Callisto si vestì velocemente ed in punta di piedi camminò per arrivare alla porta. Non appena stava per abbassare la maniglia, una voce roca si fece strada alle sue spalle.
«Dove stai andando?» Jason si alzò di scatto, scuotendo la testa per diventare più lucido.
Successivamente si avvicinò alla donna, prendendole violentemente il polso.
«Lasciami» urlò lei dimenandosi.
«Se il tuo intento era scappare, i tuoi piani non andranno a buon fine piccola»
In ogni parte della casa vi erano delle trappole segrete e nessuno sarebbe stato in grado di scappare da quell'inferno.
«Sei un bastardo»
«Lo faccio di mestiere»
«E comunque stavo andando a mangiare qualcosa, sai sono umana anche io» disse Callisto, osservando gli addominali di Jason. Sembrano essere disegnati sul di lui ed erano in armonia con ogni parte del suo corpo. «Mi lasci andare a fare la spesa? Non voglio morire di fame» sbuffò seguendolo fino in cucina.
«Secondo te io sono così cretino da lasciarti andare?»
«E perché non dovresti? Se prometto di ritornare qui, lo faccio. Io mantengo sempre le mie promesse. Basta solo che ti fidi di me» Callisto prese la mela verde dalla mano di Jason e la se portò alla bocca, dandole un morso.
«Ho smesso di fidarmi delle persone, conto solo su me stesso» ribatté lui, lottando per riavere il suo frutto. «Cosa abbiamo combinato ieri?»
«Che c'entra questo ora? La mia fame è più importante» biascicò lei, volevo cambiare il discorso.
Non voleva pensare a cosa fosse successo la sera precedente. Non che non volesse, ma semplicemente aveva paura.
«Non succederà mai più. È stato un errore, va bene? Sono solo un po' debole» Jason sorrise leggermente, quasi a giustificarsi. «Mi aspettavo più professionalità da parte tua. Gli psicologi non vanno a letto con i loro pazienti»
«Cazzo, dammi le chiavi della tua fottuta macchina e stai zitto»
La fame era solo un pretesto per uscire da quella casa che ormai stava diventando troppo opprimente.
«Attenta a come parli con me. Non mi faccio mettere i piedi in testa da una troia come te»
«Sai cosa me ne faccio dei tuoi insulti? Nulla. Sei uno stronzo. Preferisco morire di fame e stare rinchiusa in una lurida topaia, che passare un secondo ancora con te. Spero solo che Caleb ti trovi e ti ammazzi. Pensi davvero di tenermi in ostaggio per sempre? Sei solo ridicolo e un malato di mente. Ah e vaffanculo» gridò, sbattendo la porta della cucina.
«Ma con chi credi di parlare? Non sono tuo amico, né altro, quindi smettila di fare la moralista del merda perché effettivamente della mia vita non sai un cazzo. Ti avviso: non farmi perdere la pazienza o la pagherai molto cara. Anche io sono leale e le porto a termine le mie di promesse»
«Parli e parli, ma non concludi mai niente. Vuoi uccidermi? Fallo. I miei figli ti hanno visto in volto, non ci vorrà molto prima che ti trovino»
L'efferato assassino non sembrò spaventato, anzi rise con gusto. «I tuoi figli non diranno una parola. Sai sono giovane, ma sono un killer molto esperto e penso ad ogni dettaglio. Se solo i marmocchi proveranno a parlare, ci saranno delle brutte conseguenze»
«Non ti azzardare a toccarli o giuro che ti ammazzo» Callisto lo colpì fortemente con dei pugni sul petto.
«Non sono neanche figli tuoi, perché ti arrabbi tanto?»
«E tu come lo sai?» aprì leggermente la bocca, sorpresa da quello che Jason aveva appena finito di dire.
«Chiudi quella bocca. Mi stai tentando, dolcezza. Ti farei inginocchiare davanti a me e ti costringerei a succhiarmelo. Ah e, io mi informo sempre sulle mie vittime. Conosco ogni dettaglio di te, della tua famiglia, di dove vivi, dei vari tattoo che hai e sopratutto, conosco ogni parte del tuo corpo» Jason si passò la lingua sulle labbra, ripensando alla sera precedente.
«Fai paura, sappilo»
«Dai andiamo» prese le chiavi della macchina, per poi chiudere la porta dietro di lui.
Sei così stupido Justin. Pensi di saper controllare ogni dettaglio della tua vita, pensi di saper controllare la mia mente, ma non sai comandare l'unica cosa che forse ti tiene ancora in vita: il cuore. Io saprò rubartelo come solo io so fare, saprò farlo mio, ma sopratutto sarò in grado di farti innamorare di nuovo. Voglio farti provare di nuovo quelle emozioni che non provi da anni. È strano come mi interessi così tanto, dovrei essere spaventata e cercare in ogni modo di scappare, ma non lo faccio. So che qualcosa ci lega, forse ci siamo già conosciuti in un'altra vita, forse sono solo io paranoica e forse sto cercando di fregare te, ma alla fine sarò io a cadere nella mia stessa trappola. Sono vittima di due carnefici: il primo è Jason e la seconda è la sindrome di Stoccolma.*
Pensò lei poggiando la testa sul finestrino.
***
È bella. È diversa. È particolare. È stupida. È dannatamente sexy quando si morsicchia le unghie per l'ansia. È così...
Jason si trovò con la testa tra le nuvole, fino a quando qualcuno gli diede una spinta facendolo ritornare sulla Terra.
«Ahia, mi ha fatto male» si lamentò accarezzandosi il braccio dove la pressione della presa di Callisto era stata più evidente.
«Dove stiamo andando?»
«Non hai detto che stavi morendo di fame? Beh, ti sto portando fuori...Così smetti di rompermi le palle»
«E non hai paura che io urli o che chiami la polizia?» la donna iniziò a giocherellare allegramente con alcune ciocche dei suoi capelli, controllando ogni tanto i cartelli stradali per capire in che zona fossero diretti.
«Mi hai chiesto di fidarmi e io lo sto facendo, non farmene pentire. Sei la prima ragazza a cui sto dando la possibilità di respirare per più di un giorno, dovresti amarmi» rise, tenendo gli occhi fermi sulla strada.
Ogni tanto dava qualche occhiata a Callisto e si perdeva nella sua spontaneità e bellezza, tanto da lasciar perdere o avrebbero avuto sicuramente un incidente stradale.
«Il mio cuore è stato già rubato, mi dispiace»
«La mia era una battuta e poi da chi? Da quello stupido di tuo marito?»
«È una persona bellissima e parli senza conoscerlo. È mio marito, lo rispetto e gli starò sempre accanto» affermò lei, deludendolo.
«Lo rispetti venendo a letto con me?» Jason sbatté la mano sul volante, ridendo.
«Io e Caleb abbiamo deciso di separaci. Voglio cambiare vita e trovare un uomo che faccia al caso mio» sorrise debolmente ammirando i tratti dell'uomo accanto a lei, il quale sembrava essere assortito dai pensieri.
Non serve cercare più tanto piccola, io sono qui.
Pensò lui mentre immaginava una vita che forse non gli sarebbe mai appartenuta.
*sindrome di Stoccolma: con l'espressione sindrome di Stoccolma si intende un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta in alcuni casi in vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica. Il soggetto affetto dalla Sindrome di Stoccolma, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all'amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice.
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wake up ➳ jason mccann as justin bieber
Fanfic«Ero vittima della mia mente malata, vittima di me stesso» © Tutti i diritti riservati. cover by @jensaz.