17. Uno Sprenger per ogni maestro

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“Anche se vi dà fastidio, proverò a fare qualcosa per Pauline

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“Anche se vi dà fastidio, proverò a fare qualcosa per Pauline.” Ho detto questo a Erin, una volta tornata dalla sconcertante lezione di Adam. Eppure, per quanto ci provi, non riesco a trovare un collegamento tra la mia frase e il fatto che in questo momento io stia sedendo su delle morbide poltroncine in pelle in un piccolo locale in riva al mare chiamato Ba Mizu.

Al contrario del mio pub, qui l’aria non è satura di urla e musica. La luminosità è di una tranquilla tonalità gialla, troppo bassa per permettermi di osservare gli altri tavoli e i rispettivi occupanti. Tra vestiti pretenziosi, brindisi e risatine di cortesia, riesco a riconoscere uno dei commensali, un imprenditore che ho intravisto nei corridoi dell’azienda di mio padre e successivamente sulle pagine dell’Irish Independent. Il nome mi sfugge, ma non l’argomento dell’articolo a lui associato, tutt’altro che lusinghiero.

Una bionda si alza da uno dei tavoli vicini e gli si para davanti, chinandosi esageratamente per stringergli la mano, sotto gli sguardi interessati delle persone al tavolo da cui proviene. Gli occhi dell’imprenditore sono fissi in quelli di lei per tutta la durata della breve conversazione, poi, quando la donna si dirige ondeggiando dai suoi amici, il suo sguardo scende dalla base del collo fino ai fianchi, stretti in un abito da cocktail blu.

Non mi sarei vestita in quel modo in nessun caso, ma avrei preferito che Erin mi avvertisse del genere di locale in cui saremmo andate. Siamo le uniche due in jeans, che, nel mio caso, vengono bilanciati in minima parte dalla camicetta rossa. Invece, la maestra dell’anima, pur sapendo la nostra destinazione, ha voluto emergere del tutto dagli standard del locale, con un variopinto maglione luminescente.

Sta dondolando la testa a ritmo di una canzone che parte pochi secondi dopo, a un volume abbastanza basso da permettere a tutti di fare conversazione. Prende il calice e lo porta al naso, assaporando l’odore del vino, prima di berlo avidamente. “Qui puoi rilassarti. Kath non entrerà neanche sotto minaccia.”

“Perché?” Tra clienti facoltosi, l’atmosfera soffocante e il cibo dai prezzi esorbitanti, questo sembra il posto perfetto per una come lei.

Alza il pollice, indicandomi il personale alle sue spalle. “L’ultima volta non hanno fatto entrare Charles." Si pizzica la pelle sul dorso della mano. "Un fatto piuttosto divertente, se si sa che Charles è nato alla corte austriaca... più di una volta per giunta.”

Principe? Duca? Imperatore? Non mi è dato sapere che ruolo ricoprisse, ma il solo pensarlo insieme a Kathleen, come sua moglie, mi stranisce fino a farmi ridere. “E il secondo motivo?”

“Secondo motivo?” ripete perplessa.

“Quello che hai nominato quando mi hai trascinata qui.” È ancora confusa. "Perché siamo qui?"

“Quel secondo motivo!” Si sporge verso di me, attirando gli sguardi inquisitori di alcuni vicini.

Allargo le braccia in una posa che ricorda la madonna ai piedi della croce, esasperata, ma lei non mi risponde e si guarda in giro, tenendosi il mento con l’indice e il pollice. Con molta probabilità non è più in grado di seguire i nostri discorsi, considerando che è al suo quarto bicchiere. Continua a ridere ogni volta che incrocia lo sguardo di qualcuno, senza soffermarsi su nessuno in particolare.

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