19) Scontro d'esperienza

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L'invasione procedeva con sicurezza e senza alcun intoppo. Le resistenze della Terra erano nulle in confronto alla forza degli Tkall ed all'effetto sorpresa che riuscirono ad avere nei confronti della sicurezza mondiale. Infatti, nessuno sulla Terra si sarebbe mai immaginato un attacco alieno.

« Scimmie senza cervello... Ecco cosa sono. »

Esclamò Drakon mentre osservava la situazione sui diversi campi di battaglia della Terra. Tutte le truppe stavano sbaragliando le forze dell'ordine e, nel caos più totale, i terrestri non erano riusciti a dare un giusto coordinamento alle proprie risorse per contrastare gli invasori. Non avevano alcuna esperienza con la lotta intergalattica e le nazioni terrestri erano in lotta tra di loro già prima dell'arrivo degli Tkall. Quindi aveva la maggioranza dei soldati e delle armi in zone di guerra, troppo lontane per poter essere usate contro i veri nemici arrivati dallo spazio. Solo in Russia ed in Germania c'era stata una forte reazione dei cittadini. Ma, per il resto, solo morte e distruzione.

« Come può un pianeta così piccolo, avere così tanti conflitti? »

Si chiese il sovrano del pianeta Kyria, rivolgendosi i suoi servitori.

« Un pianeta deve essere unito e pronto per ogni evenienza. Se si passa l'eternità ad odiare i propri simili, come si può solo pensare di vincere un confronto intergalattico? »

Nonostante l'aria da spietato e da crudele conquistatore, Drakon era amato dal proprio popolo come un re duro, ma con una strategia militare impeccabile. Era uno dei pochi sovrani rispettati della loro storia e portava unità tra i suoi simili con rigore e fermezza. Tutto ciò che diceva o faceva, era studiato e pensato fino nei minimi particolari. Anche quelle parole dure contro il pianeta Terra, erano il preludio del discorso che avrebbe effettuato una volta finito il primo giorno d'assedio per il pianeta blu. Fatto ad hoc proprio per demolire i propri nemici nella psiche e per poter mettere in risalto i loro errori e l'odio che ha contribuito a distruggere ogni speranza di salvezza.

« Sire! »

Da lontano arrivò un soldato che si inchinò a Drakon non appena lo vide. Aveva il volto coperto di lacrime e portava notizie nefaste.

« Cosa è successo? »

Domandò il re vedendo lo sconforto del proprio soldato che non riusciva a distogliere lo sguardo dal pavimento per la tristezza.

« Si tratta di Prouta... »

Il sovrano, non appena sentì il nome del figlio, cambiò posizione ed atteggiamento verso il soldato, assumendo un'aria preoccupata ed arrabbiata allo stesso tempo. Le lacrime del soldato gli impedivano di parlare e ciò non faceva calmare i nervi del sovrano.

« Parla! »

Gli urlò inferocito.

« Prouta è morto. »

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La tensione era alle stelle e le mani tremavano, un po' per la paura un po' per l'insicurezza. Daimon non credeva ai suoi occhi e non riusciva ad immaginare cosa sarebbe successo se non avesse avuto quella spada tra le mani. Molte teste erano cadute in pochi secondi e, se non avesse avuto dei buoni riflessi, a quest'ora anche la sua starebbe rotolando sul prato. Il suo avversario non era come i bestioni verdi che aveva affrontato pochi minuti prima. Aveva dei movimenti più aggraziati e sicuramente era molto più veloce dei suoi compagni. Era riuscito ad attaccare i giovani con una facilità incredibile e, tutto ciò, lo aveva fatto con gli occhi chiusi.

« Bravo... O fortunato. Sei riuscito a mettere la spada nella posizione ideale per evitare la morte. »

Disse il gigante che teneva salda la presa sulla sua katana, mentre Daimon stava lentamente cedendo alla forza del mostro. C'era una considerevole differenza tra i due, sia di velocità che di forza, e, in quell'istante, Daimon sapeva che non sarebbe durato molto se avessero continuato a sfidarsi in quella posizione. Proprio per questo, cercò di cadere all'indietro per sbilanciare il nemico e per poter colpire ad un punto scoperto del fianco. Ma fu del tutto inutile. Il mostro verde aveva capito le sue intenzioni e, quando fu sbilanciato dal giovane, riprese subito la posizione e parò il colpo di Daimon ad occhi chiusi. Quasi come se avesse predetto il suo colpo.

« Hai parecchio sangue freddo. Bravo! »

Urlò quasi come se si stesse divertendo a vedere il piccolo umano usare quell'arma. Ovviamente non avrebbe perso la sua solita concentrazione solo perché il suo avversario era più debole di lui. Non sarebbe stato corretto e non avrebbe dato onore alla sua futura morte se l'avesse sottovalutato o deriso. Ma era interessante come Daimon riuscisse a pensare lucidamente ad un contrattacco in un momento di crisi come quello, nonostante non fosse un soldato. Intanto, altri combattenti della sua razza erano arrivati al suo fianco ed avevano iniziato ad accerchiare i giovani universitari, per non dargli la possibilità di fuggire. Ma, senza alcun preavviso, Daimon cercò nuovamente di attaccare il suo avversario con tre colpi, uno alla spalla e due alla testa. Colpi vani, dato che il gigante parò tutto tenendo la spada con una sola mano. Le sue parate, veloci e precise, scombussolarono il giovane. Sembrava stesse effettuando dei passi di danza durante il combattimento e, il suo sorriso divertito, non faceva che sottolineare la prevedibilità delle mosse del ragazzo. Senza dire nulla, però, anche il gigante attaccò di sorpresa Daimon, puntando alla testa. Il giovane aveva commesso l'errore di lasciare un'apertura durante il suo ultimo attacco e, se non si fosse buttato a terra, avrebbe avuto la peggio. Riuscì a cavarsela solo un taglio al braccio ferito, aggravando il dolore che, già in precedenza, sentiva a causa del morso del mostro di prima.

« Bei riflessi. »

Il nemico continuò il suo attacco con due fendenti rotanti, dimostrando come la sua stazza non contasse nulla. La velocità dei movimenti e la precisione dei colpi erano impressionanti e, ancora per una volta, Daimon dovette ritenersi fortunato di non ritrovarsi senza la propria testa. Il primo fendente riuscì ad evitarlo con una capriola, mentre il secondo venne parato con la katana. Peccato che il giovane non riuscì a mettere abbastanza forza nella sua difesa. La forza del mostro lo scaraventò di nuovo per terra, senza alcun taglio aggiuntivo, ma con un'apertura grande come una casa. Intanto anche i suoi compagni stavano incominciando a cadere a causa della forza dei loro avversari. Senza gli estintori da usare come diversivi, era molto più difficile sconfiggere dei giganti del genere.

« Ti manca l'esperienza! »

Durò giusto un'attimo quell'apertura, ma il mostro non potè non approfittare di quel momento. Con un calcio spazzò via l'arma di Daimon ed affondò la sua lama nella carne del giovane. Macchiando nuovamente l'erba del prato di Tor Vergata.


Il demone schiavoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora