~> Five. <~

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~Capitolo.5~

Il mio incubo peggiore iniziava esattamente tra qualche minuto, quando sarei stata costretta a condividere l'aria con quell'imbecille del mio fratellastro e quei due innamorati dei miei nuovi genitori.

Bloccai lo schermo del telefono dopo aver inserito una password per ogni applicazione che avevo installato: con un fratello tra le palle, meglio prevenire prima di trovarsi al gabbio.

L'unico pro che avrei incontrato in quella situazione era che sarei stata lontana da lui per un bel po' di tempo ma, conoscendo mia mamma, avrebbe pagato immediatamente il riscatto, rovinando il mio piano di evacuazione.

Mi sfilai le scarpe per la prima volta durante tutta la giornata e le gettai nel vuoto, sperando che un príncipe azzurro potesse afferrarle al volo e restituirmele, regalandomi uno di quei tenerissimi baci di cui una vera principessa necessita.

Strizzai gli occhi cercando di accantonare quell'immagine in un posto libero della mia mente: ero a Buenos Aires, non in una radura incantata, idiota.

Mi lasciai cadere a peso morto sul letto matrimoniale al centro della mia camera e potei sentire l'odioso scricchiolio della mia schiena; stupido fidanzato della mamma..

Dall'altro lato del letto, invece, si trovava la mia valigia, gettata come un sacco di spazzatura dal mio adorato fratellino quando mi mostrò la stanza dove avrei dovuto trattenermi fino all'età matura.

Saltando sul letto come un incrocio tra una scimmia malata e un'acrobata senza equilibrio, raggiunsi la borsa per prendere, dallo scompartimento sinistro, le mie calde pantofole paperinose con cui avrei fatto invidia al mondo intero.

Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta di legno che divideva la mia stanza con il resto del corridoio del secondo piano. Nuovo obiettivo per il futuro: appendere un cartello sul quale incidere "Fuori dalle sardine, stronzi."

-Sono nuda, sessualmente attiva e con gli ormoni in subbuglio. Se non sei psicologicamente pronto, ti consiglio vivamente di non entrare.- risposi sprezzante infilandomi la pantofola al piede sinistro, disinteressandomi del fatto che poteva trattarsi di mia madre o semplicemente di Harry.

-Sei nuda?- la porta si aprì con un tonfo e vidi Jorge accigliarsi: ci sperava quel maiale in calore, eh. Scosse il capo deluso e anche sessualmente frustrato. Il mio viaggio prosegue di bene in meglio.

-Ma quali cazzo di problemi ti affliggono?- sapete, ero in cura da uno psicologo tempo fa, magari avrei potuto consigliarlo anche a lui. Lo spinsi fuori una volta aver calzato la pantofola, pregandolo di bussare se non voleva ricevere il piacere di assaggiare il mio ginocchio destro.

-La cena é pronta, Martina.- ti pare che non lo abbia capito: dalla mia camera, arrivava un profumino di vomito, contornato a della salsa barbecue scaduta e patatine fritte affumicate. Mia mamma era ai fornelli?

-Stavo giusto scendendo..- bugia: volevo solamente stendermi sul letto ed addormentarmi fino alla fine di questo incubo, cercando di non morire vergine.

Mi mancava tanto papà e l'idea che mamma lo avesse dimenticato così in fretta, mi rattristava molto. Avrei voluto sentire la sua voce, forse per tranquillizzarmi, forse per sentirlo ancora accanto a me.

-Muoviti.- ordinò il ragazzo con tono duro e freddo nei miei confronti. Corse velocemente il corridoio e scese la rampa di scale: sicuramente, non aveva ancora assaggiato la cucina della sua futura matrigna.

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