2. All trough the night

22.8K 974 80
                                    



2. Per tutta la notte.

Stanca e devitalizzata percorsi lentamente le scale del palazzo. Mi
sentivo vuota, costantemente. I piedi dolevano a causa delle Converse, e sentivo così caldo che il mio unico desiderio era entrare nella doccia e lasciarmi percorrere da milioni di gocce fresche. Avevo la fronte imperlata di sudore e l'unico rumore che udivo era quello delle suole delle mie scarpe sul marmo e delle chiavi che ritmicamente ad ogni passo, battevano sulla mia coscia. Arrivata nel mio pianerottolo la porta della vicina si aprì cautamente, generando uno scricchiolio inquietante. Lì abitava una certa Elizabeth Margaret Johansson, un'anziana vedova, sempre cordiale ma un po' ambigua. «Ciao cara», sussurrò, emergendo dalla porta di legno scuro, con qualche ricciolo disegnato sopra. Nello zerbino era scritto "Benvenuto" ed erano disegnati accanto alcuni gatti. Sulla porta era appesa una ghirlanda natalizia, nonostante fossimo in estate. «Salve», dissi con tono insicuro, che forse apparve timoroso. «Scusa tesoro.. Ti ho spaventata? Cercavo di spazzare l'ingresso», disse e tossì, portandosi il pugno davanti alla bocca. «Si figuri», tentai di dileguarmi e feci qualche passo svelto verso il mio appartamento. «Se vuoi un thé, sei la benvenuta», sorrise, evidenziando le rughe sulle punte degli occhi. Feci un sorriso di rimando e rimasi inebetita non sapendo che risposta dare. Richiuse la porta ed io infilai le chiavi nella serratura. Le girai un paio di volte, mentre sperai vivamente di trovare Drake e farmi spiegare tutto. Non era il tipo da scazzottate ed iniziavo a preoccuparmi. Entrai dentro. «Tu», gli schioccai le dita davanti alla faccia. «Siediti sul divano ed inizia a parlare», ordinai con quel fare da dittatrice che aveva sempre funzionato. Obbedì, con uno strano sorriso stampato sul volto. Alzò le mani «..okay sergente», disse ironicamente. «Non hai nulla da scherzare», lo rimproverai mettendomi seduta. «Spiegami cosa sta succedendo.» Sospirò profondamente «..Nul» «Err», lo interruppi, imitando il suono dei pulsanti che indicano le risposte sbagliate nei programmi televisivi. «Non è niente di..» «Eerr», gli colpii delicatamente la gamba. Rise e scosse la testa. «La smetti?» «Tu parla!», incrociai le braccia al petto, iniziando a spazientirmi. «Che spiegazione ti serve?», i suoi lineamenti si tesero, facendomi capire che era qualcosa di grave. Mi preoccupai. «Voglio sapere perché un tizio prende a pugni il mio migliore amico.» «Davvero vuoi sapere il perché? Sono gay, Alexis. Non ti sembra una risposta valida?» Mi alzai in piedi e spalancai le palpebre. «No!», gli colpii la faccia con il cuscino. «Non è neanche minimamente una risposta valida!», lo rifeci dimenticandomi di tutti i lividi che già aveva, facendolo gemere dal
dolore. «Nessuno deve permettersi di farlo, per questa o per nessun'altra ragione.. Dio quanto li odio i prepotenti! Li butterei tutti in una fogna piena di gas radioattivi!», strillai fuori di me, avviandomi verso l'angolo cottura. «Lo sai come sono i ragazzi. L'omofobia è ovunque», disse dal salotto. Presi del ghiaccio e glielo posai sul volto, scossi la testa leggermente, in segno di disapprovazione. «Denuncialo e fallo espellere.» «Non ce ne è bisogno», rispose seccamente. «Sì! Ce ne è bisogno e come invece!», ribattei. «Perché era nella tua camera?», sollevò un sopracciglio malizioso. «Ero ubriaca. Mi ha solo
fatto compagnia. Abbiamo dormito», chiarii, solcando le ultime due parole. Sbuffò «quanto sei sciocca», mi colpì il capo. «Non sono sciocca..» «Ti ama come non ho mai visto amare qualcuno. Non puoi fartelo sfuggire così! Cavolo, mi fai incazzare a morte.. E anche tu ne sei innamorata. Perciò al diavolo il resto. Questo importa. Un amore del genere non muore, anche se provi a tutti in tutti i modi di sopprimerlo.. Vince lui. Te lo
