Poison

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Potrei avere birra per la prima colazione, la mia sanità mentale per pranzo
Cercando di smettere di pensare a quanto ti voglia intensamente
Innocenza per cena, verso qualcosa nella mia tazza
Nulla e tutto solo per riempirmi
Ma nulla mai mi fa andare su di giri come questo

Scelgo il mio veleno e sei tu
Nulla può uccidermi come fai tu
Vai dritto per la mia testa
E sto andando diretto verso il ciglio
Scelgo il mio veleno e sei tu
Scelgo il mio veleno e sei tu

Posso sentire il tuo sussurro e mi distendo sul pavimento
Ho cercato di fermarmi, ma io continuo a ritornare per avere di più
Sono una persona di poco valore e lo so
Perché dopo la prima volta sono crollata, crollata
Ma nulla mi sballare come questo

Amo l'estasi agrodolce che mi hai profuso
Scivolando profondamente, posso dormire stanotte
E tu mi fai sentire come se fossi fuori di testa
Ma va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene

Amo l'estasi agrodolce che mi hai profuso
Scivolando profondamente, posso dormire stanotte
E tu mi fai sentire come se fossi fuori di testa
Ma va tutto bene, va tutto bene, va tutto bene
Nulla mi manda più su di giri di questo

Ho preso il mio veleno e sei tu
Nulla può uccidermi come fai tu
Vai dritto per la mia testa
E sto andando diretto verso il ciglio
Ho preso il mio veleno e sei tu
Ho preso il mio veleno e sei tu
Poison- Rita Ora
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Entrai nello spogliatoio dei dipendenti e sbadigliai, sfinita. Ormai lavoravo alla locanda dalla scorsa estate, facevo un po' di tutto: cameriera nelle stanze e al ristorante. Lavoravo part-time: d'estate al mattino e l'inverno il pomeriggio, dopo che finivo i compiti. Era un po' difficile, almeno finché non ricevevo lo stipendio che mettevo da parte per viaggiare.
Spalancai lo sportellino del mio armadietto, guardandomi nel piccolo specchio sull'anta. L'abbronzatura estiva era ancora presente dato che era fine Settembre, eppure la stanchezza era presente nei miei lineamenti.
Erano quasi le dieci di sera e dovevo sbrigarmi se volevo incontrare i miei amici alla fiera. Ero rimasta fino ad adesso perché avevo aiutato Gabe a pulire la cucina. Mio fratello era tornato a Blacksburg l'anno scorso, dopo che si era diplomato in una scuola di cucina di Chicago e ora era lo chef della Red Flower. Ero felice che fosse qui, anche se mi rompeva le scatole se indossavo una gonna corta e lo infastidivano i miei amici maschi. Per fortuna papà gli ripeteva di farsi gli affari suoi e Nathan gli diceva che mi teneva d'occhio.
Sospirai, iniziando a sbottonare la camicia. L'uniforme consisteva in dei pantaloni color cachi e una camicia bianca con un papavero rosso nel taschino. Era minimale ma non mi lamentavo, i colori non cozzavano con i capelli facendomi somigliare a un pagliaccio.
La porta si aprì alle mie spalle, nello stesso momento in cui mi scoprii la schiena. Sussultai, coprendomi.
《Harry!》 Sbottai, fulminandolo. Congiunsi i lembi della camicia, portando le braccia conserte. Anche Harry aveva terminato il college e ora a soli ventidue anni era il direttore amministrativo della locanda. Papà, anche se non lo aveva mai ammesso ad alta voce, desiderava che tutte le persone a lui care gestissero la Red Flower, come una grande impresa di famiglia. Bé... Io e Nate avevamo altri progetti: dimenticarci di Blacksburg appena finito il liceo. Non avevo intenzione di seguire un corso sulla gestione aziendale al college; a grandi linee sapevo fare qualcosina, in fin dei conti ero cresciuta da queste mura mentre papà lavorava ma non sarebbe diventata la mia vita. Harry avrebbe preso il posto di papà tra molti anni e non mi importava molto, finché non faceva il cretino.
《Calmati, non sono uno sconosciuto.》
Sorrisi. 《Devo cambiarmi》, feci notare.
《Come se ti vergognassi di me.》
Effettivamente non avevo molto pudore ma era diverso se a casa ero in mutande e c'era anche lui. In una stanza da soli sembrava strano.
Scrollai le spalle, tornando a non guardarlo e presi dal borsone un vestito. Era carino: aveva le stampe di fiorellini da campo su tessuto bianco. Lo scollo all'all'americana e la gonna lunga fino a metà coscia e svasata non erano volgari e mi donavano.
《Esci?》 Domandò.
《Da qui? Subito.》
Rise. 《Cioè non vai a casa?》
《È venerdì, vado alla fiera, oggi ho lavorato tanto che papà mi permetterà di stare fuori fino a tardi.》
《E io che volevo chiederti di venire con me.》
Scalciai le scarpe e abbassai i pantaloni mentre gli lanciavo un'occhiata da sopra la spalla. Indossava una camicia bianca e dei pantaloni eleganti, voleva apparire adulto. Lo capivo ma per me non era necessario. Da quello che avevo ascoltato da papà, Harry era molto competente.
《Bugiardo.》
Sorrise e distolse lo sguardo. Era sempre lui ad abbassare lo sguardo tra noi due.
《Davvero. Volevo comprarti lo zucchero filato e vincere un grosso peluche da regalarti.》
Feci una smorfia mentre sfilavo i calzini. 《I peluche fanno schifo, senza offesa, ma accetto lo zucchero filato. Tu vai alla fiera?》
《Non lo so... Esco con una ragazza.》
Esci sempre con le ragazze.
Harry non era uno di quegli idioti cui piaceva spassarsela con le ragazze e poi sparivano nel nulla - a differenza di mio fratello maggiore - si convinceva davvero di volerle per poi comprendere che erano noiose. Erano insopportabili le sue fidanzate: delle statue.
《Girati》, mormorai. Sbuffò e mi accontentò. Tolsi il reggiseno e infilai il vestito dai piedi.
《Puoi aiutarmi a chiudere la cerniera, per favore?》, continuai. Percepii il rumore dei suoi passi e un attimo dopo fu alle mie spalle.
《Chi è la tizia?》 Mi infastidiva un po', Harry meritava di più di quelle ragazze che sceglieva.
Sussultai appena mi toccò. 《Cavolo, com'è che hai sempre le mani gelate?》
Rise, sfiorandomi di nuovo come a prendermi in giro. Mi mossi come un'anguilla, cercando di non rimanere nuda.
《Sei un cretino!》 Sbottai, allontanandomi. Legai un nodo dietro il collo in fretta.
《Okay, okay, smetto. Vieni qui.》
Sorrisi. Nonostante fosse stupido per avere ventidue anni, gli volevo tanto bene. Anche perché ogni domenica mi portava i pasticcini di Betsy.
Rabbrividii. 《Senti freddo?》 Sussurrò. Mi scostai un po' quando il suo respiro mi colpì sulla spalla.
《Sono le tue mani da vampiro!》
Sogghignò e nonostante la cerniera non arrivasse neppure a metà schiena, le sue dita risalirono sulla spina dorsale. Deglutii a vuoto.
《Viv?》
《Che... Che c'è?》
《Hai davvero tante lentiggini.》
《Lo so. Le odio, sono troppe.》
《No, sono adorabili.》
Un po' mi imbarazzai. 《Grazie.》
Mi baciò la spalla. 《Ho fatto.》
Quando tornai a fissarlo, sorrideva.
《Fossi in te non mi farei vedere da Gabe, inizierà a farti la paternale.》
Ruotai gli occhi, infilando gli anfibi ai piedi e recuperando il cardigan.
《Sono coperta!》
《Lo so ma sei comunque bellissima. Prima o poi uno di quei ragazzini riuscirà a farti cedere.》
Questa volta fui io a guardare altrove. Piacevo ai ragazzi: i capelli rossi che avevo tanto odiato per tutta la vita, era ciò che li attirava; il fatto che mi intendessi di sport, fossi nella squadra femminile di calcio del liceo e maschiaccio al punto giusto... Avrei mentito se avessi detto che non mi piaceva essere guardata. A scuola me la cavavo bene ed essere popolari in un liceo di duecento studenti era facile quando eri esuberante come me.
Feci spallucce, divertita. 《Io vado, okay. Divertiti con la tua ragazza e per favore, fai in modo che questa volta non sia una cretina.》
Gli baciai la guancia e in risposta mi morse la punta del naso, facendomi ridere.
《Stai attenta per favore》, sussurrò, baciandomi la fronte. Mi aggrappai alle sue mani sulle mie guance. Harry aveva un'ossessione per gli anelli.
Annuii, sorridente.

Mignoli |Fil rouge h.s #0.5|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora