Prologo

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Il ragazzo stava appoggiato al tronco di un grosso albero, una gamba adagiata ad esso e l'altra distesa, ben radicata a terra. Non si poteva vedere nulla se non la sua sagoma nera. Nessuno l'aveva mai visto in volto; nessuno aveva mai visto il colore dei suoi capelli o il candore della sua pelle. Lui compariva solo di notte quando tutto era avvolto nell'oscurità.

Un dolce suono proveniva dalla sua direzione, il suono di un flauto. Non sembrava un normale flauto di quelli che comunemente ci insegnano a suonare alle scuole elementari. No. Quello era formato da sei piccoli tubicini legati tra loro da una corda spelacchiata.

L'unica luce che illuminava la scena era quella di un fuoco scoppiettante attorno al quale ballavano dei ragazzi. Avevano un modo molto strano di danzare. Si muovevano saltellando e ruotando su loro stessi agitando le mani verso il cielo stellato e canticchiando parole in una lingua sconosciuta come fossero pazzi. Beh, chiunque balli alle tre di notte nei giardini di Kensington probabilmente verrebbe etichettato come tale.

Il ragazzo smise di suonare il suo flauto e raggiunse il gruppo di danzatori che smisero di dimenarsi per prestare attenzione al loro capo.

"È ora di andare!" disse il ragazzo.

La luce del fuoco illuminò leggermente il suo volto dove si dipinse un agghiacciante sorriso.

"La strada la conoscete tutti non è così?!" disse incitando il gruppo .

"Seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino".

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