garantisco», disse, con quel fare languido e sognante. Il battito del mio cuor accelerò e mi si strinse un nodo in gola. Continuai a picchiettargli il ghiaccio sullo zigomo. «Ti ha rapito il cuore, con tutta la fama di cattivo ragazzo e di dongiovanni», gli si sollevò un angolo della bocca. «È il ragazzo più stronzo che abbia mai conosciuto. Tratta male tutti coloro che ritiene degli sfigati e dei falliti, ossia tutto il genere umano. Forse solo la sorella si salva dal suo malumore..», sorrisi nostalgica. Ripresi aria «.. Ma con me..», sospirai «era diverso. Completamente. Mi dava tutto ciò che volevo. Il suo principale scopo era di rendermi felice, sin da quando avevamo deciso di essere amici. Si preoccupava per me, in continuazione. Mi riempiva di attenzioni e lo amavo.. Era così nuova quella sensazione. Nessuno mi aveva mai trattata così e poi è arrivato lui..», tastai il ghiaccio e gemette appena. «Sapevo che avevo una persona sulla quale contare.. E ricordo quanto tentassi inutilmente di non pensare a quanto fosse attraente.. O a quanto evitassi di cercare i suoi occhi tra la gente, ma alla fine ci sono totalmente affogata dentro.. Ora capisci perché ciò che mi ha fatto mi fa così male? Come ha potuto..», sentii le lacrime accumularsi agli occhi. «Una cosa del genere non si dimentica con il sorgere del mattino», deglutii ed iniziai a fissare un punto vuoto alle sue spalle. «Ma ti manca?» «Certo che mi manca. Mi manca lui e tutti i suoi atteggiamenti del cazzo», risi acidamente. «Gli atteggiamenti del cazzo sono le cose più difficili da dimenticare», ridacchiò. «Mi manca appartenere a qualcuno. Mi faceva sentire così amata ed importante.. E poi la sua famiglia. Mi mancano così tanto. Erano l'unica famiglia che mai avevo avuto», una lacrima mi rigò il viso. «Infondo le cose finiscono.. Prima.. o dopo», mi salì un groppo alla gola e mi alzai in piedi. Trasalii quando suonò il campanello. Chi mai poteva essere? Sospirai e porsi l'orecchio al citofono. «Chi è?» «Jonas.» Spalancai le palpebre e il mio cuore batté fortissimo in preda all'ansia. «Ma cosa ci fai qui?» «Ti aspetto qui sotto, ti prego, scendi», disse con tono supplichevole. «Io.. No. Non ne ho voglia, va via.» «Ti aspettiamo, anche per tutto il giorno, tutta la settimana. Se scendi siamo in macchina.» «Jonas.. No, senti. Andate via.» Non rispose nessuno e capii che se ne era tornato in auto. Sbuffai e mi gettai sul divano come un sacco di patate. Drake prese la sua borsa da football e se la caricò in spalla. «Ho gli allenamenti. Il tuo ex ragazzo è il nuovo capitano e il nuovo quarterback», annunciò prima di sbattersi la porta alle spalle. Bene, Jake sembrava tornato alla sua vecchia vita prima di conoscermi. Entrai nel box doccia, dove mi insaponai per lunghi minuti. Finalmente avevo un po' di sollievo da quel caldo soffocante. Sentii il mio telefono trillare e schiusi lo sportello afferrando un asciugamano. Me lo legai attorno e strusciai il dito sullo schermo. «Devo pisciare urgentemente, muoviti ad uscire sennò entro anche che sei nuda», disse Simon, accompagnato dalla sua classe. «Primo, cosa vuoi dal mio bagno. Secondo, "pisciare" lo dici agli amici tuoi.. E terzo, se provi ad entrare mentre sono nuda ti ritroverai senza bulbi oculari», attaccai. Quando uscii lo vidi fuori, con un sorriso beffardo in faccia e il cellulare attaccato all'orecchio. «Finalmente», mi diede una spallata e per poco non mi cadde l'asciugamano. Dio, come era snervante. Julie chiacchierava con qualcuno in soggiorno e in seguito riconobbi la voce di Thomas. «Non sapevo che saresti passato», mi affacciai, un