23) Vendetta esplosiva

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« Più potente! Più potente! »

Urlava mentre caricava la sua bomba con la polvere da sparo. Mentre i soldati continuavano ad arrivare ed a perire sotto la spada del suo compagno, lui si concentrava sul composto e sul dosaggio per l'esplosivo.

« Hai terminato, Set? »

Gli domandò il suo compagno mentre riponeva nel fodero nero la lunga katana impregnata dal sangue Tkall. Il corridoio era pieno di cadaveri dei combattenti e, in lontananza, altri soldati stavano per arrivare. Set, un essere completamente glabro, con gli occhi piccoli e socchiusi e con delle orecchie appuntite rivolte verso l'alto, stava ultimando il suo ultimo "capolavoro": una bomba che avrebbe raso al suolo il simbolo di Kyria, il castello reale. L'alieno, proveniente dal pianeta Macka, era vestito con dei semplici stracci che facevano intravedere la sua pelle rosa e piva di peli e, sia alle mani che ai piedi, portava delle catene. Infatti, sia lui che il suo compagno, erano riusciti a scappare dalle prigioni a causa di una guardia poco sveglia e si erano diretti al castello reale per potersi vendicare della razza Tkall, coloro che avevano raso al suolo il loro povero pianeta.

« Manca poco e sarà completa! Il reagente si sta concentrando e quando scadrà il timer sarà la fine per questo castello! »

« Ed anche per noi... », pensò lo spadaccino mentre ascoltava il silenzio tombale del corridoio. A quanto pare gli Tkall stavano organizzando un piano per recuperare l'ostaggio che avevano catturato pochi minuti prima.

« Vi sto per raggiungere madre! Manca poco e vi vendicherò! »

Set era euforico e pieno di sé. Sognava quel giorno da ben quattro anni ed aveva studiato per tutto il tempo un piano per poter far esplodere il cuore di Kyria. Sul suo povero pianeta lavorava con i fuochi d'artificio, perciò si trovava a proprio agio con la polvere da sparo e con altri reagenti esplosivi. Purtroppo, lo sterminio della sua razza e la lunga prigionia, lo fece impazzire. Di tutto il suo popolo, solo lui e Mec erano riusciti a sopravvivere. Per l'arrivo di quel giorno, infatti, Set doveva ringraziare di cuore il suo compagno di schiavitù che, nonostante l'handicap causato dai carcerieri, era riuscito lo stesso a proteggerlo dai guerrieri che proteggevano le porte del castello. Sul suo pianeta, Mec era una guardia imperiale, ma, su Kyria, fu costretto a vestirsi con i luridi abiti da schiavo e fu punito per i suoi innumerevoli tentativi di fuga. Una sera, i carcerieri lo fermarono in cinque e gli cavarono gli occhi. Da quel momento vide solo oscurità dinanzi a se.

« Anche se distruggete il palazzo, mio padre non perderà il controllo dei pianeti conquistati. State sprecando il vostro tempo, miseri schiavi. »

La calma glaciale e la freddezza dell'ostaggio fece destabilizzare Set che sbaglio il composto, scatenando una piccola esplosione all'interno della stanza, spaccando una vetrata e riempiendo la stanza di fumo.

« Guarda cosa mia hai fatto fare! »

Urlò facendo cadere a terra la principessa Tkall a terra con uno schiaffo. L'esplosione avrebbe messo in guardia molti più soldati e la popolazione avrebbe capito che c'era qualcosa che non quadrava al castello. Senza volerlo aveva aggravato la loro situazione.

« Ormai è tardi per arrabbiarsi, sbrigati a finire. »

Lo esortò Mec, sguainando la strada ed aspettando di ascoltare i passi dei soldati nel corridoio. Da quando era diventato cieco poteva fronteggiare i suoi avversari basandosi solo sull'udito e sull'olfatto. Ma, purtroppo, l'olfatto era distratto dalla puzza di fumo dell'esplosione, quindi poteva fare solo affidamento su un solo senso. Lui era molto diverso dal suo compagno di schiavitù. Provenivano da popoli diversi dello stesso pianeta e si vedeva chiaramente la differenza. Set era magro e glabro, in più la sua pelle era di un color rosa pallido. Mec, invece, era ricoperto da una folta peluria in tutto il corpo. Solo i suoi capelli si differenziavano dal resto, dato che erano raccolti in un codino ed erano di colore diverso. Infatti i suoi capelli erano neri, mentre il manto che gli ricopriva il corpo era grigio.

« Che disonore... Prima un vile schiavo ruba la katana sacra, poi un suo simile osa schiaffeggiarmi. La pagherete cara per tutto ciò. »

Nonostante il pericolo, la principessa non si scomponeva, rimaneva calma e tranquilla, sapeva con certezza che i guerrieri del palazzo l'avrebbero salvata.

« Sei troppo sicura di te! Dovevamo scegliere un ostaggio migliore! »

« Set, devi stare calmo. Non esiste un ostaggio migliore di una principessa. È così calma solo perché è sicura di salvarsi. Ma, purtroppo per lei, non ha capito con chi si è ritrovata dinanzi. »

Mec si mise in posizione con la katana dal fodero nero in mano. Sentiva dentro di se un'insolita sicurezza. La spada che aveva trafugato dall'entrata del castello era pregiata e ben curata. Era esposta per abbellire la sala d'ingresso dell'edificio e ciò diede enormemente fastidio allo schiavo.

« Una spada del genere non merita di andare in pensione ad una così giovane età. Non credi? »

Chiese direttamente alla spada, quasi come se potesse rispondere alla sua domanda.

« Ora si è messo a parlare alle spade! Poi sarei io il pazzo! »

Gli urlò con ironia Set mentre impostava il timer della bomba che avrebbe decretato la fine della loro vita e di quella del palazzo reale. Mancavano solo venti minuti per ottenere un'esplosione talmente grande da radere al suolo il castello e svariati chilometri della capitale. Quelli sarebbero stati i venti minuti più lunghi della loro vita. Soprattutto perché i soldati Tkall incominciarono ad arrivare in massa ed a proteggere la bomba c'erano solo uno spadaccino cieco ed un maniaco di esplosivi.


Il demone schiavoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora