6. Summertime Sadness

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6. Estate Di Tristezza.

«Cosa vuol dire "andrà ad Harvard?» ripetei, sotto shock, e con violente palpitazioni. «Credo voglia dire che andrà ad Harvard», Drake fece una delle sue acute intuizioni, mentre io mi riempivo di un indefinibile stato d'animo.
«No. Non è divertente Julie» , indietreggiai, mentre il suo volto era più serio che mai. Sospirò, e capii che non stava scherzando. Il panico si impossessò di me.
Sentii citofonare, e mi ricordai che avevo uno stupido appuntamento con Thomas. Presi la borsa, me la misi in spalla e sperai vivamente che avrei trovato Jake nel campus e sarei riuscita a fargli cambiare idea. Scesi rapidamente di sotto e non appena vidi la sua auto balzai nel sedile anteriore. «Allora? Andiamo?», ansimai, e lui si accigliò. «Sì certo.. Tutto okay?», chiese stranito. «Sì, sì», forzai un sorriso. «Sembri agitata», osservò dandomi una veloce occhiata. «Senti.. Quando mi hai baciata.. Ieri.. Io provo ancora qualcosa per Jake, non voglio prenderti in giro.» Sorrise leggermente. «Lo so, Alexis. Non ti preoccupare di questo.» «Che vuoi dire..?», assunsi un'espressione interrogativa. «Che tu mi interessi, sei bellissima e non pretendo chi sa cosa. Solo mi fa piacere passare del tempo con te», disse. Mi fece un sorriso che mi addolcì. «Sei molto gentile. Non immaginavo che.. Pensavo fossimo solo amici.» «E adesso?», mi guardò nuovamente, ed io non seppi cosa dire. «Non lo so. Te l'ho detto. Sono confusa e..» «Certo. Tranquilla», mi interruppe lui. Sorrisi, ma il pensiero di ciò che mi aveva detto Julie tornò alla mia mente e mi sentii davvero angosciata. «Puoi accostare qui un attimo?», chiesi con un pizzico d'affanno nel mio respiro. «Mmh.. Certo. Perché?» «Ho una cosa da fare. Torno subito.» Parcheggiò nel vialetto, e con quei tacchi rumorosi mi avviai presso il giardino alla porta d'ingresso. Citofonai, mentre il mio cuore tamburellava forte il petto. Mi aprì Matt, era accigliato. Le labbra schiuse per qualche ragione e le palpebre leggermente allargate. Deglutì. «L-Lexie», balbettò. Solo allora mi ricordai di essere in tenuta festa. «Ciao Matt», sorrisi. «Jake è in casa?», sospirai speranzosa. Rimase imbambolato per qualche secondo. «Matt? Jake è in casa?», lo richiamai e lui sbatté le palpebre tornando sul pianeta terra. «S-sì», distolse lo sguardo, ed io mi avviai frettolosamente verso le scale. Le percorsi in fretta e mi imbattei in un Travis già ubriaco con una bottiglia di borboun in mano. «Sei bellissima. Uau», mi prese la mano facendomi fare una piroetta. «Trav, sto cercando Jake», mi spazientii. «Nella sua camera, principessa», fece un inchino sguaiato. Bussai e non rispose nessuno. Aprii la porta, la camera era vuota. Sentii l'acqua scorrere nella doccia, e immaginai fosse lì. Così mi sedetti sul letto, dimenticandomi completamente che mi aspettasse qualcuno di sotto. Vidi il mio diario sul comodino, e c'era un segnalibro tra le pagine. Ripresi il segno. "Caro diario, mi sento felice. Ho capito che lo sono per la prima volta, ed è una persona a rendermi tale. So anche cosa vuol dire fidarsi ciecamente di qualcuno. Qualcuno a cui affideresti la tua vita, qualcuno che non ti mente, ma che ti protegge. È banale ma.. Lo amo lo amo lo amo lo amo lo amo lo amo.. (all'infinito)" Come potevo essere così infantile? Risi mentre leggevo, e una lacrima mi rigo il viso quando la malinconia si fece nuovamente sentire.
La porta si aprì, e incontrai la sua figura perfetta, che riemergeva dal bagno. Il torace perfettamente scolpito mi fece incantare per lunghi secondi. «Cosa ci fai qui?», domandò accigliato, e poi mi percorse con lo sguardo. Palpitai, e non connessi i neuroni per formulare una semplice frase. Jake in boxer suscitava in me strani pensieri. Sospirai. «Lexie?», mi richiamò. «Sei bellissima», sorrise quasi impercettibilmente e si avvicinò all'armadio. «Mmh.. Grazie», balbettai. «Cosa ci fai qui?», mi risvegliò da quel trance, anche se non ci capivo veramente più niente. Cosa ci facevo lì? Uh, certo. «Andrai ad Harvard?», chiesi, e un magone mi si riformò nel petto. «Sì», si infilò dei jeans, dopo averli presi dall'armadio. «Perché?» «Tuo padre mi ha scritto una lettera di raccomandazione», confessò prendendo una camicia e abbottonandosela a partire dal basso. Mi alzai in piedi. «Non è una risposta», dissi raggiungendolo. «Cosa vuoi?», si arrotolò le maniche della camicia sugli avambracci. «Non voglio che tu parta», dichiarai. «Non si può avere tutto. Non vuoi che parta ma non vuoi tornare con me. Dimmi cosa vuoi», disse freddo e in modo secco. «Solo perché non voglio tornare con te non vuol dire che voglio che tu vada ad Harvard», sentii delle lacrime raggiungere gli occhi. «Be'.. Nemmeno questa è una risposta.» Ci guardammo nelle pupille per un po', mentre sentii un nodo stringersi in gola. Atterrai lo sguardo. «Mi hai detto che saresti stata felice solo quando ti avrei lasciata andare. Non capisco Lexie», disse, quasi sussurrò. «Sono passati quanti? Tre giorni? E vuoi partire senza nemmeno provarci..» Rise amaramente. «Tre giorni? Io ti inseguo da un anno Alexis. Apri gli occhi cazzo», sbottò. Sussultai, «volevo solo sapere cosa è successo.. Hai detto che ne valevo la pena, una volta. Immagino che hai cambiato idea.» L'attimo dopo sentii le sue mani sul mio viso. Il cuore mi martellò pazzo nel petto, quando sollevai lo sguardo ai suoi occhi azzurri. Erano bellissimi, come sempre. «Non ho cambiato idea su di te», sussurrò. «Tu hai cambiato idea su di me», disse, ed io trasalii. «Non è vero. Io..» «Tu?», mi venne più vicino e trattenni il respiro. «Io ti amo», confessai, e vidi un sorriso nascergli sulle labbra. «Mi ami?», disse incredulo, ed allargò le palpebre. Cadeva sempre dalle nuvole ogni volta che lo dicevo. «Sì, ti amo tantissimo». Le parole presero il via spontaneamente. «Allora baciami», ordinò a pochi millimetri dalle mie labbra, attirandomi a sé afferrandomi i fianchi. Sentii un mare in tempesta nello stomaco, palpitazioni violente, gambe molli. Sfiorai le sue labbra e sentii una passionale risposta. «Finalmente», mormorò sorridendo. Baciai quello splendido sorriso ancora e ancora.  Finché non mi ritrovai con la schiena sul materasso. Ci baciammo indisturbati per minuti e minuti, mi sembrava di risiedere in un sogno mentre mi accarezzava il corpo delicatamente. Le sue labbra erano calde, e sentii la sua lingua sfiorare il mio labbro inferiore, che poi succhiò. La sua mano scivolò sulla mia coscia, che strinse mentre mi morse il labbro. Mugolai, e lo fece ancora facendomi impazzire. «Ti prego dillo ancora», lo sentii sorridere sulla pelle del mio collo. La baciò, e la succhiò. «Ti.. Amo», boccheggiai, mentre mi scappò un gemito. Sorrisi, mentre scorreva le sue dita delicate sulle mie costole, fino a giungere al fianco. «Dio.. Scusami. Mi sta aspettando di sotto», dichiarai. «Chi?», s'incupì, e percepii che già aveva intuito di chi si trattasse. «Non ti arrabbiare», sembrai probabilmente una bambina che aveva appena rubato delle caramelle. «Chi?», divenne distaccato e brusco. «Io amo te, okay? Non lo vedrò più», gli presi un altro bacio, e si rasserenò. Sospirò profondamente. «Mi hai mentito.. Quando mi hai detto che tra di voi non c'era mai stato niente», disse. «Lo so. È stato un bacio, siamo usciti due volte, non è stato nulla per me», risposi io. Ci vollero secondi interminabili prima che gli angoli delle sue labbra si incurvassero all'in su. «Se io ragionassi come fai tu, in questo momento mi arrabbierei», mi lasciò pensosa. «Ma?» Mi sollevò il vestito dalle cosce, accarezzandomi la pelle fresca con le mani calde. Chiusi le palpebre, e poi lo sollevò di più, fino a scoprirmi il ventre. Baciò la zona sopra l'ombelico, mentre la mia pelle si riempiva di brividi. Lentamente scese, e scese ancora con le labbra morbide. «Ma ti amo troppo, non ci riesco ad arrabbiarmi con te», confessò e sorrisi. «Non parti vero?», supplicai. Tornò alle mie labbra. «Dipende. Se sarai mia no, altrimenti sì». «É un ricatto?» «Sì». Mi accarezzò l'interno coscia, e percepii quanto gli piacesse vedermi gemere. Avrebbe passato anche un'intera notte a soddisfare solo me.
Le mie palpebre si chiusero autonomamente di nuovo, e rilasciai un altro gemito, che mi spinse a compiere tra le sue labbra. Sfiorò una zona che rimaneva inesplorata da molto tempo, ed essendo particolarmente delicata venni percorsa da un fremito. «Come sei bella», mi baciò di nuovo mentre tenevo gli occhi chiusi. Gli morsi il labbro mentre muoveva espertamente le sue dita sopra alle mutandine. Non ti starai dimenticando di qualcuno? Sh. Spensi quell'odiabile vocina, era impossibile sottrarsi a quel punto. Insinuò le dita dentro al tessuto, e strofinò il pollice nel punto di prima ma con più velocità. «C-credo.. Credo mi stia aspettando», dissi con affanno, mentre mancavo di aria. «Allora vai», ridacchiò. «Dovremmo fermarci», mugolai mentre mi mordeva il labbro inferiore. «Perché?», insinuò due dita delicatamente dentro di me per i primi due centimetri. Riaprii le palpebre, senza respiro, con forti palpitazioni e mentre sentivo un calore tremare per il mio corpo surriscaldato. Arrivò in profondità «ho cambiato idea», confessai sorridendo appena. Mi baciò a stampo ripetutamente. «Brava», mi tempesto di baci mentre rischiavo di esplodere. Sapevo che come lo imploravo di non fermarsi lui lo faceva per dispetto. «Sicura che non vuoi che mi fermi?», disse beffardo. «No, no.. Ti supplico», ansimai mentre desideravo disperatamente le sue dita ancora più infondo. «Supplicami». Riaprii le palpebre, e sorrideva maliziosamente sulle mie labbra. Sentimmo bussare. «Va' via», ordinò lui, iniziando a spingere le dita con più forza e massaggiare con il pollice più velocemente. Sentii diversi tremiti e scosse percorrermi il corpo, mentre rilasciavo sonori gemiti di piacere. Sottrasse le dita, mentre ancora ansimavo. «Ma che fai?», boccheggiai. Le baciò sotto ai miei occhi sconvolti e si alzò in piedi. Si affacciò mentre riprendevo fiato, altamente insoddisfatta. Io non gli avrei mai fatto una cosa simile! «Anna, che c'è?», chiese seccato alla porta. Mi ricomposi allo specchio, abbassando il vestito e riavviandomi i capelli e sistemandomeli un po'. Mi rilassai, sospirai profondamente, e quando mi voltai sentii gridare: «Lexie! Lexie!», la piccola mi saltò addosso facendomi barcollare all'indietro di qualche passo. Sorrisi a trentadue denti, ero abbastanza scombussolata. «Ehy!», le baciai la testa, e poi mi ricordai che c'era qualcuno di sotto che mi aspettava da più di venti minuti. Non potevo baciare una bambina innocente, mentre avevo ancora in mente l'immagine di lui che mi assaggiava. Mi avrebbe fortemente disgustata in qualunque altra situazione, ma in quel momento sentivo una forte pulsazione tra le cosce. Mi distaccai quasi bruscamente da Annabelle, e mi
diressi fuori da quella camera in fretta. Scesi le scale in frenesia, sperando che Thomas sarebbe stato clemente. Cosa era appena successo? Vidi la sua macchina e ci balzai dentro. Nello specchietto retrovisore notai le labbra arrossate per i morsi ricevuti, i capelli ancora scompigliati e il vestito un po' stropicciato. Cercai di ricompormi. «Ehy, ce ne hai messo di tempo», pensai fosse arrabbiato ma lo vidi sorridere. «Scusami», boccheggiai. «Andiamo», aggiunsi ancora agitata. «Tutto okay?», domandò accigliato. «Sì sì.. Faremo tardi perciò..», mi districai distrattamente i capelli con le dita e lui rimise in moto, leggermente stranito dal mio comportamento. Avevo combinato un guaio! L'amavo, era innegabile. Cosa sarebbe successo adesso? Ero nel pallone più totale, il giorno successivo saremmo andati a Los Angeles, come mi sarei dovuta comportare? Non potevo oppormi dicendo che era finita, né l'avrei sbaciucchiato come due fidanzatini felici e novelli.