po' fradicia. Sorrise «nemmeno io.» «Meglio vada ad infilarmi qualcosa..», mi voltai ed entrai in camera. Dopo essermi asciugata, mi vestii con degli shorts e una canottierina rossa. I capelli erano ancora bagnati quando tornai di là. Rimase inebetito per qualche ragione, assumendo un espressione davvero dolce. Un sorriso poco marcato gli si formò in volto. «Ehy», disse guardandomi dall'alto in basso. Mi imbarazzai un po' e mi riavviai i capelli dietro all'orecchio. «Sono passato per chiederti se hai da fare stasera», fece qualche passo verso di me. «No», sorrisi e Julie mi lanciò un'occhiata maliziosa che mi fece sollevare lo sguardo al cielo. Mi guardò accigliato, pensando che quel gesto fosse riferito a lui. Gli accarezzai la spalla «avevi qualcosa in mente?» I suoi lineamenti si rilassarono, e accennò nuovamente ad un sorriso. «Sì, volevo portarti a mangiare in un posto», affermò. «Ottima idea dato che abbiamo finito tutti i film della tua credenza», risposi sorridendo. Era stato un amico fantastico per tutta l'estate. Mi era stato accanto, senza mai essere invadente. Non potei evitare di paragonarlo a Jake. Erano gli opposti. Lui era riservato, non aveva una lista lunga chilometri di ragazze con cui era andato a letto, non era mai stato scontroso o non aveva mai sbalzi d'umore. Però sentivo che tra me e lui c'era solo ed unicamente amicizia. Non provavo assolutamente nulla per lui, oltre all'affetto. Non avrei mai amato nessun altro, ne ero certa. «Potresti dirmi dove? Così so cosa mettermi e non mi sento troppo a disagio?», lui ridacchiò. «Il vestito blu ti sta benissimo», affermò e sorrisi. Julie incrociò le braccia al petto e sollevò un sopracciglio, con la stessa espressione dipinta in volto. «E tu come lo sai?», domandai, dato che non mi sembrava mi ci avesse mai vista. «Non lo so. Ma ti sta sempre bene tutto perciò..», si avviò alla porta. «Sì, certo», dissi ironica afferrando la maniglia. Mi baciò la guancia e scese le scale del palazzo. La richiusi. «Oh mio Dio», batté le mani l'una con l'altra. «Julie no. Non mi interessa in quel senso, accettalo e togliti quel sorriso dal volto.. E poi si può sapere cosa ti è successo? Tu e Drake mi avete rotto le scatole per tutta l'estate provando a convincermi di tornare con Jake», borbottai. «È ovvio che sarei al settimo cielo se tornassi con lui. Solo.. So che non vi amate più perciò.. Move on, mia cara!», lo disse con tanta leggerezza, mentre io ancora cercavo di metabolizzare quelle parole. Non ci amavamo più.. Non ci amavamo più? Esatto. Tutto finisce, l'hai detto tu stessa. «Già. È finita..», sospirai e tornai nella mia camera. Mi stesi sul letto ed acchiappai il cellulare, passando il tempo ad eliminare le dieci chiamate perse di Jonas, in modo tale che non avrei avuto la possibilità di cliccare e richiamarlo. Avevo cancellato il suo numero, così come quello di Jessy. Vidi un messaggio di Pola "Cavolo.. Ieri mi hai fatto prendere un colpo! Sei sparita. Meno male che c'era Julie, stupida" sorrisi e risposi "stupida lo dici ad Arizona." Mi arrivò un nuovo messaggio, sempre dal suo numero ma capii che non era lei. "Ehy.. Ed io adesso cosa ti avrei fatto?" Ridacchiai "Ancora non ti sei comprata un nuovo cellulare? Come potete usare lo stesso?" mi accigliai. "Siamo gemelle" lessi, e lo richiusi in tasca. Mi squillò nuovamente, ma sta volta era una chiamata di Cass. Dio, Cass. Quanto tempo era che la ignoravo per ignorare Andrew e per ignorare Jake. Ero stata una stronza di dimensioni epiche mentre lei voleva solo starmi accanto, come farebbe un'amica. «Sono così felice che mi hai risposto! Come stai? Mi manchi tantissimo», disse, e mi salì un groppo alla gola. «Anche tu mi manchi.. Scusami.» «Puoi venire qui?», domandò. «Lì? A