Prologo

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Sentì le campane suonare in lontananza, in un urlo che alle sue orecchie apparve disperato

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Sentì le campane suonare in lontananza, in un urlo che alle sue orecchie apparve disperato. I rumorosi oggetti di metallo parlarono ancora, annunciando alla cittadina di Stettin l'ora dell'esecuzione.

Da lì poteva vedere distintamente i tetti rossi e appuntiti delle case, così come il fumo che saliva pigramente dai camini, accesi per ripararsi dal freddo di quel periodo invernale. Era ormai mattina e la popolazione aveva già cominciato ad affaccendarsi. Nonostante ciò, si accorse del piccolo serpente di uomini e donne, che accorrevano per stritolarla ancora di più nella consapevolezza di stare per morire.

L'uomo era veramente una creatura strana. Per natura doveva essere guidato, altrimenti sarebbe ricaduto nel caos da cui era nato, ma allo stesso tempo si rifiutava di accettare la sua debolezza e di seguire chi era più adatto e saggio. Si innalzava contro i potenti oppure si affiancava a loro, nella speranza di sentirsi più libero.

Ed era proprio a causa di quei cosiddetti esseri desiderosi di libertà che si ritrovava in catene su quella collina.

Ipocriti! Mentitori! La sua rabbia e la stanchezza aumentavano mentre il gelo le entrava nelle ossa. I suoi piedi erano ormai immersi in una poltiglia di acqua mista a fango e le scarpe erano solo un'ulteriore tortura. Desiderava togliersele, ma la guardia la controllava e non voleva rischiare di essere colpita ancora.

Le ferite del giorno prima erano aperte e doloranti, piaghe che non si sarebbero richiuse mai più e che sarebbero scomparse tra le fiamme entro poco tempo.

Le campane smisero di suonare e un vento prepotente fece ululare le pale del mulino accanto a loro.

Vide un'ombra salire sul palco allestito solo per lei. Era troppo stanca per alzare la testa e si limitò a guardare ciò che le stava di fronte.

"Oggi, popolo, nell'anno 1620 del Signore, alle prime luci del 29 settembre, si eseguirà la condanna della donna Sidonia Von Brocke, accusata di stregoneria, omicidio dei duchi di Pomerania e di contatti col malefico spirituali e carnali." Non ebbe bisogno di alzare il viso per riconoscere colui che aveva assistito alla sua tortura, facendole domande e ignorando il suo strazio. "Ha confessato spontaneamente e l'esecuzione avrà ora luogo." Fece una pausa e fece passare lo sguardo su tutta la folla, prima di scandire le successive parole. "Questo è ciò che accade agli amici del demonio, nemici della luce di Dio."

Le venne quasi da ridere sentendolo parlare. Lui, come tutti quelli che le stavano davanti, era solo vittima delle sue stesse paure.
Avevano la necessità di credere di poter controllare ciò che li spaventava, perciò avevano creato quel mito delle streghe.

Lei poteva dirlo con certezza.

Anche nelle sue vite passate aveva visto persone comuni venire uccise a causa di una loro diversità, che fosse fisica o mentale.

Credevano di averla domata, ma non sapevano che Sidonia avrebbe potuto eliminarli in modi molto più dolorosi della tortura.
In fondo l'animo umano era fragile e indifeso. Insediarsi al suo interno non era difficile e corromperlo fino a farlo inghiottire dalle sue stesse ombre risultava persino affascinante.

Lei era una di coloro che venivano definiti maestri dell'anima. Erano umani, ma leggermente speciali.
Al contrario delle persone comuni, alla loro morte l'anima non restava imprigionata all'interno del corpo per poi perire con esso, bensì riusciva a scappare da quella prigione e a reincarnarsi in un ciclo perenne di rinascite.

Avevano scoperto come usare il loro spirito, come incanalarlo e come riuscire a influenzare il mondo tramite esso.

Io potrei farlo. Potrei costringerti a pregarmi, baciandomi la mano e prostrandoti, pur di mettere fine a queste torture, pensò, prima di tornare in se stessa.

