22. La rivelazione di un pazzo

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Mi sembra quasi di poter sentire il ticchettare di un orologio, che scandisce instancabile l’avanzare della mia esitazione

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Mi sembra quasi di poter sentire il ticchettare di un orologio, che scandisce instancabile l’avanzare della mia esitazione. Aggrotto le sopracciglia per fingermi sorpresa. “Di che parli?”

“Di cosa parlo…” Ancora una volta si passa una mano tra i capelli, poi si porta l’indice all’occhio. “Sai di avere delle occhiaie marcatissime? Hai dormito poco?”

Mi tasto il viso e lui continua, soddisfatto della mia reazione. “C’è qualcosa che ti impedisce di dormire?”

“Perché dovrebbe esserci?” Il mio tono è troppo aggressivo, perciò mi sforzo di continuare con più calma. “Non esisti solo tu, sai? Sono solo preoccupata per quello che succederà con Paul.”

“Talmente preoccupata da scappare da me” aggiunge, grondante di sarcasmo. “Sher, non mi piace essere preso in giro. Ho molta più esperienza di quanto sembri e sono certo che le mie impressioni siano fondate.” Le sue parole sono dure, ma il tono è quasi paterno. Mi verrebbe voglia di buttarmi tra le sue braccia per proteggermi dai mostri, se non sapessi che lui è uno di questi.

Ma il maestro non sembra esserne a conoscenza.

“Non ti reputo stupido. Per questo dovresti capire quando non è il caso di fare pressioni.”

“Non le vorrei fare, credimi, se non sapessi che la tua ansia è legata a me.”

“Siamo passati dall’insonnia all’ansia?”

“Questo devi dirmelo tu.” Si fa più vicino, le dita affondate nei passanti dei jeans.

“Bryan, non ho voglia di giocare al paziente e dottore.” È il momento di abbandonare la scena. È meglio tornare dagli altri. Lì sarò più al sicuro, quindi metto un piede nella penombra delle scale. “Hai detto di essere un esperto… allora usa il tuo intuito per aiutare qualcuno che vuole il tuo supporto. Non me.”

Il tempo di percorrere un gradino è abbastanza perché mi afferri la manica della felpa e mi tiri sul pianerottolo, facendomi perdere l’equilibrio. Bryan passa un braccio intorno alla mia vita, cercando di frenare la mia caduta, ma viene trascinato a sua volta. Ci ritroviamo entrambi al suolo, con la sua mano ancora sul mio fianco. Mi appoggio alla parete accanto alla porta del bagno, prendendo fiato. La schiena mi fa male.

“Scusa... È che lo sto già facendo. Sto aiutando me stesso, se ti fa piacere che la metta in questo modo, perché non mi piace il tuo sguardo.”

Non l’ho fatto per voi, dovevo tutelare i miei interessi, la sua voce continua a risuonare nella mia testa, roca e spietata. Le parole che ha appena pronunciato sono così simili a quelle della scorsa volta.
L’orribile ricordo di quella notte prende il sopravvento. Il cuore comincia a battere in fretta e lo stomaco viene attraversato da fitte sempre più acute. La testa è pesante, troppo perché possa concentrarmi.

“Ascoltami.” La voce di Bryan è lontana, un vago sussurro, nonostante si sia avvicinato.

-Ti posso aiutare, ma devi fidarti di me. Ti fidi di me?- Questa volta mi parla usando la telepatia.

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