casa?» «Sì?», chiese, più che disse. «No, no. Vieni tu.» «Non c'è Jake, sta facendo gli allenamenti. Andrew è alla Columbus, Bill a lavoro, Matt ed Anna a scuola. Ho un mal di pancia indescrivibile e non riesco a muovermi.» Sospirai profondamente «non credo sia una buona idea.. Potrebbero tornare da un momento all'altro», scossi la testa. «Va bene.. Allora mi alzo, ma se non arrivo entro venti minuti mi sono sentita male...», bofonchiò. «No, non muoverti. Arrivo», chiusi il cellulare in tasca e tornai in soggiorno. «Vado da Cass, vuoi venire?», chiesi a Julie che era in salotto con Simon e aveva un libro aperto sotto agli occhi. «Stai dimenticando qualcosa?», si posò un pugno sulla guancia. Mi accigliai. «Studiare.. Fare i compiti..», insinuò. «Probabile», afferrai le chiavi dell'auto sullo scaffale. «Lo sai che l'anno non si passa con il fascino vero?», disse Simon. «Dato che ti hanno promosso.. Direi proprio di no», raggiunsi la porta e rise appena. «Ah.. Eccola. La Alexis stronza ci era mancata», confessò e Julie gli diede una piccola bottarella sul braccio. Spostai lo sguardo su di lui per qualche secondo. «Ero costretta a passare il tempo con te e a sopportarti perché stavo con Jake. Ora che non stiamo più insieme.. Ognuno per la propria strada.» Sollevò le sopracciglia, evidentemente stupito. Si schioccò la lingua sul palato «cavolo se è tornata», sfogliò il libro e scosse la testa, con il suo solito sorriso in volto. Era leggermente diverso, avevo smosso qualcosa in lui, nonostante cercasse di non farmelo notare. Julie era abbastanza sbigottita, sbatté le palpebre un paio di volte e poi tornò ai libri mentre aprivo la
porta di casa. Vidi la macchina di Jonas nel marciapiede opposto, e all'interno riconobbi anche Jessy. Sgattaiolai fino alla mia auto e guidai verso quella villa. Metro dopo metro, della nuova ansia si aggiungeva alla vecchia. Sospirai quando riconobbi quella strada e parcheggiai nel vialetto. Tirai fuori le chiavi e me le portai
in tasca, con il fiato corto e gli occhi un po' lucidi. Ero nostalgica e triste. Quel giardino verde.. L'odore di mare, le rose. Citofonai, e mi aprì una Cass in ciabatte. I capelli castani e ricci erano raccolti in un frettoloso chignon, mentre il trucco sugli occhi le si era leggermente sbafato. Era in pigiama e sembrava assonnata. Subito dopo mi scattò tra le braccia, lasciandomi inebriare il suo profumo. «Ciao! Come stai? Perché non mi rispondevi? Dio come mi sei mancata.. La casa senza di te è una noia! Sono l'unica donna», farneticò. «Calma!», l'abbracciai forte e mi condusse dentro. «Sto bene», risposi guardandomi intorno. Quella casa lussuosa ma accogliente, era stata l'unica casa che mai avevo avuto. «Sicura che non verrà nessuno?», ci sedemmo sul divano e lei annuì smagliante. «Perché non mi hai risposto? Ho un sacco di cose da chiederti e da dirti.. Da quale delle due vuoi iniziare?», strofinò una mano sull'altra. «Inizia col parlare», non ero in vena di rispondere a delle domande. Sospirò «Andrew ed io.. Insomma.. Noi..» «Cosa?», mi spazientii, ormai troppo curiosa da quell'espressione. «Lo so che siamo giovani.. E che è da pazzi e folli e..» «Cass! Cazzo.. Non ho mai avuto tanta ansia. Spara», ordinai e rise. «Mi vuole sposare, Alexis. Cazzo cazzo cazzo!» Spalancai le palpebre. «Cosa?!», scattai in piedi, allarmata e sbigottita. «Vuoi essere la mia damigella?» L'abbracciai fortissimo, e mi mancò l'aria per l'emozione. «Sì! Assolutamente sì! Ma.. Siete due matti.. Dio sono troppo felice per voi. Siete stupendi insieme», sorrisi a trentadue denti. Della malinconia le balenò nello sguardo, facendomi accigliare. «Cosa c'è?», il mio tono si abbassò, e lei scosse la testa. «Mi manca essere tua cognata e parlare di quanto siano stupidi i McCall.
Parlare della loro gelosia compulsiva attorno ad un tavolo e ridere tutti e quattro insieme», sospirò, travolgendomi di nostalgia. «Non pensarci. Stai per sposarti Cass! Hai trovato l'amore della tua vita..», le strinsi la mano
e il sorriso sembrò tornargli. Non potevo crederci che si stavano sposando a ventitré anni. Chiacchierammo a lungo. Pensò a quale periodo sarebbe stato  il migliore, a come si sarebbe vestita e a come mi avrebbe fatta vestire. Mi sembrava una fantastica assurdità. Mi vibrò il cellulare in tasca "alle otto fatti trovare a casa". Cavolo. Era tardissimo. Balzai in piedi e le baciai la guancia. «Dove vai?» «Julie mi ha chiesto di aiutarla con i compiti.. È tardi.. Vieni domani..», causai la terza guerra mondiale nel soggiorno, facendo rotolare a terra un cuscino e facendo cadere un portacenere dal tavolino. Barcollai fino alla porta, mentre ci contorcevamo dalle risate. Afferrai la maniglia, ma la porta mi si aprì difronte prima che potessi farlo io. Come un'imbranata caddi in avanti, mi sentii percorsa da una scarica bollente, terrorizzata dal fatto che presto mi sarei rotta cinque denti e entrambi i gomiti. Per fortuna o per sfortuna, mi imbattei con qualcosa di molto duro. Non era qualcosa, ma qualcuno. Con la mia grazia lo feci indietreggiare, mentre tentava di sorreggermi. Sentii un profumo impossibile da non riconoscere e sollevando lo sguardo vidi il mare dentro ai suoi occhi. Era stupito di vedermi ed io mi imbarazzai a morte. Le mie mani erano poggiate sul suo petto caldo. Indossava una camicia, ma lo percepii ugualmente. «S-scusa», balbettai riprendendo l'equilibrio. «Lexie?», si accigliò e successivamente abbassò lo sguardo verso le mie mani. Gli ero addosso e la situazione era imbarazzante quanto piacevole. Mi era mancato toccarlo e passarono alcuni secondi prima che le ritirai posandomele sui fianchi. «Ero qui p-perché..», il mio cervello sembrò sconnetterai totalmente. «..Perché?», domandò serio. Come era bello. Rimasi senza fiato a guardarlo, mentre nel mio stomaco girovagavano milioni di farfalle. «Cass», dissi intontita e mi imbambolai. «Non sapevo che saresti passata», disse freddo. «Non ti preoccupare, me ne sto andando», mi riempii di un dolore indicibile e scappai dentro l'auto. Una volta dentro sospirai profondamente, cercando di far calmare i nervi. Il mio cuore batteva ancora fortissimo e tentai di riprendermi da quel brutto scontro. Tanto perché alla mia goffaggine non bastava farmi investire l'amore della mia vita una volta, ma ben due. L'amore della tua vita? No. Non l'ho pensato. Come se potessi mentire alla tua testa. Tesorino, sono io che formulo le tue frasi. Sei anche una stronza bastarda odiosa insopportabile.. Basta insultarmi da sola.

Amami nonostante tutto 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora