25) Legame d'odio

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«Spero che, dopo questo spettacolo raccapricciante, tu ti sia reso conto che non possiamo andare oltre.»

Queste furono le parole di Daimon quando si ritrovarono dinanzi al cancello principale del castello reale. Era stato completamente distrutto dagli esplosivi e, per terra, c'erano centinaia cadaveri Tkall. Quarck, invece, si era liberato dalla presa di Colosso ed aveva incominciato a leccare il terreno bruciato.

«Retrogusto amaro e piccante. E' un tipo di esplosivo che non conosco ed, a quanto pare, è molto potente. Tutto questo macello è stato causato da un'unica bomba lanciata proprio li.»

Quarck indicò un punto preciso poco distante dal cancello. In effetti era l'unico punto con meno bruciature di tutta la zona.

«Molto interessante... Ha una gittata proporzionale alla potenza e manifesta maggiormente il suo potenziale nella lunga distanza. Basta notare il punto da cui è partita l'esplosione. Ci sono meno danni li, mentre l'intero cancello ed una parte del giardino sono stati rasi al suolo. Per subire danni minori bisogna rimanere proprio vicino la bomba.»

Daimon si girò confuso verso il compagno di schiavitù.

«Com'è possibile che si ricevano meno danni se si sta più vicini all'esplosivo?»

«Grazie al reagente che hanno usato. A quanto pare, più consuma ossigeno, più prende potenza col tempo. Facciamo caso che per i primi due o tre secondi produce solo una semplice fiammella su una distanza di uno o due metri. Aumentando il tempo, aumenta anche la distanza e consuma maggiore ossigeno, scatenando maggiore energia fino ad arrivare ad una distanza di venti metri. E possiamo vedere gli effetti di quella distanza con i vari esempi che abbiamo qui attorno.»

Quarck si riferiva ai corpi carbonizzati che si trovava poco al di là del cancello e ciò non fece altro che mettere ancora più paura nel giovane terrestre, che non aveva alcuna intenzione di rischiare la propria vita in un posto del genere e per coloro che lo avevano messo in catene.

«Perfetto. Ora che ci siamo resi conto della grande forza distruttrice che potremmo incontrare se rimanessimo qui fermi a fare le belle statuine, possiamo andare.»

Propose Daimon, sperando che la sua guardia avesse cambiato idea riguardo l'entrare all'interno del castello per fermare chissà quale minaccia. Ma Colosso non volle sentire alcuna ragione. Riprese sulle sue spalle Daimon e Quarck e si buttò all'interno della sala principale dell'edificio più importante di Kyria. Dopo qualche passo all'interno della sala d'ingresso, i tre presenti osservarono la carneficina compiuta in quella sala. Le pareti erano ricoperte di cenere ed il sangue bagnava i pavimenti in grande quantità. Daimon non riuscì a scorgere presenza di altri esseri viventi in quel luogo e non riusciva a credere alla vista di tutto quel casino. Ma, soprattutto, non riusciva a pensare al fatto che loro fossero entrati all'interno dell'edificio nonostante la sua pericolosità.

«Visto? Conto almeno una ventina di corpi dei tuoi compagni carbonizzati. Ti sembra ancora una buona idea rimanere qui dentro? Dovremmo scappare!>>

«Mi sembra una pessima idea.»

Intervenne Quarck con un'espressione alquanto preoccupata in volto. Non faceva altro che annusare l'aria di quel luogo ed analizzare gli effetti dell'esplosivo che aveva raso al suolo l'ingresso principale. E, alla fine, aveva elaborato un'idea alquanto macabra.

«Anche se scappassimo, è possibile che periremmo lo stesso. Gli effetti di questa tipologia di esplosivo sono molto particolari e sono quasi certo, grazie all'odore dei reagenti usati per la bomba, che aumentino d'intensità non solo con l'ossigeno. È probabile che, compressi e tenuti sotto una forte concentrazione per un certo periodo di tempo, aumentino a dismisura la loro potenza distruttiva. Prova ad immaginare che queste bombe abbiamo una carica di concentrazione di pochi secondi e guarda gli effetti che hanno causato. Adesso pensa a cosa potrebbe fare una carica da venti o da quaranta minuti...»

«Distruggerebbe tutta la capitale! Bravo... Sei molto intelligente.»

Una voce si intromise nella spiegazione dell'anatra troppo cresciuta ed i presenti si allarmarono sentendo ancora la presenza di vita all'interno di quel luogo.

«Da dove viene?»

