Twenty - one.

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Stiles

Era in pericolo, me lo sentivo, era passato troppo tempo e ancora non avevamo avuto sue notizie, ormai non c'era altra possibilità.

"Dobbiamo andare da lei."

Derek mi fulminò con i suoi grandi occhi azzurri "È una scemenza, dobbiamo attenerci al piano."

In casa mia, tutti i presenti continuavano a passare lo sguardo tra me e Derek come se sapessero che presto sarebbe scoppiata una guerra.

"Sono le tre del mattino, Derek, avrebbe dovuto mandare un segnale a Jacob ore fa! È in pericolo."

Il ragazzo scosse la testa "Anche se fosse ora tutti i cacciatori sorvegliano la casa, sarebbe da imprudenti attaccare ora."

Strinsi le mani in due pugni lungo i miei fianchi, come poteva essere così menefreghista?

"Stiles" mi richiamò Scott "Usciamo un attimo a pendere una boccata d'aria."

Non volevo uscire a sorbirmi uno stupido discorso dove Scott mi convinceva ad ascoltare Derek, che dovevo calmarmi e che sarebbe andato tutto bene.

Non andava mai tutto bene.

"Siediti." Mi ordinò il mio migliore amico, sedendosi sugli scalini della veranda.

Obbed, anche se avrei preferito prendere la mia jeep e correre da Madison.

"Se vuoi farmi sorbire la solita ramanzina del fatto di attenerci al piano e solite cose sappi che non ascolterò una sola parola."

Incrociai le braccia al petto, tenendo lo sguardo puntato sul vialetto di casa.

Quanto ci avrei messo ad arrivare da lei?

"Lo so a che cosa stai pensando." Disse, i suoi occhi che cercavano di avere un contatto con i miei "Stiles?"

Mi voltai grugnando verso di lui, non mi andava di parlare, ma appena lo guardai in viso mi accorsi di non averlo mai visto tanto serio e preoccupato.

"Stiles, tu sei il mio migliore amico, mio fratello, e so che cosa hai passato e ancora passi." Sospirò "Abbiamo sofferto tanto, tu più di tutti, ma non ti sei mai arreso, e non sai quanto ti ammiri per questo."

Feci per fermarlo, ma lui mi bloccò.

"Hai bisogno di lei."

Abbassai lo sguardo, aveva ragione e non sapevo come ribattere.

Da quando Madison era entrata dalla mia vita non facevo altro che pensare a lei e a preoccuparmi che stesse bene.

Forse perché, come me, anche lei da un momento all'altro aveva perso tutto senza una spiegazione, e, come me, lei non riusciva a capire in che modo era finita a vivere in quel modo.

Ma entrambi affrontavamo ogni singola battaglia a modo nostro, per quanto sappessimo di essere limitati e impotenti contro qualcosa di così grande come il destino.

Io questo lo sapevo bene, sapevo quanto era difficile alzarsi ogni mattina senza sapere se quella sera avrei fatto ritorno in quel letto.

Lo sapevo quanto era pesante il peso che ogni giorno c'era da sopportare per vivere quella vita.

Ma quando non si è soli il peso diventa sempre meno pesante, quasi sopportabile, e io non desideravo che lei per alleviare il mio dolore.

Perché la vita si chiama così se l'unica cosa che si fa è sopravvivere e non vivere?

"La devo andare a prendere, ora."

Scott mi sorrise, mettendomi una mano sulla spalla, da vero fratello "Jacob ti sta aspettando, noi teniamo occupati Derek."

Stava accadendo davvero?

Abbracciai Scott, e lui mi strinse forte "Grazie."

Lui si staccò, scuotendo la testa "Valla a salvare e tornate vivi, okay?"

Non gli risposi, troppo emozionato anche solo per parlare, e mi limitai ad alzarmi, proprio nello stesso istante in cui la porta si aprì e un Jakob già vestito di tutto punto uscì.

"Pronto?" A quanto pare lui e Scott erano già daccordo.

Annuii, andando dritto verso la mia jeep aspettando appena il tempo in cui il riccio si sedette sull'auto.

"La senti?" Chiesi dopo qualche minuto di viaggio silenzioso.

Jakob scosse la testa "Forse dorme."

"Non è così stupida da dormire in casa nemica."

Jakob annuì, parlando di nuovo una decina di minuti dopo.

"Fermati qui."

Riconobbi la strada in mezzo al bosco, mezzo chilometro più avanti era il punto dove avevo salvato Madison.

"Pensavo che l'avessero portata a casa Argent non qui."

Jakob scese dall'auto tranquillamente "Io avverto la sua presenza qui vicino."

Non dissi nulla, ma non sapevo quanto potessi fidarmi.

"Tieni." Disse sorridendomi mentre mi porgeva un coltello che teneva alla cintura "A me non serve."

Lo presi, anche se non ero uno che amava le armi mi serviva comunque un modo per difendermi.

"Cerca di fare il meno rumore possibile." Sussurrò, iniziando ad avanzare velocemente.

Avrei voluto dirgli che anni di esperienza con un gruppo di licantropi mi aveva insegnato ad essere mille volte più silenzioso di lui, ma mi trattenni.

Un quarto d'ora di camminata dopo già vedevo in modo definito la casetta che gli Argent usavano come rifugio e potevo sentire le voci basse dei cacciatori che sussurravano tra loro.

Per fortuna il bosco era abbastanza folta da permetterci di non essere visti.

"Come facciamo ora?" Chiesi, le dita serravano così forte il pugnale della piccola lama che erano sbiancate.

"Conoscono entrambi, sanno che tu sei umano e perciò non ti attaccheranno, quindi io cercherò di distrarli mentre tu entri dalla porta principale."

Annuii, era un piano suicida ma non c'era altra scelta.

"Okay, va avanti tu." Mi disse, un angolo della bocca alzato, come se fosse felice di sapere che presto sarebbe potuto morire.

Detti un ultimo sguardo a Jakob, la sua sicurezza e tranquillità era quasi snervante, e preferii voltarmi.

Okay, Stiles, tre passi e inizierà il caos.

Primo passo.

Secondo passo, sentii qualcosa muoversi velocemente dietro di me ma non ci detti troppo peso.

Terzo passo, non feci nemmeno in tempo ad uscire completamente dalla boscaglia che qualcosa di forte colpì in pieno la mia nuca, facendomi perdere i sensi e cadere a terra.


Mio angolo

Okay, okay, fa veramente schifo lo so.

Abbiamo superato i 9k, ma quanto potete essere fantastici?

No, io vi adoro davvero.

Grazie a tutti voi.

A presto (si spera),

Giulia.

She wolf {s.s.} Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora