Nonostante Jasper sembrasse piuttosto arrabbiato con me, mi concesse di parlare con Jasmine e ci lasciò perfino sole nella sua, ormai nostra, stanza. Gli dissi che avevo bisogno di rivedere un altro viso familiare, assieme al suo, e lui acconsentì con un semplice cenno del capo, uscendo a passo svelto dalla camera. Jasmine arrivò pochi minuti dopo. Ovviamente sapevo di non poter parlare liberamente, date le telecamere. Jasper non poteva sentirci, era vero, ma ciò non significava che non potesse intuire dai nostri gesti di cosa stessimo parlando. Cercammo quindi di comportarci normalmente, come due amiche che non si vedono da qualche anno. Lui adorava che le sue ragazze andassero d'accordo, poteva trarre dei benefici da ciò. Così io e Jasmine parlammo a lungo, sorridendoci a vicenda, nonostante le informazioni che ci scambiavano fossero tutt'altro che piacevoli.
"Mi dispiace per Ian", mormorò immediatamente, con un grosso sorriso sulle labbra. "Io gli ho dato tutti i consigli possibili."
Presi un bel respiro e le risposi a tono:"Grazie, Jasmine... E' più di quanto mi aspettassi", mi lasciai sfuggire.
Mi guardò offesa per una frazione di secondo, per poi tornare subito col sorriso sulle labbra. Un sorriso fin troppo tirato; Jasper avrebbe potuto accorgersene.
"Siamo tutte nella stessa barca, Elena."
Annuii, cercando di mostrarmi impassibile. Avevo portato una maschera per anni, per tutta la mia vita praticamente, ma in quel momento volevo sfogarmi. Volevo solo avere lì Caroline, poterla abbracciare e dirle quanto mi facesse schifo tutto quello. Quanto avessi bisogno di loro, di lei e degli altri. Di Ian. Volevo solo darci un taglio, definitivamente. Con pazienza e chiedendo a Jasmine di restare calma, iniziai a spiegare il piano che avevo attuato. Le spiegai che se Ian avrebbe trovato il mio messaggio, forse avevamo una speranza. Che avrei ucciso Jasper. Che avrei salvato lei e tutte le altre da quella vita troppo miserabile. Non potevo permettere che la piccola Caroline perdesse la sua adolescenza e quel poco che le restava della sua innocenza. Non potevo permettere che finisse come molte altre prima di lei. Era una bambina, troppo imprudente per condurre una simile vita. Cercai di mantenere sempre il sorriso sulle labbra, nonostante quel visetto così giovane facesse continuamente irruenza nella mia testa.
Mi alzai e, lanciando un'occhiata eloquente alla mia alleata, andai verso lo zaino, nascondendolo al raggio rilevatore delle telecamere. Lo aprii e rovistai nel fondo per cercare la pistola. Avevo il cuore in gola. Speravo vivamente che Jasper non l'avesse trovata. Le mie preghiere furono esaurite e, in un attimo, il calcio fu tra le mie mani. La mostrai a Jasmine, che mi rivolse un sorriso più che vittorioso. Era pronta a tutto, come me.
Quando terminai, lei mi raccontò un po' del tempo che aveva passato con Ian.
"E' pazzo di te", disse, ridacchiando. "Non mi ha nemmeno guardato le tette."
Scoppiai a ridere, scuotendo la testa a quella sua affermazione così inopportuna. Stava per continuare, quando un rumore tetro ma incredibilmente familiare arrivò alle nostre orecchie.
"Hai sentito?", chiese Jasmine allarmata, guardandosi intorno con quei suoi occhioni verdi.
Annuii secca, mentre correvo al mio zaino e aprivo la porta del bagno. Da lì c'era una porta che portava direttamente allo studio di Jasper. Infilai la pistola nei jeans, che avevo indossato dopo la lunga mattinata sui tacchi, e la coprii con la maglietta. Jasmine mi lanciò un'occhiata, come a chiedermi cosa dovesse fare. Le indicai una porta dall'altro lato della stanza.
"Dovrebbe portare vicino alle scale antincendio. Ho suggerito a Ian di passare di lì, controlla!", spiegai svelta. "Io vado da Jasper."
Ci scambiammo un'ultima occhiata, come ad augurarci buona fortuna, e scattammo. Mentre attraversavo il bagno, sentii un altro sparo. Il grido che seguì fu attutito dalla porta ormai chiusa, ma era troppo acuto per poter appartenere ad un uomo. Presi un grosso respiro e proseguii decisa i pochi metri che mi separavano dallo studio. Quando vi feci irruzione, Jasper era seduto alla sua scrivania, lo sguardo puntato sulla porta.
"Gilbert...", mormorò senza guardarmi, con un gelido sorriso sulle labbra. "Sembra proprio che siano arrivati i soccorsi."Incrociai le braccia al petto, pizzicando nervosamente gli avambracci. Osservavo Jasper con ansia, mordicchiando di tanto in tanto il labbro inferiore. Sentivo la pistola bruciare alla base della mia schiena. Avrei potuto giocare la mia carta in quel momento, ma il suo sguardo si posò immediatamente su di me, come avesse intuito qualcosa. Mi immobilizzai e solo quando sorrise, capii che non era rivolto a me ma a qualcuno alle mie spalle. Voltai velocemente la testa e vidi Caroline, in lacrime, tenuta ben stretta da uno degli scagnozzi. Le sue mani erano sporche di sangue. Corsi svelta verso di lei, ignorando la risatina di Jasper alle mie spalle. Piangeva disperatamente. I singhiozzi scuotevano tutto il suo corpo. Cercai di prenderle una mano, ma l'uomo alle sue spalle mi scagliò a terra, facendomi andare a sbattere contro un mobile dalle ante in vetro. Una di queste si crepò. Alzai lo sguardo verso Jasper, se veramente mi amava, come mi aveva confermato Jasmine con un solo guardo, non avrebbe mai lasciato che mi trattassero in quel modo. I suoi occhi gelidi si fissarono su di me, per poi passare all'uomo. Gli fece cenno di lasciare stare Caroline, la quale, libera dalla presa, si lasciò cadere a terra in preda al pianto. Era il mio momento. Con una mossa incredibilmente svelta, afferrai la pistola e la puntai dritta alla testa di quell'uomo. Non fece in tempo a fare alcuna mossa, cadde in un tonfo accanto a Caroline che emise un grido strozzato.
Chiusi gli occhi ed inspirai a fondo, prima di alzarmi. Quando li riaprii, non persi tempo ad incrociare quelli di Jasper. Ghignava, immensamente adirato, e rigirava tra le mani una pistola. Trattenni il fiato, quando vidi che si avvicinava a grandi passi a Caroline. Senza pensarci due volte, puntai la pistola alla sua schiena. La mia amica alternava occhiate disperate e di terrore, rivolgendole rispettivamente a me e Jasper. Quando lui le fu alle spalle e la tirò in piedi, prendendola per i capelli, lei lanciò un grido, lasciandosi andare ad altre lacrime.
Li guardavo incapace di far niente, se non tenere ben salda l'arma tra le mani, senza cercare di perdere la mira. Ma lui si nascondeva dietro il corpo della mia amica, da vigliacco quale era. Sentivo il cuore esplodermi nel petto. Il sudore colare sulla mia fronte e lungo la schiena, freddo come il ghiaccio.
"Ti prego, lasciala andare...", sussurrai con voce strozzata.
Jasper fece finta di pensarci su.
"Vedi, Gilbert... Se io la lascio andare, poi tu mi pianti un bel proiettile nel petto...Quindi, direi che me la tengo stretta", disse sprezzante, mentre posava le labbra sui biondi capelli della mia amica. Lei, che fino a quel momento aveva cercato di dimenarsi, sbiancò alla vista della revolver di Jasper che veniva puntata sul suo collo. Mi immobilizzai anche io. Avrebbe potuto premere il grilletto da un momento all'altro e ucciderla. Ma che diavolo ci faceva lei qui? Perché era venuta a cacciarsi in questa tragedia? Che fine aveva fatto Ian? Le risposte alle mie domande non tardarono ad arrivare.
"Ehi...", mormorò Jasper, rivolto a lei. "Perché non racconti alla tua amica cosa è successo di là?".
Le mie mani tremavano, stringevano il calcio della pistola con fin troppa forza, e le braccia iniziavano a dolermi. Posai lo sguardo su Caroline che, silenziosamente, era tornata a piangere. Le lacrime le scendevano lentamente lungo le guance, mescolandosi al freddo sudore che le bagnava il collo.
"S-stavamo uscendo dalla porta a-antincendio", iniziò, cercando di reprimere i singhiozzi. "E' arrivato quell'uomo, era armato. Paul mi si è parato davanti e...", si interruppe, fissando lo sguardo nel vuoto.
Il mio cuore perse un battito. Non poteva essere.
"Continua, tesoro", la esortò Jasper, premendo la pistola sul suo petto.
Lei sussultò e cercò in tutti i modi di riprendere il filo del discorso:"E' arrivata una ragazza... Il suo ingresso ha distratto l'uomo per pochi secondi, Paul ha sparato un colpo, ma con la fretta non è riuscito a colpirlo... Lui...", gettò una veloce occhiata al corpo dell'uomo a terra, il suo tono era sdegnoso. "Lui ha ucciso la ragazza... E ha ucciso Paul!".
Jasmine.
Paul.
Non feci in tempo a realizzare ciò che avevo appena sentito, che la porta principale dello studio si spalancò. Non abbassai la pistola rivolta in direzione di Jasper; voltai solamente lo sguardo. Quando il volto di Ian entrò nel mio campo visivo, ogni fibra del mio corpo perse le forze. Sentivo gli occhi inondarsi di lacrime. Bonnie, alle sue spalle, guardò Caroline senza parole. Il nodo che avevo alla gola si strinse ancor di più, causandomi un male indescrivibile. Li avevo messi in pericolo. Paul era morto, per colpa mia. Per la mia stupida voglia di vendetta. Vendicarmi di un uomo che non meritava neanche di essere chiamato tale. Un uomo che non meritava niente. Neanche la morte. Aveva tra le sue mani Caroline e l'avrebbe uccisa, senza neanche pensarci se io non avessi fatto qualcosa. Dovevo pensare alla svelta. Dovevo distruggerlo, ucciderlo senza potergli torcere un capello.
Mentre la soluzione si faceva largo nella mia mente, sentii la mano di Ian stringere la mia. Fu nel momento stesso in cui incrociai i suoi occhi spaventati, che presi la mia decisione. Abbassai la pistola e mi gettai tra le sue braccia. Bonnie non si fece distrarre e continuò a tenere Jasper sotto tiro. Le braccia di Ian mi avvolsero la schiena. Sentivo le sue mani tremare. Sorrisi mesta e gli lasciai un bacio sulla spalla.
"Mi dispiace...", mormorai con gli occhi gonfi di lacrime, mentre mi staccavo da quell'abbraccio.
Jasper aveva osservato tutta la scena in silenzio, con sguardo furente. Notai che la presa sul braccio di Caroline era allentata. Cercai di trattenere un sorriso. Ero il suo punto debole. Bisognava ferire il tallone D'Achille.
"Commovente", sentenziò, fissandomi truce. "Potremmo rimanere così tutta la sera... Oppure potrei ucciderla subito", aggiunse, stringendo un braccio intorno al collo di Caroline e puntandole la pistola alla tempia.
Senza perdere tempo, reagii:"Sai, Jazz..", dissi piano, usando il soprannome al quale non poteva resistere. "Nella mia vita, mi son state portate via le persone più care che avessi. La maggior parte delle quali a causa tua. Sono scappata. Mi son fatta una nuova vita. Ho trovato cose che tu mai avresti potuto darmi. E me le hai portare via di nuovo. Mi hai portato via tutto, tutto quello a cui tenessi. E ora io farò la stesso con te... Con l'unica cosa che forse ti interessa più della tua stessa vita...".
Gli lanciai un'ultima occhiata vittoriosa, mentre puntavo la pistola verso di me, all'altezza del mio stomaco. Non avevo tempo per i ripensamenti. Dovevo pensare agli altri. Non potevo permettere che qualcun altro di loro morisse per me. L'ultima cosa che i miei occhi videro fu la reazione che desideravo, proprio poco prima che il mio indice destro premesse il grilletto.
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Una rondine nella tempesta| IN REVISIONE
FanfictionUna delle migliori sensazioni al mondo è quando abbracci la persona che ami e lui ti ricambia stringendoti più forte.