~Capitolo.4~
Sorpassati due isolati, Harry imbucó un piccolo e stretto viale che conduceva ad una meravigliosa casetta in stile montano circondata da numerose piante di bambù africani e piccole coltivazioni di orchidea e tulipani. Non pensavo avesse buon gusto.
Il signore al volante spense il motore e scese dall'autovettura. Corse ad aprire la portiera della macchina ad entrambe: me e la mia dolce mammina.
-Coraggio Martina, siamo arrivati.- mi invitò a scendere per afferrare le mie valigie nel portabagagli dell'auto. Ovviamente, la donna che mi aveva creato e cresciuto aveva il maggiordomo. Harry, povero Harry: hai a che fare con la strega di Biancaneve.
Finalmente, così potevo sgranchirmi le gambe dopo ben dodici ore di viaggio solamente per raggiungere uno stupido uomo.
Come un veloce ghepardo con la grazia di un elefante monco, non feci in tempo a bussare alla porta di casa che caddi inciampando su un gradino costruito un po' a cazzo.
Spolverai i vestiti e cercai di raccogliere la mia dignità, prima che qualcuno potesse calpestarla. Il mio pugno tuonò più e più volte al portone di casa ma nessuno venne ad aprire.
-Martina, la porta è aperta.- oh grazie Harry ma sai, volevo solamente risultare educata ai tuoi occhi, altrimenti avrei già scannato la porta per la rabbia che ho in petto. E ancora una volta, feci la figura di una stupida. La giornata proseguiva di bene in meglio, senza ombra di dubbio.
-Oh, okay. Grazie.- girai la maniglia del portone d'ingresso di casa e, quando entrai, la mia espressione era pari ad un bambino che, in tutta la sua vita, non aveva mai visto nulla.
Davanti ai miei occhi, avevo un grandissimo soggiorno con ampie finestre vetrate artistiche e divani in pelle. Ai lati, due alte lampade illuminavano ancora di più la stanza arricchita da numerosi oggettini decorativi posti in modo ordinato su ogni mobile della camera.
Il sole stava calando lentamente su montagne ben disegnate nel paesaggio e regalava alla villetta i colori del tramonto: rosso, giallastro e arancione.
Rimasi impietrita davanti la soglia di casa come un'emerita idiota, mentre Harry si spaccava la schiena a scaricare le valigie e a portarle dentro.
-Tesoro, vuoi una mano?- domandò la signora preoccupata, vedendo l'espressione e i continui sforzi del suo povero compagno. Ma che donna deficiente é mia madre: era ovvio che avesse bisogno di lei.
-Oh, magari amore mio.- rispose l'uomo, sbattendo violentemente a terra una delle tante valigie di mia madre e rivolgendole un sorriso stanco ma felice.
Stimo Harry: io le avrei già acquistato un bel biglietto per quel paese.-Martina, aiuta Harry con le valigie: non è il tuo maggiordomo personale.- mi rimproverò la donna, sistemandosi i capelli al grande specchio dell'ingresso.
Mamma, le valigie sono le tue.Mi limitai a sorridere e ad annuire: come mi avevano insegnato i miei genitori.
Posai accanto il divano le mie due valigie, contenenti si e no vestiti e oggetti vari, e corsi in giardino ad aiutare il signore. Mi ospitava, glielo dovevo.-Fa portare a me qualche valigia, Harry. Non preoccuparti.- invece doveva preoccuparsi eccome. Il signore lasciò scivolare a terra i tanti beautycase che teneva in spalla e le due borse che occupavano le mani e corse dalla donna nella casa. Sai cosa significa "gentilezza"?
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Wherever You Are
FanfictionQuesta è la loro storia ed io ho deciso di condividerla con voi. Leggete, per capire.