Quante volte le era stato detto di non usare i suoi poteri in modo sbagliato? Molte e lei sapeva che era giusto così. Si giudicava una prescelta e come tale non poteva fare errori così banali. Se avesse dato prova delle sue capacità, tutto sarebbe stato vano. Sarebbe diventata quello stesso essere malvagio che loro si immaginavano guardandola.

Alzò lo sguardo, ignorando il dolore delle piaghe e delle ustioni, non disposta a perdere la sua dignità e compostezza a causa della morte. Sentì il suono dello spadone che veniva levato sulla sua testa e subito dopo incontrò i suoi occhi neri.

Un ragazzino dai vestiti sudici e malconci la stava fissando con compassione e sicurezza, mentre si faceva largo tra la folla. Sidonia lesse una luce folle nei suoi occhi, mentre un lieve sorriso estatico gli si allargava sul volto.

Lui era come lei, lo percepiva.

Le si accapponò la pelle e qualcosa la sfiorò. Era calda e allo stesso tempo spaventosa. Quell'energia l'avvolse e ci mise poco a capire che a sprigionarla era stato proprio quel piccolo bambino.

Non voleva salvarla. Non ci sarebbe riuscito e anche lui ne era consapevole.

La sua energia le passò attraverso e si diresse verso l'inquisitore. Non era più qualcosa di caldo e luminoso, ma un'ombra nera che aleggiava sull'anima del suo assassino.

-Fermati- si sforzò per far arrivare il messaggio alla sua mente. -Non dobbiamo uccidere. Non cedere alla tentazione. Sono qui per mia volontà.-

Riuscì a leggere nei suoi occhi un "perché?"

-Loro non hanno la certezza dei nostri poteri, non ne hanno mai avuto la prova. Sono umani guidati dalla paura e se adesso tu li uccidessi inizierebbe una persecuzione ancora più violenta contro tutti quelli come noi. Io morirò, da umana, in modo che nel futuro il nostro ricordo sarà solo un mito e nessuno di loro crederà più nella nostra esistenza.- Gli sorrise e chiuse lentamente gli occhi.

La lama sibilò e in un attimo lei abbandonò il suo corpo. Diventò uno spettatore assente e invisibile che guarda inorridito lo spettacolo di una lama che affonda nella sua vecchia carne. Il rumore dell'osso che si spezzava e del sangue che usciva a fiotti dall'involucro, ormai inutile, le strappò un lamento.

Era di gran lunga il più bel corpo che avesse mai avuto. In quella vita era rinata nobile e naturalmente non era riuscita a fare niente di niente.
Si rese conto con amarezza di non averne goduto neanche un po'.

Contrariamente a quanto sarebbe accaduto a un umano normale, non provava odio nei confronti di coloro che l'avevano condannata. Le sue parole erano dettate dalla compassione; sentimento che veniva naturale provare per delle povere creature che avevano così tanta paura della morte da rubare inutilmente quella di un altro simile.

Non voleva assistere al rogo della sua carne, perché, in qualche modo, questo le avrebbe dato l'impressione di essere morta veramente. Diede un'ultima occhiata al paesaggio, al piccolo paese e ai suoi abitanti che erano tutti riuniti solo per poter assistere alla sua uccisione.

Non avrebbe dimenticato niente, né quel momento, né tutti gli altri stupendi passati con persone degne di essere chiamate sante.

Mentre chiudeva gli occhi, per poter scomparire nei fiumi dell'esistenza, vide quel ragazzino alzare la testa e guardarla. Lui sollevò lentamente la piccola mano, il sorriso folle ancora presente, e agitò le dita come per salutarla. Lo vide girarsi verso l'inquisitore, ma ormai la sua trasformazione era avviata e in pochi secondi fu solo un'anima dispersa nell'aria, pronta a trovare un nuovo corpo.

~ Questo prologo è ispirato a una persona realmente esistita, una nobile di nome Sidonia che venne accusata di stregoneria e uccisa.

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