~Capitolo.12~
MARTINA POV'S
Rimasi pietrificata sulla soglia di casa da quelle iridi azzurro intenso che stavano rallentando i battiti del mio cuore. D'improvviso, sentì il respiro pesante di un maratoneto dopo aver tagliato il traguardo della sfida più grande della sua vita.
Mi pizzicai di nascosto l'avambraccio, tentando di non dare nell'occhio e serrai la porta alla mie spalle con un lieve colpo.
-"Il telecomando non funziona."- esclamò deluso il ragazzo dalla chioma fuxia che, nel frattempo, si era sdraiato sul divano come un babbuino, poggiando le grandi scarpe sul tavolino italiano di mia madre.
-"Ma è un accendino!"- lo rimproverò l'amico al suo fianco, scansandogli i piedi dal mobile e provando ad afferrare, invano, il telecomando dall'altro lato del divano.
Mi riordinai rapidamente quei quattro capelli fuori posto e, con il capo chino verso il basso, intimidita dalla presenza dei ragazzi, attraversai il soggiorno, raggiungendo la scala.
-"Tu devi essere la nuova governante. Bene, perché sto morendo di fame. Allora, cinque panini con petto di pollo croccante, pomodoro e due foglie di insalata mista. Ah, ricorda di bagnare il pane con della maionese."- Ero sul punto di salire il primo gradino quando, la voce del ragazzo con la bandana, mi bloccò.
Si strofinò le mani, pronunciando il famoso proverbio "pancia mia, fatti capanna." e si asciugò l'acquolina che scendeva lungo il lato destro della labbra.
-"E 'sto cazzo, non ce lo metti?"- mi voltai indignata verso la sua figura, incontrando i suoi occhi e lasciandolo senza parole. Intanto, sentì sulla mia pelle gli occhi furibondi di Jorge.
-"Già ti amo. Mi chiamo Michael e amo gli unicorni. Vuoi essere il mio unicorno? Adoro gli unicorni. Ho già detto che ti amo?"- si alzò di scatto dal divano e si avvicinò alla scala, prendendomi la mano e distraendomi, per un secondo, da quella situazione imbarazzante.
-"Io sono Calum e no, non sono cinese."- si presentó quell'altro non muovendo neanche un dito dal divano, concentrato a guardare i cartoni.
-"Martina, il piacere è tutto mio."- sorrisi allibita. -"O, almeno, credo."- ci fu un silenzio imbarazzante, durante il quale mi osservai le unghie della mano, eliminando le pellicine e capendo che avevo seriamente bisogno di prendere al più presto un appuntamento dall'estetista.
-"Io sono mortificato."- si portò le mani tra i capelli il ragazzo che, qualche istante prima, credette che fossi una cameriera, sistemandosi ripetutamente la bandana pur di non incontrare il mio sguardo.
-"È il minimo: mi hai confuso per una cameriera! E poi, caro, non è questo il modo per chiedere un favore a qualcuno."- sospirai per poi riprendere il discorso. -"A questo punto, quindi, suppongo che Jorge non vi abbia minimamente accennato della mia presenza in questa casa."- tentai di rasserenarlo, (anche se non penso di esserci riuscita alla perfezione), spezzando il ghiaccio che regnava in quella stanza. I miei occhi si posarono su quel cretino del mio fratellastro che continuava a grattarsi la nuca.
In cucina. Accanto ai fornelli. Mi auguro che tu non abbia la forfora.
-"Non ho avuto tempo a sufficienza per spiegare loro che un essere fastidioso sarebbe venuto a vivere con me, okay?"- si giustificò Jorge, cercando di deviare il discorso. Abbastanza annoiata, mi rimisi sui miei passi e mi diressi verso la mia stanza nella quale, fino a qualche minuto prima, elaboravo un piano di fuga.
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Wherever You Are
FanfictionQuesta è la loro storia ed io ho deciso di condividerla con voi. Leggete, per capire.