Disse qualcosa alla quale non diedi importanza, mentre viaggiavo con la mia mente. Mi morsi il labbro ripensando a cosa mi stava facendo, e a quanto avrei voluto avesse finito, ma era uno stronzo! Mi provocava apposta per poi lasciarmi in sospeso. Io, che ero l'unica vergine dell'ultimo anno al liceo, che aveva baciato solo due ragazzi  e che non si era mai vista un video porno nella sua vita! Cavolo, ma a cosa stavo pensando? «Lexie?», mi richiamò. «Sì? Che c'è? Cosa ho fatto?», boccheggiai, e lui si accigliò. «Nulla.. Dobbiamo solo scendere», sorrise un po' stranito ed io tornai indietro da Marte. «Sì, sì», scesi giù dalla macchina con l'affanno. Vidi Julie e Simon litigare furiosamente, non sapevo se intromettermi oppure no. «Scusa un attimo», dissi a Thomas. Mi avvicinai. «Che succede? State facendo una scenata», dissi alludendo a tutti coloro che si godevano lo spettacolo. La musica era molto alta, così non sentii quando Julie parlò. «Chi diavolo è Lola, Lexie?», strillò sovrastando quella canzone inascoltabile. Lanciai uno sguardo trucido a Simon, e lui sollevò le mani. «Non ho fatto niente», disse, ma chi sa perché non ci credevo. «Ha quindici anni! Non solo sei stronzo ma anche un viscido!», strillai disgustata e lui rise fragorosamente. «Non ho fatto niente!», ribadì, e mi sembrò sincero. «Mi hai rotto il cazzo Simon. Ti lascio», disse Julie, ed io e lui spalancammo le palpebre. «Mi lasci?», si sbalordì. «Lo lasci?», assunsi la sua stessa espressione. «Sì! Ti lascio. Lo lascio. Ho sopportato che tu fossi innamorato della mia migliore amica solo perché tenevo a te. Ma questo.. Flirti con una quindicenne? Mi fai schifo!», sputò furiosa, prima di rovesciargli il contenuto del drink sulla camicia. Corse via. Per la prima volta, ebbi compassione di Simon. «Ma che cazzo!», gridò dando un calcio ad un auto qualunque. «È tutta colpa tua. È colpa tua se mi sono innamorato di te, se il mio migliore amico va a Cambridge, e se Julie crede che tra me e quella dodicenne ci sia qualcosa!», strillò, ed io indietreggiai sussultando. Odiavo quando la gente mi parlava così. «Vuoi darmi la colpa se ti sei innamorato della ragazza del tuo migliore amico, e se fai l'idiota con una ragazzina?», gli gridai contro. «É colpa tua e basta. Io non ti amo. Non ti odio. Ma quando ci sei di mezzo tu non ci capisco più niente», confessò, ed io mi tappai le orecchie. «È colpa tua e basta. Io non ti amo. Non ti odio. Perfetto, chiaro, ho sentito solo questo», resettai l'ultima frase, e rise. «Quanto sei stupida», scosse la testa. «No, tu sei stupido. Non devi dirmi cose che non voglio sentire. Infatti oggi non ho sentito niente di quanto già non sapessi», mentii a lui e a me stessa indietreggiando verso la macchina di Thomas. «Mi è passata, la cotta. Tranquilla», tentò di rassicurarmi ed io come una bambina scappai via. «Perdonami», sospirai giungendo difronte a lui. «Niente», sorrise guardando il basso. «Non devi uscire con me per forza se non ti va», affermò, ed io mi sentii veramente in colpa. Mi era stato vicino per tutta l'estate più triste della mia vita, con i suoi film ed il suo cibo cinese. Dopo averlo baciato avevo fatto lo stesso e di più, con Jake. Mi misi nei suoi panni, e mi sentii come mai mi ero sentita. Non ero abituata a comportarmi così, non mi piaceva. «Scusami. Mi dispiace. Jake va ad Harvard e dovevo almeno provare a fargli cambiare idea e.. Due miei amici stavano litigando così..» «Chiaro. Non serve che ti giustifichi, puoi passare il tuo tempo come preferisci», mi interruppe lui, eppure non si arrabbiava con me. Eravamo in sintonia, mi capiva. «Accetti le mie scuse, e almeno fai finta di perdonarmi?», storsi di poco il capo, cercando il suo sguardo. «Non ti devi scusare per una stupidaggine del genere. Tranquilla, vorrei solo che tu mi dessi una possibilità, sul serio», mi guardò negli occhi, ed io mi sentii parecchio confusa. Una storia travolgente e complicata, o una nuova e spensierata, priva di bugie? Jake infondo sarebbe restato solo se fossi tornata con lui, e non mi dava tempo. Sembrava un ultimatum, e mi metteva ansia, ero stanca dell'ansia. «Tu mi sei vicino e mi piace passare il tempo con te.. Solo sono legata a lui. Sono innamorata di lui», sospirai. «Torni con lui quindi?», domandò e mi dispiacque davvero. «È quello che ho intenzione di fare», dichiarai ed annuì a labbra serrate. Posò una mano sul mio viso e sfiorò le mie labbra con le sue per poi baciarmi. «Puoi tornare da me, se ne avrai bisogno», mormorò. Riaprì lo sportello dell'auto, mi rimise la borsa sulla spalla e l'accarezzò appena.

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