Capitolo 3

1.9K 105 12
                                    

Mi voltai solo una volta ancora dopo quello strano gesto che avevo fatto. Lui era lì, fermo, a guardarmi. Gli sorrisi e lui sorrise a me, un immenso sorriso, uno dei più belli che avessi mai visto. O forse il più bello. Passai il semaforo e attraversai le strisce pedonali. Era stato tutto molto strano. Dentro di me provavo un miscuglio di emozioni che non riuscivo a capire. Non ho mai davvero abbracciato qualcuno. Voglio dire, i familiari è normale, ho abbracciato qualcuna delle mie ragazze dopo il saggio di fine anno, e le mie maestre, ma non c'era niente del genere dentro il mio cuore. Per la prima volta qualcuno mi aveva abbracciata perché piangeva, e mi aveva stretta forte, fino a farmi sentire il suo cuore addosso. E quello si può chiamare abbraccio. Era stato così bello, che non ho resistito alla tentazione di averne ancora. E così l'ho riabbracciato. Ha pensato fosse strano, credo, però poi ha ricambiato. Ho trovato strano il fatto che volesse uscire ancora, avere il mio numero. Ero elettrizzata, non mi era mai capitata una cosa del genere. Misi le cuffie nelle orecchie, per cercare di non pensarci, e feci partire "Ba Bump", dei Black Eyed Peas. Amavo questo genere di musica. Ero sempre stata una ragazza con uno spirito di strada, e questa canzone era proprio questo, la strada, con il casino delle macchine, i graffiti sui muri, l'odore di sigarette, e le persone, le centinaia di persone, di ogni tipo, cultura, aspetto, pensiero, che ogni giorno camminavano sulla stessa strada.
Camminai 10 minuti, e arrivai sotto il mio vecchio palazzo, dove avevo trascorso la mia infanzia. Presi le chiavi di scorta che avevo nel mio mazzo, volevo fargli una sorpresa. Sapevo che c'erano tutti in casa: i miei genitori, mio fratello, mio zio e i miei cugini. Dopo la tragica morte di mia zia, la domenica eravamo sempre a mangiare insieme. Poi mio nonno un paio d'anni dopo morì anche lui, ma di vecchiaia per fortuna, nient'altro. Salii le scale, fino all'ultimo piano, e aprii cautamente la porta dell'appartamento. Subito sentii dei passi veloci dalla cucina, senza scarpe. Vidi spuntare fuori mio fratello.
<<Ce'!>> mi gridò sorridente, correndomi incontro.
Mio fratello Mirko, 16 anni, bello da spezzare il fiato. Eravamo identici, con lo stesso viso, capelli castani e occhi cielo. Lui aveva un ciuffo ricurvo dietro che si appiattiva ogni volta che si muoveva, ma la cosa più bella erano le fossette, gigantesche. Studiava al classico e andava a corsi di teatro per diventare un attore. Era bravissimo. Mi abbracciò forte di slancio.
<<Non ti aspettavamo! Ehy, c'è Celeste!>> gridò alla cucina. Si sentirono dei mormorii stupiti.
I miei cugini uscirono fuori di corsa e mi abbracciarono. Poi arrivò mio zio, 2 semplici baci sulle guance, mio padre mi tirò una pacca fortissima sulla spalla e mia madre davvero stupita mi abbracciò.
<<Tesoro non ti aspettavo! Non mi hai avvisata!>> disse felice, con una punta di rimprovero.
<<Eh scusa ma', ho avuto dei contrattempi che mi hanno condotta qua e ho pensato di farvi una sorpresa... Ma se disturbo me ne vado eh!>> dissi a mani alzate.
<<Ma va', su su vieni a raccontarci qualcosa>>
Ci rintanammo in cucina noi donne, mentre gli uomini guardavano già le prime partite di rugby della domenica mattina.
Le raccontai un po' di come andava con la scuola di danza, e che mi avrebbe fatto piacere se fossero venute a vedere lo spettacolo di Halloween delle mie ragazze. Decisero di andare a mangiare al nostro solito ristorante sotto casa, dove andavamo da sempre. Mi ricordai, per non so quale motivo, di Genn. Ripensando agli eventi accaduti, provai un immenso brivido per la schiena. Decisi di controllare se avesse Whatsapp, e gli mandai un messaggio.
"Ehy, sono Celeste. Stai meglio?"
Pensai che bastasse quello per cominciare una conversazione.
Scendemmo al ristorante, ordinammo.
Mi arrivò un messaggio. Non succedeva spesso, sperai con tutte le mie forze che fosse lui.
"Ciao! Sono contento che tu mi abbia scritto. Bene più o meno, ho 38 e mezzo di febbre e i miei mi hanno sgridato di brutto stavolta :D"
Risi involontariamente. Mia cugina se ne accorse. Studiava psicologia all'università, era 4 anni più grande di me, ed era molto brava. Quindi figuriamoci.
<<Chi è lui?>> chiese con una punta di malizia nella voce. Mezzo nostro tavolo si girò.
<<Ma chi scusa?>> chiesi ridendo nervosa. Era strano, avevo studiato per tanto teatro, ma se si trattava di una cosa personale non sapevo fingere neanche un po'.
<<Lui, quello con cui stai messaggiando. Chi è?>> chiese ovvia.
Mia madre mi guardava interessata. Non era mai stata inclusa in questi discorsi con me. Non ce n'era mai stato il bisogno.
Sogghignai e posai il telefono, senza rispondere. Aveva sempre funzionato quella tecnica, non insistevano mai.
Una volta mangiato, come di consuetudine, sapevo che i miei cugini sarebbero andati a casa loro, mio fratello a studiare, mia madre con mio fratello e mio padre a far giocare la sua squadra di rugby. Era l'occasione perfetta per riscoprire un po' il paese che avevo abbandonato tanto tempo fa, e fare una delle mie "cose" da artista. Presi le cuffie e feci partire "All of me" di John Legend. Camminai avanti e indietro, e nel paese non era cambiato niente. Passai sotto casa di Genn di nuovo. Sarei voluta salire da lui. Mi divertivo. Non avevo mai davvero avuto un amico con cui fare qualcosa, l'idea che lui si fosse interessato a me mi elettrizzava. Proseguii, e mi diressi verso il parchetto. Non c'era nessuno. Mi sedetti su un muretto e tirai fuori il mio computer. Cominciai a scrivere, ticchettare velocemente sui tasti, incominciando a immaginarmi una storia, con lui come protagonista. Volevo scoprirlo, capirlo, sebbene fosse stato così gentile con me, sapevo dai suoi occhi che non era così, e pensavo che non fosse colpa della morte della sua ragazza. Che ci fosse altro o che lui fosse semplicemente così.
Alle 17.00 era già buio, così decisi che era ora di andare a casa. Passai di nuovo dai miei, salutai tutti e mi diressi verso la fermata del bus. Mi vibrò il telefono.
"Quando possiamo rivederci?"
Altro brivido. Gli risposi calma, non volevo far capire le mie emozioni.
"Ti va domani?"
"Certo, domani pomeriggio tardi?"
"18.30 sotto casa mia va bene? Abito in Corso Vittorio Emanuele n. 91"
"Non mancherò, a domani"
"A domani"
Ero tremendamente felice. Stavo per uscire con qualcuno, per la prima volta! Non sapevo veramente come comportarmi. Decisi di non pensarci troppo, o sarei impazzita.

White Wood~TRILOGY |1|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora