Extra I

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Per me è tassativo specificare che le canzoni base che accompagneranno questi "extra" sono le ultime tre che portano all'epilogo:
Naked - J. Arthur
Us - J. Bay
Sign of the times - H. Styles
Se ne avrò voglia, non escludo di aggiungerne qualcun'altra di capitolo in capito. Di base sono queste.
È ovvio specificare che essendo degli extra sono molto, molto, ridotti rispetto al mio solito.
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"Ed Harry finalmente comprese perché agli uragani danno nomi di donna."

Salii i tre scalini del portico. Avevo lo stomaco sottosopra, anzi lo stomaco sottosopra ce l'avevo da quando avevo visto la cassetta della posta in giardino in cui il cognome Butterfield risaltava.

Presi un respiro profondo, incerto se avessi voglia di vederla dopo quanto avvenuto.

Ero appena tornato dalle Maldive, per ben un mese mi ero comportato come se non avesse mai fatto parte della mia vita, dicendomi che c'avrei pensato una volta negli Stati Uniti.
Mi ero divertito, dedicato a Sasha e ogni volta che Viv faceva capolino nella mente trovavo una distrazione.
Però più mi ero avvicinato a Blacksburg, più avrei voluto premere il piede sull'acceleratore.
Volevo scusarmi, vederla, abbracciarla. Era la mia Vivienne e anche a costo di inginocchiarmi ai suoi piedi dovevo chiederle perdono.

Presi un respiro profondo. Premetti il dito sul campanello. Aspettai ma nulla.
Di nuovo suonai il campanello.
Niente.

Era piena estate, Richard era sicuramente alla locanda e anche lei dato che lavorava lì.

Afferrai il cellulare avviando la chiamata.

Quando Richard parcheggiò nel vialetto il suo sorriso enorme mi diede il benvenuto. Mi abbracciò forte, domandandomi come fosse andato il volo.

Entrammo a casa, mi offrì da bere.
Non c'era nulla di strano, Richard era il solito, eppure in piedi al centro del salotto qualcosa che non potevo neppure spiegare mi rese irrequieto.
C'era troppo ordine. I cuscini del divano perfettamente agli angoli e non gettati alla rinfusa come al solito, talvolta anche sul pavimento; il piccolo tavolino in legno di fronte al televisore non era più un piano portaoggetti con elastici, forcine o qualche libro di Vivienne.
C'era troppo silenzio, dannazione!

L'inquietudine divenne così prorompente da serrarmi la gola.

《Lei...》 Il suo nome non riuscii a pronunciarlo. Inspirai, certo di essere sul punto di impazzire. Mancava solo che balbettassi come un adolescente impacciato.
Era solo Vivienne, anche se le dinamiche tra noi si erano ribaltate per la milionesima volta; anche se mi aveva aiutato ad andare incontro a Sasha all'altare fingendosi amica e poi aveva girato le carte in tavola; anche se per un solo, microscopico, attimo il desiderio di baciarla aveva annullato la voglia di sposarmi e vederla in quella stanza mi aveva scosso molto di più che vedere Sasha in abito da sposa.
Come poteva essere altrimenti quando a un soffio di distanza avevo realizzato che nessuno mi sarebbe stato affine quanto lei, Sasha mi conosceva ma non quanto Vivienne.

Per questo dovevo scusarmi, per averla toccata nel modo in cui non dovevo permettermi, per avere in mente ancora quel vestito sul suo corpo e aver sperato che mi concedesse di toglierglielo.

Un mese in vacanza mi aveva fatto credere di essere ormai immune a certe reazioni..
Santo Dio! Mi ero sposato, ero sereno fino a un'ora prima.

Richard fece una smorfia ma finse un sorriso.
《Al momento è in Olanda.》

Quelle parole non fui in grado di interiorizzarle. In quale senso era in Olanda?

Mignoli |Fil rouge h.s #0.5|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora