ti insegnerò come lottare.
Dissi guardando nella direzione di Quinn. Sembrava particolarmente tesa e aveva un' aria preoccupata. Forse l'idea di lottare non l'affascinava?
Dopo aver capito il meccanismo si sarebbe rilassata, era meglio cominciare subito. Mi alzai la t-shirt giusto il tempo di prendere il coltello da sotto di essa. Quando alzai la testa la guardai. Non era più preoccupata, adesso era terrorizzata e le tremavano le gambe. Credeva che le volessi fare del male?
Le porsi il coltello.
-Perché quella faccia spaventata?
Senza aspettarmi una risposta sistemai il bersaglio da colpire, sulla parete di fronte a noi.
-Forza, cerca di fare centro.
Lei rimase immobile a guardare per un po' il coltello, dopodiché prese coraggio e si posizionò. Era tutta storta, non era così che si doveva mettere. Stavo per dirglielo quando lei lanciò l'arma. Vidi il coltello avvicinarsi sempre di più verso la mia fronte, così mi buttai a terra e lo schivai.
Le porsi di nuovo l'arma.
-Forza, concentrati.
Lei si posizionò meglio rispetto a prima. Aveva le gambe divaricate per una maggiore stabilità e leggermente girata di lato, con un braccio teso, cercava di prendere la mira. Stava per tirare quando la fermai. Sì, era innocente e dolce, ma avevo l'impressione che restando lì mi avrebbe fatto fuori.
-Aspetta.
Le dissi. Fatto ciò mi scansai.
-Forza, vai adesso.
Lei sembrava confusa e continuava a guardarmi in silenzio.
-Vorrei arrivare a fine giornata.
Le spiegai. Aspettavo che si mettesse a ridere, ma rimase impassibile e si posizionò come prima. Si era offesa? Magari non avrei dovuto prenderla in giro? Mi avrebbe perdonato? Sperai di sì.
Lanciò il coltello e finì esattamente nel punto di prima. Andai a raccoglierlo e glielo porsi nuovamente per riprovare.
Lei si mise in posizione, ma non mi convinceva, così senza pensarci più volte mi posizionai dietro di lei. Le posai una mano sul fianco e sparai che non potesse vedermi in faccia. Dovevo ammetterlo, ero imbarazzato. Non avevo mai toccato una donna al fianco, anzi, non avevo mai toccato una donna, se non mia sorella quando litigavamo. Il suo fianco era duro, proprio perché era troppo magra, però allo stesso tempo non lo era quanto quello di Alice, perché Quinn non aveva abbastanza muscoli sviluppati. Le avrei ordinato quelche esercizio. Portai l'altra mano verso il polso della mano con cui teneva il coltello e posai il mento sulla sua spalla per prendere la mira e aiutarla a fare centro. Profumava. I suoi capelli mi solleticavano il viso ed era una bella sensazione. Sperai che lei non potesse sentire il mio cuore in quel momento, perché quello non era un battito normale. Una sensazione di felicità mi invase tutto il corpo. Non credevo di averla mai provata prima. Era come se in quel momento mi interessasse solo lei, il suo fianco, il suo polso e la sua spalla.
-Ci vuole solo una forza più equilibrata.
Le mossi la mano mentre lanciava il coltello e riuscì a fare centro. Immaginavo che fosse felice, così mi allontanai da lei a malicuore per vederla esultare, ma lei non lo fece.
Raccolsi il coltello.
-Visto? Hai fatto centro.
-Veramente è tutto merito tuo.
Puntualizzò. Ecco perché non esultava, era troppo intelligente per farlo.
-No, non tutto.
Dissi per incoraggiarla.
-Solo la maggior parte.
Puntualizzò con un tono ironico.
-Forse.
Alzai le spalle e le passai l'arma. E pensare che proprio in una situazione del genere avevo baciato per la prima volta in vita mia. Quanto avrei voluto fare la stessa cosa con lei. Mi passai la lingua tra le labbra e in quel momento mi accorsi di quello cui stavo pensando e me ne vergognai infinitamente. Pessima idea. Io non avrei mai baciato Quinn perché non l'amavo.

R.E.C.O.V.E.R.YDove le storie prendono vita. Scoprilo ora