28. wicked games

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5 MESI DOPO.

Non sapeva esattamente quanti mesi fossero passati da quando l'avevano rinchiuso. Tre settimane o forse quattro. Aveva un calendario appeso alla parete ma non lo utilizzava per tenere conto dei giorni, se non per farci degli schizzi. A tutti piace disegnare ed esprimere se stessi. Cosa disegniamo è il riflesso di chi siamo e della nostra anima.

Guardò il soffitto e poi spostò lo sguardo sulle pareti. Erano bianche, bianche come la neve in inverno.

Con il tempo aveva imparato a pensare meno al passato, agli altri ed concentrarsi più su se stesso.

Qualcuno bussò alla porta, interrompendo i suoi pensieri. «Buongiorno» Amber sorrise, avvicinandosi al suo letto e controllando se stesse bene. «Sei stanco? Hai un colorito pallido»

Jason mormorò qualcosa di incomprensibile.

«Hai preso le medicine ieri?» domandò ancora lei.

«Sì» mentì. Non le prendeva quasi mai. Non si fidava di cosa gli davano.

«Domani inizi la prima seduta dallo psicologo»

«È maschio o femmina?» si diresse nel suo bagno e si lavò il viso ed i denti.

«Non lo sappiamo, arriva domani. È qualcuno nuovo. Ora devo andare che pare ci sia qualche problema» l'infermiera prese la cartella McCann e chiuse la porta alle sue spalle.

Tra i due si era creato un rapporto d'amicizia e collaborativo, visto che quest'ultima si occupava di curare Jason nei momenti difficili e non. Nonostante ciò, Jason amava farle dei complimenti e dal suo arrossire aveva capito che non veniva apprezzata quanto dovuto.

Jason bisbigliò qualcosa e si rimise a letto, pronto per un' altra dormita. Non faceva nulla tutto il giorno se non dormire, disegnare o giocare a carte con altri malati come lui.

Vita emozionante.

Pensò ridendo.

Quella mattinata si presentò con un inizio strano. Come ogni giorno, al sorgere del sole, le infermiere passavano a controllare i pazienti ma George non c'era. Nessuno aveva sue notizie da due giorni, da quando avevano fatto un incontro nel salone principale di Casa Maca.

«Jason resta fermo qua e non ti muovere. Pensano che George sia scappato» Amber entrò nella sua stanza urlando mentre qualcuno la chiamò dal piano superiore o inferiore.

George era un uomo arzillo e intelligente per i suoi 60 anni. Jason alla fine capito cosa lo spingesse ogni volta a scappare, in fin dei conti quale pazzo non vorrebbe scappare da chi detiene la propria follia?

Si alzò dal letto, dannatamente comodo, e si incamminò verso l'uscita dalla sua stanza.

Non voleva disubbidire ad Amber, ma era curioso. Salì le scale che portavano al 7° piano e vide George mentre ammirava il cielo dal terrazzo. «Sapevo che eri qui» gli sorrise.

George si girò verso Jason facendo una smorfia.

«Tutti pensano che sei scappato. Cosa fai qui?»

«Figliolo, siediti» gli indicò di mettersi accanto a lui. «Mia moglie mi ha lasciato e i miei figli non mi vogliono vedere. Sono 30 anni che non so nulla di loro. Vale la pena continuare a vivere? Sono così stanco di respirare ogni singolo soffio d' aria»

Jason ubbidì e si mise seduto. Gli mise una mano sulla spalla per consolarlo. «Mi sono innamorato poche volte, sai. I miei problemi mi hanno portato ad uccidere e ad altre cose di cui ora come ora mi pento. Il destino ha voluto che un angelo si mettesse sul mio cammino e mi sono innamorato di lei...Si chiama Callisto. Mi hanno detto pochi giorni fa che è incinta e che il figlio che porta in grembo è mio. E ora la domanda te la faccio io: secondo te vale la pena aspettare per riprendermi la mia famiglia? Vale la pena vivere anni e anni rinchiuso qui, quando lei può essere felice con altri uomini? Vale la pena lasciarla andare? Vale la pena vivere?»

Callisto custodiva ogni centimetro del suo cuore e aveva lottato per averla, senza successo. Le aveva dato tutto ma non era bastato. Non avrebbe più pianto per lei, non più. Era arrivato il momento di andare avanti, dimenticarla e cambiare pagina.

«Certo che vale la pena di vivere» Amber tossì alle loro spalle. «Non sapete cosa vi riserva il futuro e né il mondo che ci circonda. Avete mai pensato alla felicità? Avete pensato all' innamorarvi ancora? Al realizzare i vostri sogni nel cassetto?»

Jason rise. «Ma cosa pensi? Che sia tutto sia rosa e fiori? Non conosci la vita allora, mia dolce Amber. Sei ingenua. Cosa ci offre la vita? Non siamo più uomini liberi...Siamo schiavi, schiavi del lavoro e della società. Ogni giorno le persone muoiono e le guerre distruggono ogni minima speranza di un futuro migliore. Significa questo vivere? Piangere per la morte dei nostri cari, soffrire a causa dell' amore e della vita misera che viviamo? Tutto questo è alquanto patetico, me ne vado» si alzò dal muretto e si diresse verso il dentro della struttura.

Amber gli fece un segno con la mano, mettendosi sul suo cammino.

«Lasciami andare, non ti voglio vedere né parlare» Jason la spostò con forza.

«Non chiedere il mio aiuto quando ne avrai bisogno. Sei tu che te ne stai andando»

«Sei tu che non mi fermi» sussurrò estraendo una sigaretta dal pacchetto. «Cosa c'è Amber? Perché non scappi come fai sempre? Hai ventiquattro anni cazzo e neanche hai messo il naso fuori da Casa Maca e vieni a darmi lezioni di vita? Ho studiato il tuo carattere in questi mesi. Sei fragile Amber. Vedo come arrossisci quando ti faccio i complimenti e so perfettamente che non hai neanche avuto un fidanzato, vivi solo per lavoro e mai per te...Sarai pure vergine»

«Chiudi la tua fottuta bocca» l'infermiera respirò profondamente e deglutì. «Vuoi suicidarti? Vuoi piangere all' infinito e deprimerti per i tuoi errori? Allora cazzo, fallo. Ma sai cosa? Non lo faresti mai e sai perché? Perché hai paura. Hai paura di vivere come hai paura della morte» Amber si girò ma di lui non vi era più traccia, se non il mozzicone della sua sigaretta.

wake up ➳ jason mccann as justin bieber Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora