12. Un insegnante particolare

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Dalla finestra filtrano le prime luci dell’alba, da cui mi proteggo rigirandomi nel letto col viso rivolto alla parete, troppo impegnata a combattere la tempesta di eccitazione e paura che mi infuria nel petto da ore

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Dalla finestra filtrano le prime luci dell’alba, da cui mi proteggo rigirandomi nel letto col viso rivolto alla parete, troppo impegnata a combattere la tempesta di eccitazione e paura che mi infuria nel petto da ore.

La libertà, la spensieratezza, la capacità di insediarsi in ogni angolo del mondo e disvelare l’uragano delle emozioni e dei desideri che muovono l’animo di ognuno. Così viene descritta l’Aria nel libro prestatomi da Bryan. Per me essa non è altro che libertà, uno spirito indomito, che entra in profondo contrasto con la sensazione di imprigionamento che mi sta perseguitando in questi ultimi tempi. Sono bloccata dalle spesse sbarre del non essere, non più umana, non ancora maestra completa, non più libera di decidere senza pericoli.

Ed è questa stessa impossibilità di azione che mi allontana anche dalla seconda radice che Erin ha citato, quella del Fuoco, che viene attribuita generalmente a caratteri forti, che, grazie a questa loro caratteristica, sono in grado di focalizzare l’energia della loro anima e usarla.

Credo che lo spintone che ha fatto volare via Bryan la scorsa notte sia un esempio di questa radice. Con molta probabilità ho utilizzato l’energia dell’onda d’urto del mio braccio sul suo petto, amplificando l’effetto del colpo. Ma, oltre a quest’episodio isolato, non riesco a riconoscermi in quell’aggettivo.
In questo momento sono tutto tranne che forte.

Ero già intimorita da questo cambiamento drastico e ora, con l’apparizione della figura degli inquisitori, provo paura nel vero senso della parola. E a tutto si aggiunge il mio rapporto con Pauline, che sta andando alla deriva. Da quella sera non mi ha ancora scritto e temo non lo farà neanche oggi o domani.

Una persona nella mia condizione non è sicura di sé, non è fuoco, ma solo una piccola barca abbandonata alla corrente degli eventi.

No, non voglio essere così, mi dico rigirandomi ancora tra le coperte. Rotolo in modo da toccare il pavimento con le gambe e mettermi a sedere sul materasso, mentre allungo una mano verso il comodino e afferro il cellulare.

Digito in fretta un messaggio indirizzato a Pauline, per impedirmi di avere tempo di ripensarci, dicendole che ho bisogno di parlarle. Lo rileggo e sposto il pollice, che aleggia minaccioso sul tasto per cancellarlo, però, dopo aver scostato lo sguardo dallo schermo, premo invio.

Respiro. Sento di aver fatto un passo verso la riconquista della mia indipendenza.

Purtroppo la soddisfazione dura poco, soppiantata a breve da un nuovo senso d’ansia. Per resistere alla tentazione di fare qualcosa di sciocco esco dalla stanza, lasciando il cellulare poggiato sul materasso.

Sono le sette di mattina e, sebbene cerchi di fare più piano possibile, lo scricchiolio delle scale sembra un grido nel silenzio che aleggia nella casa. Constatando che camminare lentamente non fa altro che peggiorare la situazione, mi affretto a raggiungere il piano inferiore, trovando Erin poggiata al piano della cucina, con un bicchiere contenente un liquido ambrato tra le mani e il cellulare nell’altra.

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