Domandò il terrestre, in posizione di guardia nell'eventualità di un attacco a tradimento. Anche gli altri si erano messi sulla difensiva, non volevano fare la fine delle guardie che proteggevano quel luogo. Dopo un paio di secondi, i tre sentirono dei rumorosi colpi di tosse che portarono i loro sguardi verso la scalinata che conduceva verso il piano successivo. Tra i gradini distrutti, vi trovarono una sottospecie di creatura glabra e terribilmente mutilata. Aveva solo la parte superiore del corpo e perdeva un sacco di sangue dove prima c'erano le gambe. Alla vista di quello spettacolo, Daimon non riuscì a non trattenere uno sguardo schifato verso quella creatura che aveva dei lineamenti felini.

«Mi duole molto dover sacrificare anche voi, miei compagni di schiavitù, ma lo faccio per il bene comune. Per quel sentimento d'odio che lega tutto noi per questa razza di demoni!»

Nonostante le ferite e la perdita di sangue, quell'individuo continuò a parlargli senza preoccuparsi della vita che gli stava velocemente sfuggendo tra le dita.

«Dalle catene che hai ai polsi, direi che sei anche tu uno schiavo... E, dalla puzza di zolfo che emani, suppongo che abbia creato tu le bombe che hanno causato tutto questo. Mi congratulo con la tua tecnica da artificiere. È impressionante la potenza esplosiva che sanno scatenare! Ti dispiace se ti rubo la formula per i miei prossimi esperimenti?»

Chiese Quarck, senza curarsi troppo delle condizioni del felino e senza chiedersi nemmeno il perché gli avesse riferito quelle parole da "fine del mondo".

«Prendila ed usala pure... Ma credo che tu abbia venti minuti scarsi per poter utilizzarla. Dopodiché raggiungeremo il tanto amato ed agognato abbraccio della morte... Non so voi... Ma io non vedo l'ora di riabbracciare i miei genitori.»

Rispose lo schiavo che non riusciva a levarsi dal viso la soddisfazione che provava per ciò che aveva fatto. Non levava il suo sguardo dal muso dello Tkall che gli stava dinanzi e non voleva perdersi la sua espressione una volta saputo ciò che stava per accadere.

«Cosa intendi dire con ciò?»

Il viso di Daimon era visibilmente preoccupato per le parole del felino e forse aveva intuito cosa stava per accadere in quel luogo così tetro.

«Stiamo per morire... Io, forse, prima di voi a causa delle ferite causate dalla mia stessa arma. Sopra di noi c'è un ordigno esplosivo pronto a distruggere l'intera città ed è protetto dal guerriero più forte che io abbia mai visto in vita mia. Riesce a vedere ed a tagliare la vostra anima anche senza l'ausilio degli occhi ed è molto affascinante quando brandisce la spada. Sicuramente, potrei definirlo il l'essere più pericoloso della mia razza. Poi scappare sarebbe inutile... Il raggio d'azione è troppo ampio per poter evitare gli effetti della bomba. La vendetta di noi schiavi avrà un gusto piccante all'inizio, ma anche terribilmente amaro alla fine... Dopotutto, questo è stato un attacco suicida fin dal principio...»

Non appena si fermò per riprendere fiato, lo schiavo che aveva architettato quel piano esalò anche il suo ultimo respiro. Il sangue gli aveva bloccato la gola e non riuscì più a respirare. Sul suo volto, però, aveva un'espressione felice e spensierata, quasi come se avesse trovato soddisfazione in quella morte così violenta. Forse, però, quell'espressione di beatitudine era causata dalla consapevolezza che tutti i suoi nemici sarebbero periti quel giorno. Ma, con loro, sarebbero morti anche i presenti che, dopo le sue parole, non ebbero il coraggio di fiatare. Colosso, che fino a quel momento era rimasto calmo e pacato, continuò a proseguire, salendo le scale che avrebbero portato al primo piano del palazzo ed al possibile avversario che aveva preannunciato l'alieno dalla sembianze di un gatto. Anche Daimon e Quarck lo seguirono senza obbiettare. A questo punto, scappare era futile. Se volevano portare a casa la pelle, avrebbero dovuto disinnescare la bomba e fermare tutta quella pazzia. Erano consapevoli che, in quel modo, avrebbero salvato la vita alla civiltà che gli aveva tenuti in catene fino a quel momento. Ma, in casi come questo, l'unica cosa importante era la loro sopravvivenza. L'odio poteva aspettare.

Il demone schiavoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora