Ogni cosa ha un'aura, che sia inanimata o viva. Noi chiamiamo quella umana "anima".
Da tempo immemore studiamo i poteri derivanti da essa e la nostra più grande debolezza: il corpo, prigione di carne che porta l'anima alla morte.
Stregoneria, satan...
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Bryan ride e mi pizzica il fianco. “Ti ho già detto di non entrare senza il mio permesso. Ho tutto il diritto di darti fastidio ora.”
Non è di certo colpa mia se lui era troppo occupato per riuscire a sentirmi entrare. Tuttora si sta tenendo le cuffie con la mano destra, avvicinando di tanto in tanto una delle due estremità all’orecchio, mentre gli occhi sono fissi su di me.
“Che stai facendo?” Indico il computer e lui smette di pizzicarmi.
“Videogiochi.” È piuttosto sintetico. “Di ogni genere, anche se preferisco i role playing.”
“I che?” Mi siedo sul bordo del suo letto, da cui ho comunque una buona visuale dei tre schermi su cui sta giocando.
È deluso dalla mia ignoranza, nonostante non gli dispiaccia dovermi spiegare e mostrarmi, di conseguenza, tutto quello che sa. “Role Playing, hai presente i giochi di ruolo? Vivo attraverso un avatar e studio gli altri, collaborando se necessario.”
“Sei una specie di nerd.”
“Non direi.” Mi fa segno di avvicinarmi, ma non ho voglia di alzarmi e così mi limito a sporgermi verso il computer. Alcuni personaggi incappucciati, armati o dalle fattezze non umanoidi si muovono all’interno di quella che sembra la riproduzione di una cittadina medievale. L’indice di Bryan va a coprire uno dei giocatori. “Mi servono come oggetti di studio. Posso osservare le loro capacità di adattamento standomene seduto.”
“È un gioco.”
“Lo so.” Voleva che facessi quest’osservazione. “Lo so, ma dietro ognuno di loro c’è una persona, un cervello pensante. Hanno emozioni e istinti che spesso si manifestano solo all’interno di giochi come questi. So anche chi c’è dietro ogni singolo compagno o nemico” confessa con un pizzico di orgoglio. “Mi rilassa riuscire a prevedere le loro scelte, sapere chi mi tradirà.”
Il senso di autocompiacimento misto a frustrazione che gli traspare dal corpo mi spingerebbe a domandare il perché abbia studiato psicologia, ma non è il momento adatto. Se incontrassi Bryan per strada la prima cosa che mi verrebbe in mente non sarebbe di certo uno strizzacervelli, piuttosto un contadino. In fondo ha detto lui stesso di avere le spalle larghe.
“Cos’hai da ridere?” Senza accorgermene ho cominciato a sorridere.
“Niente di che.” L’immagine del ragazzo con una camicia a scacchi e un cappello di paglia non fa che peggiorare la situazione. Comincio a ridere ancora più forte.
“A me non sembra” borbotta contrariato dall’essere oggetto di scherno. “Se non la smetti giuro che scoprirai il mio secondo volto.” Agita le dita in aria, in una minaccia di solletico, tuttavia non è questo a farmi smettere.
Ormai, a distanza di giorni, mi era passato di mente, ma quella frase pronunciata dalla sua bocca ha riportato a galla un ricordo. Il secondo volto di Bryan ho già avuto modo di vederlo.