15. L'abito non fa il monaco

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Una fiammata mi sfiora

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Una fiammata mi sfiora. Riesco a percepire il calore che sprigiona, nonostante il corpo cristallizzato. Faccio l’ennesimo passo indietro, alimentando così la voglia di Kathleen di catturare la preda, perché, sebbene il suo viso sia inespressivo e i movimenti del corpo siano nascosti dalla coltre di nebbia sollevata dal terreno, gli occhi della maestra sono quelli di un predatore.

Scocca una seconda freccia di fiamme e la caduta mi salva dal riceverla in pieno petto.

-Sei impazzita?!- Mi rimetto in piedi, mentre cerco di concentrarmi per poter tornare nel mio corpo terreno, con scarso successo, perché buona parte della mia attenzione è tutta dedicata alla bionda.

Per chilometri non si vedono altro che nuvole e vaghe ombre che si contorcono, altri maestri dell’anima. Nessuno di loro si preoccupa di quello che sta accadendo, dal momento che la mia potrebbe sembrare un’esercitazione.

L’unico modo per farmi notare sarebbe quello di gridare nelle loro menti in cerca di aiuto, ma non voglio coinvolgere degli estranei e, soprattutto, non voglio darle la soddisfazione di ammettere la mia incapacità.

Assorta nelle mie macchinazioni, non noto la terza freccia e così alzo le mani per farmi scudo, mentre tutta la mia visuale viene riempita dall’arancio delle fiamme. Ed ecco che il fuoco va a impattare su qualcosa davanti a me, una superficie sferica trasparente che lo dissolve.

Consapevole di essere l’artefice di quanto è accaduto mi guardo le mani che fremono di orgoglio.

Alzo il viso alla ricerca di quello di Kathleen, che mi risponde con una smorfia, segno del suo ego ferito. Comincia a scagliarmi contro raffiche ancora più potenti, unite alle onde d’urto della sua stessa anima, che possono attraversare il mio scudo al posto delle frecce e minare il mio equilibrio.

-Credi che dei vuoti d’aria possano fermarmi? Sei cent’anni indietro.-

-Vedremo.-

Stuzzicarla non si rivela l’idea migliore. Infatti, la maestra si ferma e abbassa lo sguardo, fissando i miei piedi che poco dopo perdono il contatto con il suolo, che si fa sempre meno consistente. Una volta capite le sue intenzioni non faccio in tempo a muovere un passo che le mie gambe affondano fino al ginocchio nella coltre e devo tenermi per non continuare a sprofondare.

Trasalisco quando sento che i miei piedi si stanno muovendo nel vuoto. Sotto l’enorme nuvola dei Giardini non c’è niente.

-Fammi uscire!-

-Queste non sono delle scuse- osserva gelidamente.

-Non ho motivo per farlo. Smettila subito.-

Le lingue infuocate smettono di danzare, dissolvendosi in piccole scintille, mentre Kathleen si avvicina fino a quando le sue gambe non sfiorano la mia mano, ancorata al terreno per non cadere. -Ti sei mai chiesta cosa ci sia oltre il paradiso?-

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